Per rivista si intende una pubblicazione periodica, che appare cioè a determinati intervalli superiori alle 24 ore, e che tratta di argomenti riguardanti un particolare settore di studio o di attività in modo più o meno esauriente, prevalentemente a fini di aggiornamento e di approfondimento.
[modifica] Classificazione
Le riviste possono essere classificate in base a:
- periodicità, cioè all'intervallo di tempo che intercorre fra due numeri consecutivi, in settimanali, quindicinali, mensili (bimestrali, trimestrale, quadrimestrali, semestrali), annuali, pluriennali;
- argomento, cioè il campo di interesse (scienza, letteratura, arte, politica, economia, filosofia, religione, tecnica, attualità, ecc.). Le riviste scientifiche e accademiche selezionano il contenuto per peer review, cioè in base a una valutazione fatta da specialisti del settore, distinguendosi in questo dai settimanali di attualità e dai cosiddetti rotocalchi;
- mezzo di comunicazione (a stampa, on-line)
- diffusione ("a pagamento", vendute in edicola, libreria o inviate tramite abbonamenti a pagamento; "abbonamenti da quota associativa", ossia abbonamenti riservati a soci dell'attività editoriale o di un'organizzazione; "diffusione gratuita")
Frontespizio del primo numero del
Journal des sçavans (1665)
Frontespizio del primo numero de
Le Mercure Galant (1672)
Gentleman's Magazine (1731)
Frontespizio del primo numero della
Biblioteca Italiana (1816)
Frontespizio del primo numero de
Il Conciliatore (1818)
Frontespizio del n. 11 del settimanale satirico francese
La Lanterne, 1866
Frontespizio del primo numero di
Nature (4 novembre
1869)
Prima pagina di
Collier's Weekly (1897)
Prima pagina di
Critica sociale (1910)
Il primo periodico che può essere assimilato alle moderne riviste è stato il settimanale La Gazette, il cui primo numero uscì il 30 maggio 1631; il periodico, che aveva lo scopo di informare i lettori sugli avvenimenti della corte, si interessava prevalentemente di questioni politiche e diplomatiche, ma dava conto anche delle discussioni scientifiche e letterarie che si svolgevano in casa del suo redattore, il medico Théophraste Renaudot[1][2]. Molto più importante fu tuttavia il Journal des sçavans (più tardi chiamato Journal des savants), il cui primo numero reca la data di lunedì 5 gennaio 1665; sotto la direzione dell'abate Jean Gallois, subentrato nel 1666 al fondatore Denis de Sallo, il Journal des savants assunse il carattere di giornale scientifico[3]. Molto diverso fu invece il carattere de Le Mercure galant, un giornale fondato da Jean Donneau de Visé nel 1672 che, ogni otto giorni, accanto ad articoli di genere letterario (poesie, racconti, ecc) riportava anche notizie mondane[4].
Le più antiche riviste nelle altre principali nazioni europee nacquero quasi contemporaneamente alle riviste francesi. Il 1665 è infatti l'anno di pubblicazione delle Philosophical Transactions della Royal Society di Londra[5], la più antica delle pubblicazioni accademiche ancora in attività[6]. Le prime riviste tedesche, di carattere scientifico, furono i Miscellanea curiosa medicophysica editi dall'Accademia Cesarea Leopoldina-Carolina di Halle dal 1670 al 1709[7], a cui fecero seguito gli Acta Eruditorum pubblicati dal 1682 al 1745 a Lipsia da Otto Mencke[8].
Più antichi, essendo apparsi nel 1667, sono gli Atti dell'Accademia del Cimento, la più antica rivista italiana[9], seguita l'anno dopo dal Giornale de' Letterati di Roma, un trimestrale letterario fondato dall'abate Francesco Nazzari[10]. Il singolare corso di quest'ultima rivista fu in parte legato alla mancata tutela della proprietà intellettuale nei secoli passati. Nel 1675 l'abate Nazzari decise di continuare la pubblicazione del Giornale de' Letterati, stampato fino ad allora dal Nicolò Angelo Tinassi, con i tipi dello stampatore Giacomo Mascardi. Lo stampatore Tinassi decise allora di continuare ugualmente la stampa della rivista affidandone la direzione a Giovanni Giustino Ciampini. Pertanto, dal 1675 al 1679, anno in cui il Nazzari interruppe la sua impresa, furono pubblicate contemporaneamente due periodici differenti, ma con lo stesso titolo e nella stessa città[11][12]. A fine secolo nacquero nella penisola altri Giornali de' Letterati, ma di indirizzo scientifico più che letterario; i più importanti furono i due redatti dal Bacchini a Parma (dal 1680 al 1690) e a Modena (dal 1692 ai 1695)[13].
In Francia il secolo dell'Illuminismo e dell'Encyclopédie fu eccezionalmente fecondo di riviste cosmopolite e battagliere. Alla Gazette littéraire de l'Europe (1764-66), che fu un po' l'organo ufficiale dei philosophes[14] si contrapponeva la rivista dei gesuiti, il Journal de Trévoux ("Mémoires pour servir à l'histoire des sciences et des arts"), che pubblicava scritti letterari e scientifici; dopo l'espulsione dei gesuiti dalla Francia nel 1764, il Journal de Trévoux si trasformò nel Journal des sciences et des beaux-arts[15].
In Inghilterra si svilupparono invece riviste rivolte alla nascente borghesia commerciale le quali incisero profondamente sulla società del paese per il loro taglio popolare e servirono da modello per numerose iniziative in altri paesi europei, Italia compresa. Fra gli esempi più caratteristici: il trisettimanale liberale The Review di Daniel Defoe[16]; il settimanale The Observer, fondato nel 1791[17]; The Gentleman's Journal (1691) che nel 1731 cambiò nome in The Gentleman's Magazine, un giornale caratterizzato dalla presenza di articoli di varietà e racconti, il cui nome ("Magazine") servirà a indicare le riviste popolari[18]; infine The Monthly Review, fondato dal libraio Ralph Griffiths nel 1749, che ebbe fra i primi contributori il romanziere e poeta Oliver Goldsmith e fu il primo giornale inglese a offrire recensioni[19].
Diversa dalla Francia e dall'Inghilterra fu la situazione in Germania nel XVIII secolo. Poiché il movimento illuminista tedesco è stato un fenomeno limitato alla cerchia accademica, le riviste tedesche ebbero carattere erudito-accademico e diffusione locale[20].
Le riviste italiane nel XVIII secolo, si modellarono su quelle francesi e inglesi ed ebbero quindi, come i modelli stranieri, natura e fini diversi: dall'enciclopedismo bibliografico a carattere puramente informativo del Giornale de' letterati d'Italia (una rivista redatta a Venezia dal 1710 al 1740 da Apostolo Zeno, Scipione Maffei e Antonio Vallisneri[21]), alla discussione critica come strumento di propaganda culturale delle Novelle letterarie (un periodico di lettere e scienze, pubblicato a Firenze dal 1740 al 1769, che ebbe tra i promotori Giovanni Lami il quale condusse una vivace polemica contro i gesuiti) e del Caffè, la rivista pubblicata a Milano dai fratelli Pietro e Alessandro Verri tra il 1764 e il 1766[22]. Per Maffei, come per Lami e i Verri, compito centrale delle riviste era quello di portare la cultura italiana, della cui arretratezza gli intellettuali italiani avevano consapevolezza, al livello di quella europea. E fu soprattutto grazie all'importazione e alla traduzione di un sempre maggior numero di libri e di riviste straniere, e ai contatti diretti con gli stranieri che giungevano in Italia per il Grand Tour, si formò nell'Italia del XVIII secolo la nuova mentalità[23]. Importanti riviste di costume apparvero nella seconda metà del XVIII secolo, ispirate tutte all'esempio del Spectator dell'Addison: l'Osservatore veneto (un settimanale di costume redatto da Gasparo Gozzi dal febbraio 1761 all'agosto 1762)[24], la Frusta letteraria di Aristarco Scannabue, edita tra il 1763 e il 1765[25].
La crisi ideologica e politica che si era aperta alla fine del XVIII secolo nell'Età napoleonica pose in primo piano nella vita europea tre grandi questioni: la questione della libertà, la questione nazionale e quella sociale[26]. Il nuovo ordine europeo fissato al Congresso di Vienna si manifestò in Europa anche con una stasi sia nelle relazioni culturali che durò fino al 1830 (anno in cui si osservò una ripresa nell'attività intellettuale in Europa dopo la Rivoluzione di Luglio in Francia, la rivoluzione belga e l'avvento in Inghilterra di governi liberali) o al 1848 (l'anno della Primavera dei popoli).
In Italia la censura nell'età della Restaurazione, esemplificata dalla soppressione de Il Conciliatore[27], rappresentò un grave colpo la diffusione delle idee liberali, non compensata dalla buona qualità degli scritti in riviste quali l'austrofila Biblioteca Italiana[28]. Il compito di preparare la classe dirigente intellettuale passò quindi a L'Antologia di Vieusseux e Capponi, due cattolici liberali[29] e, dopo la soppressione dell'Antologia (1831), a Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti del napoletano Giuseppe Ricciardi[30]. Una ripresa della pubblicistica liberale, orientata spesso in senso nazionale, può essere osservata già negli anni immediatamente precedenti il 1848. La più importante fra queste riviste fu Il Politecnico di Carlo Cattaneo (1839-1868)[31]. Nel 1850 comparve La Civiltà Cattolica, l'organo dei Gesuiti che s'impose come voce autorevole nel panorama della stampa cattolica[32].
L'unità d'Italia vide una fioritura di riviste politiche rivolte a formare la nuova classe dirigente italiana, le più note delle quali furono la Nuova Antologia, fondata nel 1866 sul modello della Revue des Deux Mondes[33], Fanfulla della domenica, il primo settimanale letterario dell'Italia unita (1879)[34], La Rassegna Settimanale, la rivista conservatrice di Sonnino e Franchetti che trattava soprattutto questioni di natura economica e politica[35] e Cronaca bizantina (1881), espressione delle aspirazioni irrazionaliste ed estetizzanti del decadentismo italiano[36]. Fra le riviste politiche più importanti devono essere ricordate La Cultura di Ruggiero Bonghi e Cesare De Lollis (1882)[37], che verrà soppressa in epoca fascista[38], e Critica Sociale, rivista fondata da Filippo Turati nel 1881, alla quale collaborarono i principali esponenti del Socialismo italiano[39].
La diffusione dei mezzi di comunicazione di massa ha influito relativamente poco sulla struttura e sulla diffusione delle riviste specializzate le quali raramente sono riuscite a superare la ristretta cerchia degli ambiti accademici e specialistici. Soprattutto in Italia, si è osservato il sostanziale fallimento della diffusione delle riviste di cultura al pubblico medio, superando la cerchia ristretta degli "addetti ai lavori", sia per la tradizionalmente scarsa diffusione della lettura, sia per la scarsità di riviste di divulgazione che fossero in grado di utilizzare un linguaggio a un tempo comprensibile e non superficiale, sia per la concorrenza di quotidiani e settimanali a larga diffusione[40] e, più tardi, di radio e televisione[41].
In Italia gran parte delle riviste nate ai primi anni del XX secolo si riallacciano in misura più o meno grande all'idealismo (innanzitutto la La critica di Benedetto Croce; Leonardo di Papini e Prezzolini, che tuttavia ebbe anche una caratterizzazione pragmatistica; Hermes di Borgese; Il Marzocco, rivista di indirizzo decadente; La Voce di Prezzolini, Papini e De Robertis; Lacerba di Papini e Soffici, periodico futurista e poi bellicista; ecc.) mentre L'Unità di Salvemini continuava la tradizione democratica e Il Regno di Corradini dava voce all'irrazionalismo nazionalistico. Fra le riviste non italiane che hanno avuto più larga e generale influenza negli anni precedenti la prima guerra mondiale, occorre ricordare la Nouvelle Revue Française, che è stata effettivamente al centro della vita letteraria francese fino alla seconda guerra mondiale[42], la rivista politica inglese New Statesman, che ha divulgato le tendenze degli intellettuali inglesi di sinistra[43], o riviste americane come Collier's Weekly, che hanno costituito un modello per alcune riviste a larga diffusione.
La crisi del primo dopoguerra determinò in Italia la nascita di riviste disposte ad affrontare sulla base di ben precise posizioni politiche i problemi originati dal primo conflitto e dalla rivoluzione russa. Ne furono esempi Energie Nove (1921). La Rivoluzione liberale (1922) e più tardi Il Baretti (1924) del liberale democratico Piero Gobetti[44], L'Ordine Nuovo (1919) di Antonio Gramsci e Angelo Tasca, un settimanale che, con la nascita del Partito Comunista d'Italia (1921), si trasformerà nel quotidiano ufficiale del nuovo partito[45]. A queste riviste si contrapponevano La nuova politica liberale di Giovanni Gentile[46], un bimestrale dapprima simpatizzante e successivamente fiancheggiatore del partito fascista, Gerarchia, la rivista ufficiale del fascismo fondata nel 1922 dallo stesso Mussolini, la rivista nazionalismo|nazionalista Politica, fondata da Francesco Coppola e Alfredo Rocco nel 1919 e Critica fascista di Giuseppe Bottai (1923)[47].
Durante il periodo fascista furono soppresse tutte le riviste antifasciste, tranne La Critica, protetta dall'autorità intellettuale di Benedetto Croce. A parte i giornali del regime, furono tollerate le riviste letterarie non schierate apertamente in politica (per esempio, La Fiera Letteraria di Umberto Fracchia, Solaria di Alberto Carocci, La Ronda di Vincenzo Cardarelli (1919-23), riviste che affermava l'ideale della ricerca letteraria pura). Spesso erano le riviste fasciste ad assumere paradossalmente un atteggiamento critico nei confronti del regime dittatoriale (per esempio, L'Italiano di Leo Longanesi, Il Selvaggio di Mino Maccari, L'Universale di Berto Ricci, Primato di Giuseppe Bottai)[48].
La caduta del fascismo e la Liberazione diedero vita a un risveglio culturale rigoglioso, sebbene di breve durata (durò all'incirca un lustro), caratterizzato da un lato dall'allargamento degli interessi (l'esistenzialismo, il marxismo e il neopositivismo in luogo del solo storicismo di inizio secolo) dall'altro da una nuova coscienza del ruolo degli intellettuali nella società[49]. Gli intellettuali "tradizionali", portatori di una cultura neo-illuministica, ebbero il loro principale organo nel settimanale La Nuova Europa diretta da Luigi Salvatorelli, gli intellettuali "organici", marxisti, si raccolsero attorno al trimestrale Società[50]. Tra le più importanti riviste nate in quel periodo occorre citare anche Rinascita (fondata da Togliatti nel 1944), Il Ponte (fondata da Calamandrei nel 1945), Il Politecnico di Elio Vittorini, impegnata nella costruzione di un nuovo tipo di cultura popolare, Comunità (fondata nel 1946 dall'industriale Adriano Olivetti), la cattolica Humanitas (1946), la rivista letteraria internazionale Botteghe Oscure fondata nel 1948 da Marguerite Caetani dedita alla scoperta e alla conoscenza di nuovi testi e nuovi autori e alla circolazione della letteratura al di là dei confini nazionali. A partire dagli anni cinquanta nacquero nuove pubblicazioni di impegno metodologico e critico rigoroso di pertinenza di nuove discipline come per esempio la linguistica, ma si rese evidente anche l'incapacità delle riviste di cultura ad allargare la tradizionale ristretta cerchia di lettori; si assistette, viceversa, alla nascita di numerosi mensili di divulgazione, soprattutto di divulgazione scientifica, e alla nascita dei cosiddetti "rotocalchi", settimanali di attualità, che ebbero in Italia un predecessore diretto nell'Omnibus di Longanesi e successivamente si ispirarono alle riviste di attualità statunitensi quali Life, Newsweek, TIME, o alla rivista di interesse economico Fortune.
La diffusione di Internet e l'introduzione di nuovi mezzi digitali dell'informazione, quali gli eBook reader e i tablet computer, stanno mettendo in crisi le riviste tradizionali cartacee. Il problema è particolarmente evidente nell'ambito dell'editoria accademica e scientifica che hanno visto la nascita di pubblicazioni on-line peer review la cui diffusione a basso costo, secondo i dettami della dichiarazione di Berlino sull'accesso aperto alla letteratura scientifica (2003)[51], è di enorme importanza in ambito scientifico.
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