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Minatori sardi occupano miniera di carbone

Di Marianne Arens
3 settembre 2012

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Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 31 agosto 2012

Domenica sera oltre un centinaio di minatori ha iniziato una occupazione della miniera Carbosulcis, che si trova sulla costa sud-occidentale della Sardegna.

Alla fine del turno 30 minatori hanno occupato il secondo tunnel più basso del pozzo, che è a circa 400 metri di profondità. Il giorno dopo, lunedi notte, i quasi 470 lavoratori hanno deciso in un’assemblea di continuare l'occupazione. Da allora la miniera è stata occupata e gli ingressi bloccati per tutto il giorno.

I lavoratori della miniera hanno 350 kg di esplosivo che usano sotto terra per demolire le pareti rocciose. Essi minacciano di usare gli esplosivi per far saltare in aria l'intera miniera.

Carbosulcis è l'ultima miniera di carbone rimasta in Italia. I lavoratori chiedono una garanzia da parte del governo di Mario Monti che la miniera venga mantenuta. E 'stata gestita dalla Regione Sardegna a partire dal 1995.

Piani sono stati espressi per la conversione della miniera in un sistema di alimentazione "pulita" basata su carbone CCS, ossia un moderno impianto a base di carbone, per cui l’anidride carbonica è dispersa verso l'interno della terra piuttosto che scaricata nell'ambiente. Il progetto è in discussione da tempo, ma richiede grandi investimenti da parte del governo e dell'Unione Europea. Nel frattempo la miniera è a rischio di chiusura per la fine del mese di dicembre 2012 se non si troverà nessun acquirente. Il governo italiano si riunirà oggi per decidere sul futuro dell’industria mineraria in Sardegna.

Non è la prima volta che una miniera viene occupata in questa regione. Molti lavoratori hanno partecipato in occupazioni di miniere nel 1984, 1993 e 1995. Nel 1995 l'occupazione durò 100 giorni prima che la miniera ricominciasse a funzionare con le promesse della futura introduzione della tecnologia CCS.

Oltre alla minaccia di chiusura delle miniere, la ragione per l'occupazione spontanea sono le condizioni di lavoro dei minatori. Per decenni hanno lavorato in condizioni completamente disumane e pericolose. I minatori lavorano in condizioni di calore estremo e buio. Le sezioni del tunnel si estendono per oltre settanta chilometri, fino sotto il mare. Le gallerie più profonde sono fino a 500 metri e il calore nella miniera può raggiungere i 40 gradi centigradi. Ora la miniera rischia la chiusura e tutti i posti di lavoro e i salari saranno spazzati via.

Molti lavoratori che partecipano all'occupazione hanno lavorato per decenni alla Carbosulcis, come l'artigiano Massimo, 54. Egli ha dichiarato al giornale Il Fatto Quotidiano che la quantità di polvere liberata nel processo di estrazione è talmente elevata che i minatori spesso non sono in grado di vedere per l’intero turno di otto ore.

Massimo ha due figli e ha lavorato nella miniera per 25 anni. Lui guadagna 1.500 euro al mese, ma ne deve restituirne 700 per un prestito. "Pensa cosa mi rimane. La più grande ... vorrebbe andare a studiare a Cagliari, ma non so ... se potrò permetterglielo."

Giancarlo, 52 anni, che guadagna anche lui 1.500 euro, vuole impedire che suo figlio, che ha 26 anni, diventi minatore. Il suo scopo è "arrivare alla pensione e portare mio figlio in Liguria, magari lì troverà lavoro: è sempre stato disoccupato." Ma Giancarlo non sa se potrà mai raggiungere l'età pensionabile. Il governo l’ha di recente innalzata.

Alessandro è giovane, sposato da poco e ha lavorato per cinque anni nella miniera. "Pago un mutuo di 600 euro al mese." Anche se si è formato come operaio qualificato è occupato come manovale e guadagna 1400 euro. "A 32 anni un figlio non posso permettermelo. Posso fare anche l’operaio, immerso in polvere e fango tutto il giorno, ma questo non è proprio giusto. Hanno deciso che possono cancellare il tuo futuro e non contenti poi ti schiacciano anche all’occorrenza, ma non ci faremo schiacciare da nessuno."

La regione mineraria della Sardegna ad ovest di Cagliari è considerata la casa dei poveri d'Italia con un reddito medio mensile inferiore a 1.000 euro. Su 150.000 abitanti, un terzo sono disoccupati e un altro terzo sono in pensione. In tutta la regione si trovano miniere antiquate, rovine industriali e insediamenti abbandonati.

Non lontano, sulla costa opposta della Sardegna, l'elite ricca italiana ha costruito residenze di lusso. Porto Rotondo, sul Golfo di Marinella, si estende per chilometri ed è luogo di una delle ville dell'ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Altri operai della regione stanno anch’essi lottando per la loro sopravvivenza, come ad esempio i lavoratori della società di alluminio di proprietà statunitense Alcoa. La società prevede di chiudere lo stabilimento sardo ai primi di novembre con una perdita di oltre mille posti di lavoro. Centinaia di lavoratori Alcoa hanno occupato l'aeroporto di Cagliari una settimana fa in segno di protesta. Alcuni si sono gettati nel porto per impedire al traghetto locale di attraccare al porto.

I lavoratori della fossa Carbosulcis hanno reso chiaro di non avere nulla da perdere. Mercoledì Stefano Meletti, 49 anni, si è tagliato un polso di fronte alle telecamere gridando: "Non ce la facciamo più. Non possiamo. Non possiamo. Se qualcuno qui ha deciso di ammazzare le famiglie dei minatori, signori, ci tagliamo noi, ci tagliamo noi."

I sindacati e i politici non offrono nessuna prospettiva ai minatori e stanno cercando di sabotare la loro lotta. Mettono i minatori sardi contro i loro compagni di lavoro in altre regioni come il Veneto, dove si trova la centrale di Porto Tolle tra Ravenna e Venezia. Il governo è tenuto per legge a mantenere una centrale elettrica basata sulla tecnologia CCS (Carbon Capture and Storage). I politici sardi hanno risposto chiedendo il mantenimento della Carbosulcis a scapito di Porto Tolle, che appartiene alla società elettrica a partecipazione statale ENEL.

Questa prospettiva sciovinista provinciale in Sardegna è supportata da tutte le fazioni politiche, dall’estrema destra alla cosiddetta estrema sinistra. Mauro Pili, che ha iniziato la sua carriera politica nel post-stalinista PDS (Partito Democratico della Sinistra) e ora appartiene al Pdl di Berlusconi ha dichiarato: "Il nostro nemico giurato si chiama Enel, serve un decreto immediato, che Enel ostacola. Se perdiamo la miniera ... la situazione potrebbe diventare pericolosa, molto pericolosa."