VIVA L'OTTO MARZO di lotta femminile, proletaria e rivoluzionaria!

"La donna libera dall’uomo, tutti e due liberi dal Capitale"

(Camilla Ravera - L’Ordine Nuovo, 1921).

Senza donne niente rivoluzione!

Viva l'8 marzo!

di lotta femminile, proletaria e rivoluzionaria!

CIRCOLO DI INIZIATIVA PROLETARIA GIANCARLO LANDONIO
VIA STOPPANI,15 -21052 BUSTO ARSIZIO –VA-
(Quart. Sant’Anna dietro la piazza principale)
e-mail: circ.pro.g.landonio@tiscali.it

I precedenti

Nel marzo 1857, a New York, centinaia di operaie tessili avevano scioperato per protestare contro i bassi salari, contro il lungo orario di lavoro, contro il lavoro minorile e le inumane condizioni di lavoro. Le stesse fonti parlano anche di una forte repressione da parte della polizia e fanno risalire al 1859 la costituzione di un sindacato delle operaie tessili.

Nel 1889, iI primo Congresso della Seconda Internazionale Socialista a Parigi approvò il principio del diritto alle donne ad avere una retribuzione pari a quella degli uomini.

Le proteste dei lavoratori americani per la giornata lavorativa a 8 ore, che segnarono il primo decennio del XX secolo, ebbero come protagoniste anche le donne. In questo quadro si colloca uno sciopero del 1908, quando le lavoratrici delle sartorie sfilarono a New York anche per il diritto al voto e contro il lavoro minorile. Le lotte proseguirono fino al 1909, quando venne celebrata negli Stati Uniti la prima Giornata nazionale delle Donne, fissata per il 28 febbraio. Quella Giornata fu ricordata fino al 1913 nell’ultima domenica di febbraio, affinché non si sovrapponesse ad una giornata feriale che avrebbe causato la perdita dell’orario di lavoro.

Sempre nel 1909, le operaie tessili della fabbrica nuovaiorchese “Triangle Shirtwaist Company”, che produceva le camicette alla moda di quel tempo, le “shirtwaist” appunto, cominciarono uno sciopero, pare scegliendo l’8 marzo come data di avvio della protesta. La lotta, dopo diversi azioni brutali e repressive da parte della polizia e dopo una lunga trattativa, terminò il 24 dicembre 1910 con il “Protocollo di Pace”, nel quale venne riconosciuto il diritto a regole per l’orario ed il salario.

Il 19 marzo 1911 si tenne la prima celebrazione della Giornata Internazionale della Donna in Europa. Quel giorno non era stato scelto a caso: il Segretariato internazionale delle donne socialiste su iniziativa delle delegate tedesche (Clara Zetkin in testa), il 29 agosto del 1910 a Copenaghen, in occasione della Seconda Conferenza delle donne dell’Internazionale Socialista, l’aveva indicato per ricordare che in quella data, durante l’insurrezione del 1848, un re - Guglielmo I di Prussia - aveva dovuto per la prima volta nella storia scendere a patti con un popolo in rivolta e fare la promessa (poi rimangiata) di estendere il voto alle donne. In quella occasione si propose anche il diritto universale al voto, differente dal voto per censo chiesto dal movimento britannico delle suffragette, e il riconoscimento dell’indennità di gestazione anche alle donne non sposate. Il 19 marzo 1911, un milione di donne marciò per le strade di Svizzera, Austria, Danimarca e Germania, chiedendo il diritto al voto, la fine della discriminazione sessuale per le cariche pubbliche ed il diritto alla formazione professionale. Il movimento divenne universale, e nel 1913 le donne americane decisero di far coincidere la loro festa nazionale con quella individuata dall’Internazionale Socialista.

Alla fine del mese di marzo dello stesso anno, a New York, più di 100 operaie(1) della fabbrica tessile “Triangle Shirtwaist Company” (di cui molte italiane), rimangono uccise in un incendio. I proprietari della fabbrica, che al momento dell’incendio si trovavano al decimo piano e che tenevano chiuse a chiave le operaie per paura che rubassero o facessero troppe pause, si misero in salvo e lasciarono morire le donne. Il processo che seguì li assolse e l’assicurazione pagò loro 445 dollari per ogni operaia morta: il risarcimento alle famiglie fu di 75 dollari. Quell’incendio segna una data importante, anche se non è da esso, come erroneamente riportato da alcune fonti, che trae origine la Giornata della donna. Migliaia di persone presero parte ai funerali delle operaie uccise dal fuoco. Fu quel fatto tragico comunque che portò alla riforma della legislazione del lavoro negli Stati Uniti e che rafforzò nel tempo la Giornata della Donna istituita l’anno prima. (Narra la leggenda che sulla tomba delle operaie morte fossero fiorite poco dopo la loro sepoltura delle mimose).

L’8 marzo, giornata di lotta femminile

La vera e propria ricorrenza dell’8 marzo nasce ufficialmente per ricordare la prima manifestazione delle operaie di Vyborg (Pietrogrado) dell’8 marzo 1917 (2) che diede l’avvio alla rivoluzione di febbraio: nel giugno del 1921 la Seconda Conferenza Internazionale delle donne comuniste, che si tenne a Mosca nell’ambito della Terza Internazionale, adottò formalmente quella data come “Giornata Internazionale dell’Operaia”. Questa data diventerà simbolica per il movimento di lotta delle donne di tutto il mondo.

Fonti:
- Tilde Capomazza e Marisa Ombra: "8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna". Ed. Utopia, Roma, 1991.
- Mirco Volpedo, "8 marzo". Erga Edizioni, Genova, 2006.
-------------------------------------
(1) A seconda delle fonti 129 o 146.
(2) L’8 marzo (23 febbraio) 1917. Le operaie tessili di Vyborg entrano spontaneamente in sciopero e chiedono agli operai metallurgici il loro appoggio: in breve si arriva a 90.000 scioperanti, che danno vita a manifestazioni, comizi e scontri con la polizia. Le proteste e le manifestazioni dilagano nel paese.

http://donneriv.blogspot.it/2007/03/viva-l8-marzo.html

posted by s.b. @ 17:34. 7/3/2009. Simpatizzante del Circolo G. Landonio di Busto Arsizio

-----------------------------------------Archivio giornali murali affissi in prov. di Varese anno 2012-2013.

SUPPLEMENTO giorn. murale del 16/3/2012
(Formato PDF volantino anche in allegato sotto)

-Più cresce l’impoverimento delle masse più la lotta per la sopravvivenza trapassa in scannamento sociale ed in particolare in femminicidio . Le donne, le giovani, debbono attrezzarsi contro questo fenomeno. Intanto bisogna creare unione, solidarietà, cooperazione, socialità nelle case nei quartieri, sul lavoro; respingendo con l’azione collettiva ogni forma di violenza e di sopraffazione maschile. Bisogna poi sviluppare l’organizzazione stabile di lotta delle donne proletarie più combattive e soprattutto rafforzare il partito rivoluzionario per abbattere il dominio della finanza e liberare la donna da ogni oppressione e schiavitù.

Il governo Monti ha già distrutto con l’attacco alle pensioni l’esistenza di centinaia di migliaia di lavoratrici vicine alla pensione. E ora, sempre col sostegno di Confindustria, PdL, PD, Confederazioni Sindacali, ecc… sta procedendo al riordino del “mercato del lavoro” incentrandolo sul ricatto padronale, sul dumping salariale, sulla gratuità del lavoro giovanile. Esso colpisce prima di tutto le condizioni di vita e di lavoro delle donne, adulte e giovani, rendendo la loro vita un vero e proprio inferno, che porterà forme ancora più orride di sopraffazione e di violenza antifemminile. In questi primi mesi del 2012 ben 19 assassini segnano l’annientamento di donne, nei modi più orridi e bestiali, per mano di mariti, fidanzati, ex, amici o semplici violentatori.

Donne, giovani,

non possiamo permettere questo annientamento. Dobbiamo porre un “alt” e dare una risposta adeguata a questa carneficina. Per farlo dobbiamo creare prima di tutto l’unione, la solidarietà, la cooperazione tra donne; e mettere in atto azioni collettive, appropriate in grado di respingere e punire ogni tipo di molestia, violenza, sopraffazione da parte dell’uomo. Non possiamo permettere che donne, giovani (e sempre più spesso bambini) soccombano sotto la furia bestiale di mariti, fidanzati, ex, amici.

È chiaro che la violenza antifemminile è parte integrante del sistema capitalistico che si regge sul dominio del più forte, sullo sfruttamento del lavoro, sul sacrificio di ragazze e donne da immolare al profitto, all’affarismo e speculazione, alla catena gerarchica del modello sociale.

Quindi si può arginare ed estirpare questo fenomeno solo mettendo in discussione il sistema e battendosi per rovesciarlo. Ci vuole dunque la decisione e la forza di organizzarsi in modo permanente e nel partito rivoluzionario per poter attuare tutte le forme necessarie di lotta.

Ecco come muoversi e agire.

1) Mettere in atto le forme più adatte di autodifesa; stabilendo contatti e collegamenti tra ragazze e donne nel vicinato, nel quartiere, nei luoghi di lavoro, ovunque occorra e sia possibile, per respingere ogni forma di violenza mediante il sostegno reciproco, la cooperazione, l'azione collettiva.

2) Formare i comitati di autodifesa per combattere ogni forma di violenza antifemminile; con la piena consapevolezza che la battaglia contro la violenza maschile richiede la più vasta cooperazione tra donne e, più in generale, la solidarietà di classe di tutti i lavoratori, in quanto solo questo consente di superare l'individualismo, la scissione e la competizione tra i sessi, molle scatenanti della violenza. Le donne immigrate, in particolare, specie quelle provenienti dai paesi musulmani, debbono ripudiare la soggezione tradizionale all'uomo e unirsi alle donne più avanzate in un fronte comune di lotta antimaschilista senza affidarsi ai commissariati e/o ai consultori.

3) Ingaggiare una lotta senza quartiere contro il nuovo governo Monti-Napolitano distruttore di esistenze proletarie, acceleratore di fallimenti della finanza pubblica e di conflitti intereuropei; respingere al mittente i loro provvedimenti affamatori.

4) Esigere il salario minimo garantito di 1.250,00 euro mensili per disoccupati/e cassintegrati/e sottopagati/e pensionati/e con assegno inferiore per assicurare l'esistenza dei lavoratori e delle lavoratrici e ostacolare la differenziazione al ribasso tra uomini e donne, tra nord e sud, tra locali ed immigrati. Pensioni minime pari al salario minimo garantito.

5) Rovesciare il carico fiscale sui ricchi - abolire l'IRPEF sul salario fino a 20.000 euro netti annui, l'IVA sui generi di largo consumo e le accise su benzina e gasolio per lavoratori e disoccupati -; esigere la cancellazione del debito pubblico con obbligo del tesoro di rimborsare i piccoli risparmiatori; organizzare il controllo proletario sui fondi INPS e INAIL per impedire che vengano manipolati dal governo a favore di banche e imprese, o per usi bellici.

6) Contrastare la privatizzazione e lo smantellamento dei servizi; in particolare di istruzione - sanità - acqua - trasporti; esigendone la gratuità ed attuando il controllo proletario sulle rispettive strutture mediante la formazione di appositi organismi di quartiere e/o di zona.

7) Difendere la dignità femminile e la piena autodeterminazione della donna dagli attacchi familistici e sessuofobici dello Stato della Chiesa dei medici obiettori e dei sedicenti difensori della vita.

8) Combattere ogni discriminazione sessuale: difendere gay e lesbiche e ogni altro genere da ogni forma di intolleranza o aggressione.

9) Esigere la gratuità dell'istruzione, dei trasporti, delle mense per i proletari - l'assegnazione di alloggi popolari a canoni bassi - il blocco degli sfratti esecutivi - il diritto di ogni bisognosa di attuare occupazioni e autoriduzione dei canoni

Ricomporre l'unità di organizzazione, movimento, lotta del proletariato italiano ed europeo per combattere la dittatura finanziaria del capitale e instaurare il potere proletario

Trasformare la guerra sociale in guerra rivoluzionaria

Milano, 8 marzo 2012/2013

La Commissione Femminile Centrale di RIVOLUZIONE COMUNISTA

--Edizione a cura di-- RIVOLUZIONE COMUNISTA

SEDE CENTRALE: P.za Morselli 3 -20154 Milano

e-mail: rivoluzionec@libero.it

http://digilander.libero.it/rivoluzionecom/
--------------------------------------------
------------------------------------------------

AttachmentSize
8 marzo 2012-2013.pdf74.4 KB