In biologia la vita è la condizione propria della materia vivente, che la distingue dalla materia inanimata. Per la biologia la vita è proprietà emergente dell'organismo vivente, non astratta "forza vitale" come pensavano i vitalisti.
Occorre sottolineare che la biologia moderna rifiuta in qualsiasi forma l'idea che una "forza vitale" esista in maniera indipendente negli organismi viventi, fatto che li porterebbe a non obbedire esclusivamente alle leggi della fisica e quindi della chimica. Tutti i processi degli organismi, dall'interazione delle molecole alle funzioni complesse del cervello e di altri organi, e a risalire a quelli dell'intero organismo, rispettano rigorosamente queste leggi fisiche. Dove gli organismi differiscono dalla materia inanimata è nell'organizzazione dei loro sistemi e soprattutto nel possesso di informazioni codificate[1]. Ogni organismo vivente ha il proprio ciclo vitale.
Vita si contrappone parzialmente a morte, ma anche a "non vita", in quanto la condizione della materia morta non coincide con quella della materia che non ha mai avuto vita.
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« Il definire la natura dell'entità chiamata vita è stato uno dei maggiori obiettivi della biologia. La questione è che vita suggerisce qualcosa come una sostanza o forza, e per secoli filosofi e biologi hanno provato ad identificare questa sostanza o forza vitale senza alcun risultato. [...] In realtà, il termine vita, è puramente la reificazione del processo vitale. Non esiste come realtà indipendente.[2] » |
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Riguardo alla definizione di cosa sia la vita c'è ancora dibattito tra scienziati e tra filosofi. Per una delle definizioni scientifiche rigorose è necessario individuare le caratteristiche fondamentali della vita, da un punto di vista materiale. Uno studio approfondito in merito è stato fatto dal fisico Erwin Schrödinger[3]. Nella sua dissertazione Schrödinger nota per prima cosa la contrapposizione tra la tendenza dei sistemi microscopici a comportarsi in maniera "disordinata", e la capacità dei sistemi viventi di conservare e trasmettere grandi quantità di informazione utilizzando un piccolo numero di molecole, come dimostrato da Gregor Mendel, che richiede necessariamente una struttura ordinata. In natura una disposizione molecolare ordinata si trova nei cristalli, ma queste formazioni ripetono sempre la stessa struttura, e sono quindi inadatte a contenere grandi quantità di informazione. Schrödinger postulò quindi che l'unico modo in cui il gene può mantenere l'informazione è una molecola di un "cristallo aperiodico" cioè una molecola di grandi dimensioni con una struttura non ripetitiva, capace quindi di sufficiente stabilità strutturale e sufficiente capacità di contenere informazioni. In seguito questo darà l'avvio alla scoperta della struttura del DNA da parte di Franklin, Watson e Crick; oggi sappiamo che il DNA è proprio quel cristallo aperiodico teorizzato da Schrödinger.
Seguendo questo ragionamento Schrödinger arrivò ad un apparente paradosso: tutti i fenomeni fisici seguono il secondo principio della termodinamica, quindi tutti i sistemi vanno incontro ad una distribuzione omogenea dell'energia, verso lo stato energetico più basso, cioè subiscono un costante aumento di entropia. Questo apparentemente non corrisponde ai sistemi viventi, i quali si trovano sempre in uno stato ad alta energia (quindi un disequilibrio). Il disequilibrio è stazionario, perché i sistemi viventi mantengono il loro ordine interno fino alla morte. Questo, secondo Schrödinger, significa che i sistemi viventi contrastano l'aumento di entropia interno nutrendosi di entropia negativa, cioè aumentando a loro favore l'entropia dell'ambiente esterno. In altre parole gli organismi viventi devono essere in grado di prelevare energia dall'ambiente per sostituire l'energia che perdono, e quindi mantenere il disequilibrio stazionario. Questo è ciò che in biologia è stato riconosciuto nei fenomeni di metabolismo e omeostasi.
Secondo Ernst Mayr, è un'entità viva, quindi con peculiarità che la distinguono dalle entità non viventi, l' organismo vivente, che soggetto alle leggi naturali, le stesse che controllano il resto del mondo fisico. Ma ogni organismo vivente e le sue parti viene controllato anche da una seconda fonte di causalità, i programmi genetici. L'assenza o la presenza di programmi genetici indica il confine netto tra l'inanimato e il mondo vivente.
Unendo il concetto del disequilibrio con quello della riproduzione (cioè della trasmissione ordinata delle informazioni), come espressi da Schrödinger, si ottiene quello che può essere definito vivente:
- un sistema termodinamico aperto, in grado di mantenersi autonomamente in uno stato energetico di disequilibrio stazionario e in grado di dirigere una serie di reazioni chimiche verso la sintesi di se stesso[4].
Questa definizione è largamente accettata nell'ambito della biologia, nonostante ci sia ancora dibattito in merito[5][6].
Basandosi su questa definizione un virus non sarebbe un organismo vivente, perché può arrivare a riprodursi ma non può farlo autonomamente, in quanto si deve appoggiare al metabolismo di una cellula ospite, così come non sono esseri viventi le semplici molecole autoreplicanti, in quanto sottoposte all'entropia come tutti i sistemi non viventi.
La ricerca sui Grandi virus nucleo-citoplasmatici a DNA, ed in particolare la scoperte dei mimivirus, quindi l'eventualità che costituiscano anello di congiunzione tra i virus, definiti qui non viventi, e i più semplici viventi comunemente accettati, ha contribuito ad estendere il dibattito e a rendere più sfumata la linea di confine tra viventi e non, ed alcune ipotesi minoritarie, suggeriscono che i domini Archaea, Bacteria, ed Eukarya possano originare da tre differenti ceppi virali e i plasmidi possono essere visti come forme di transizione tra virus a DNA e cromosomi cellulari[7].
Oltre la definizione di Schrödinger, vari studiosi hanno proposto diverse caratteristiche che nel loro insieme dovrebbero essere considerate sinonimo di vita[8][9]:
- Omeostasi: regolazione dell'ambiente interno al fine di mantenerlo costante anche a fronte di cambiamenti dell'ambiente esterno.
- Metabolismo: conversione di materiali chimici in energia da sfruttare, trasformazione di diverse forme di energia e sfruttamento dell'energia per il funzionamento dell'organismo o per la produzione di suoi componenti.
- Crescita: mantenimento di un tasso di anabolismo più alto del catabolismo, sfruttando energia e materiali per la biosintesi e non solo accumulando.
- Interazione con l'ambiente: risposta appropriata agli stimoli provenienti dall'esterno.
- Riproduzione: l'abilità di produrre nuovi esseri simili a sé stesso.
- Adattamento: applicato lungo le generazioni costituisce il fondamento dell'evoluzione.
Queste caratteristiche sono, per la loro peculiarità, comunque passibili di critiche e di parzialità. Un ibrido non riproducentesi non può considerarsi come non vivo, così pure un organismo che ne abbia perduto la capacità nel corso del tempo. Parimenti un'ipotetica situazione che obblighi la dipendenza da strutture estranee per mantenere l'omeostasi, un organismo strutturalmente non in grado di adattarsi ulteriormente all'ambiente e altre singole deficienze, difficilmente, se prese singolarmente, possono far escludere di avere a che fare con un vivente.
[modifica] Organismi viventi
La vita è caratteristica degli organismi viventi. In generale la vita si considera una proprietà emergente degli esseri viventi. Questo significa che si tratta di una caratteristica posseduta dal sistema, ma non posseduta dai suoi singoli componenti. Un organismo vivente, quindi, è vivo, mentre non sono vive le sue singole parti[10].
[modifica] Condizioni necessarie alla vita
L'esistenza della vita così come la conosciamo necessita di particolari condizioni ambientali. I primi organismi comparsi sulla terra si sono per necessità sviluppati in base alle condizioni preesistenti, ma in seguito a volte sono stati gli organismi stessi a modificare l'ambiente, a vantaggio proprio o di altri organismi[11]. È il caso della produzione di ossigeno da parte dei cianobatteri, che ha modificato profondamente l'atmosfera terrestre causando un'estinzione di massa e rendendo possibile la colonizzazione dell'ambiente terrestre[12]. Inoltre col tempo si sono determinate sempre più interazioni complesse tra i diversi organismi, facendo sì che nella maggior parte degli ambienti la vita di determinate specie sia possibile grazie alla presenza di altri organismi che creano le condizioni necessarie[11] (spesso si tratta di microorganismi, come nel caso dei batteri azotofissatori, che trasformano l'azoto molecolare presente nell'aria in molecole utilizzabili per le piante[13]).
Ogni essere vivente può sopravvivere all'interno di determinati limiti relativi ai fattori fisici dell'ambiente (temperatura, umidità, radiazione solare, ecc.). Al di fuori di questi limiti la vita è possibile solo per brevi periodi, se non impossibile del tutto. Queste condizioni, che sono diverse per ogni specie, sono definite Range di tolleranza[14]. Per esempio una cellula batterica ad una temperatura troppo alta subirà la denaturazione delle sue proteine, mentre ad una temperatura troppo bassa subirà il congelamento dell'acqua che contiene. In entrambi i casi morirà. Anche le caratteristiche chimiche costituiscono fattore limitante; pH, concentrazioni estreme di forti ossidanti, elementi chimici in concentrazione tossiche, eccetera, costituiscono spesso un muro quasi invalicabile allo sviluppo della vita. Lo studio di organismi estremofili, ha contribuito enormemente all'individuazione delle condizioni ritenute minime per lo sviluppo della vita, nonostante risulti chiaro che la definizione di ambiente "estremo" è comunque relativa e diversa per ogni organismo[13].
Determinate esigenze sono comuni a tutti gli organismi viventi. Affinché ci sia vita è necessario che si disponga di energia, al fine di mantenere il disequilibrio energetico del sistema (vedi sopra)[15]. La maggior parte degli organismi autotrofi sfrutta l'energia solare, attraverso la quale compie la fotosintesi, ottenendo i nutrienti dalla materia inorganica. Questi organismi, che comprendono piante, alghe e cianobatteri, si dicono fotoautotrofi. Altri autotrofi più rari sfruttano invece l'energia derivante da processi chimici, e si definiscono chemioautotrofi. Le altre specie, dette eterotrofi, sfruttano l'energia chimica dai composti organici prodotti da altri organismi, nutrendosi dell'organismo stesso, di una sua parte o dei suoi scarti.
È necessario inoltre affinché ci sia vita che ci sia disponibilità dei principali costituenti biologici, cioè carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno, fosforo, e zolfo, nell'insieme detti anche chnops[15]. Gli organismi autotrofi li ricavano principalmente in forma inorganica dall'ambiente, mentre quelli eterotrofi sfruttano principalmente i composti organici di cui si nutrono.
Tutte le forme di vita conosciute, infine, necessitano di abbondanza d'acqua, anche se alcuni organismi hanno sviluppato adattamenti che gli permettono di conservare le proprie riserve di liquidi a lungo, così da potersi allontanare notevolmente dalle fonti d'acqua.
Queste condizioni sono condivise dalla quasi totalità delle forme di vita conosciute, tuttavia non è possibile escludere l'esistenza, sulla terra o su altri pianeti, di organismi in grado di vivere in condizioni completamente diverse. Per esempio nel 2010 è stato trovato nel Mono Lake in California un batterio, Halomonas sp., ceppo GFAJ-1, in grado di sostituire il fosforo nelle proprie molecole con l'arsenico[16], che proprio per la sua similitudine col fosforo e per la sua tendenza a sostituirlo nelle molecole biologiche, è tossico per la maggior parte degli organismi conosciuti, escludendo quelli che lo utilizzano come ossidante nella respirazione[17], al pari di numerosi composti utilizzati a tale scopo da differenti organismi. In seguito questa scoperta è stata messa in dubbio[18][19], e sono in corso (2012) verifiche per accertare l'eventuale eccezionalità della scoperta. Gli esobiologi ipotizzano una vita basata sulla chimica del silicio anziché del carbonio.
[modifica] Origine della vita
Secondo i modelli attualmente accettati la vita sulla terra è comparsa grazie alle condizioni presenti tra 4,4 e 2,7 miliardi di anni fa, che hanno permesso lo sviluppo di macromolecole come gli amminoacidi e gli acidi nucleici, come dimostrato dall'esperimento di Miller-Urey, dalle quali in seguito si sono originati polimeri come i peptidi e i ribozimi. Il passaggio dalle macromolecole alle protocellule è l'aspetto più controverso della questione, sul quale sono state avanzate diverse ipotesi, come quella del mondo ad RNA, quella del mondo a ferro-zolfo e la teoria delle bolle.
A partire dalle protocellule gli organismi han poi raggiunto lo stadio attuale in cui li conosciamo tramite processi, spiegati dalla teoria dell'evoluzione, lungo un ramificato processo di evoluzione della vita.
Qulunque forma di vita non propria del pianeta Terra viene detta "extraterrestre". Questo termine puó riferirsi, in maniera più ampia, a qualunque oggetto al di fuori della stessa realtà terrestre. Tutt'oggi l'uomo non conosce alcun esempio di essere vivente extraterrestre e il dibattito tra scettici e credenti della probabile esistenza di forme di vita aliene a quelle terrestri è oggi molto acceso.
Per il significato che la filosofia dà della vita, vedi le voci Esistenza, Naturalismo (filosofia), Filosofia della natura, Vitalismo
La maggior parte delle religioni hanno introdotto il concetto di vita dopo la morte, rispondendo ad una domanda che da sempre l'uomo si pone. Secondo questo concetto, la morte non rappresenta una fine, ma un cambiamento, che avviene in modalità e con significati diversi a seconda della dottrina specifica di ciascuna religione.
Nella cultura letteraria e filosofica, l'esistenza è stata associata alle emozioni, alle passioni e in generale alla storia di ciascun uomo. Poeti, letterati, filosofi e pensatori hanno associato alla vita significati diversi e presentando una personale concezione di vita. Alcune posizioni hanno dato vita a vere e proprie correnti di pensiero, come il vitalismo, il pessimismo, o il nichilismo.
[modifica] Diritto e questioni etiche
Nelle società organizzate, la vita umana rappresenta un valore che richiede attenzione in termini di diritto. Questioni di tipo etico determinano le scelte circa la difesa e la salvaguardia della vita, quando questa è messa in discussione da altri tipi di scelte, come la pena di morte, l'aborto o l'eutanasia.
[modifica] Vita non biologica
Nella ricerca delle proprietà "oggettive" che definiscano il concetto di vita si è sviluppata un ramo della scienza chiamata Vita Artificiale (in inglese Artificial Life), prendendo spunto ed evolvendo i concetti di Intelligenza Artificiale (AI, Artificial Intelligence) della cibernetica. Tale disciplina si è definita accorpando le teorie dei sistemi non lineari, il concetto di frattale, gli automi cellulari, la fisica statistica delle strutture dissipative, la dinamica delle popolazioni. Applicata ai computer che sono diventati sempre più potenti e che quindi forniscono capacità di calcolo paragonabili alle capacità di calcolo dei sistemi viventi diffusi (Nei primi anni del XXI secolo nei laboratori dell'IBM si è riusciti a simulare il cervello di un ratto grazie all'uso di un supercomputer, ma questo solamente per alcuni secondi poiché la potenza non era sufficiente) la Vita Artificiale oltre alla ricerca empirica per lo sviluppo di teorie, ha anche applicazioni e ricadute pratiche nei campi più diversi.
Un uso ludico dei concetti suddetti si trova nei sistemi di simulazione, software che funzionano su computer e che vengono paragonati a organismi o mondi viventi, come ad esempio Tierra o Avida, hanno parte delle proprietà elencate sopra (in particolare il programma, l'acquisizione di energia e l'adattabilità).
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