Benedetto Craxi detto Bettino (Milano, 24 febbraio 1934 – Hammamet, 19 gennaio 2000) è stato un politico italiano. Craxi fu il primo socialista a ricoprire, nella storia repubblicana, la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987, in due governi consecutivi. È stato pluricondannato per reati concernenti la corruzione ed il finanziamento illecito al Partito Socialista Italiano.
È uno degli uomini politici più rilevanti della cosiddetta Prima Repubblica[1], ma anche uno dei più controversi: ciò perché da latitante in seguito alle indagini di Mani Pulite, che condussero, tra l'altro, all'incriminazione e ad una duplice condanna definitiva in sede penale - "morì in solitudine, lontano dall'Italia (...) dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti"[2].
[modifica] L'inizio della carriera politica
Primogenito dell'avvocato Vittorio Craxi (1906 – 1992), antifascista e perseguitato politico, la cui famiglia paterna era originaria di San Fratello (un comune della provincia di Messina sui Nebrodi), e di Maria Ferrari, una casalinga di Sant'Angelo Lodigiano, Craxi nasce a Milano il 24 febbraio 1934.
Durante la seconda guerra mondiale, la famiglia decide di affidarlo al collegio cattolico "De Amicis" a Cantù, sia per il carattere turbolento, sia per allontanarlo dai pericoli che correva a causa dell'attività antifascista del padre che, dopo la liberazione, assumerà la carica di vice-prefetto a Milano e poi quella di prefetto a Como.
Terminata la guerra, Bettino Craxi frequentò il liceo classico "Giosuè Carducci" a Milano[3] ed iniziò ad avvicinarsi giovanissimo alla politica; nel 1953 a diciannove anni entrò nella federazione milanese del Partito Socialista, diventandone funzionario e quattro anni dopo, a ventitré anni, fu eletto nel comitato centrale del PSI. Nel frattempo frequentò la facoltà di giurisprudenza, diventando vicepresidente dell'Unuri, il parlamentino degli studenti. Intanto proseguiva la sua ascesa all'interno del PSI: nel 1965 divenne membro della direzione nazionale. Dopo un'esperienza di amministratore come consigliere comunale a Sant'Angelo Lodigiano e assessore nella sua Milano, iniziata nel 1960, nel 1968 veniva eletto per la prima volta in Parlamento.
Poco dopo il fallimento dell'unificazione socialista (1969), nel 1970 diventò vicesegretario nazionale, su nomina di Giacomo Mancini. All'interno del partito fu un convinto sostenitore di Pietro Nenni e del centro-sinistra "organico" che in quegli anni governava l'Italia.
Nel 1972 con l'elezione di Francesco De Martino a segretario nazionale del PSI, durante il congresso di Genova, Craxi viene confermato insieme a Giovanni Mosca nel ruolo di vicesegretario, ricevendo l'incarico di curare i rapporti internazionali del partito. Da rappresentante del PSI presso l'Internazionale Socialista stringe legami con alcuni dei protagonisti della politica estera del tempo, da Willy Brandt a Felipe González, da François Mitterrand a Mario Soares, da Michel Rocard ad Andreas Papandreou. A partire da quella funzione di responsabile del PSI per gli esteri, e per tutto il seguito della sua carriera politica, finanziò economicamente[4] alcuni partiti socialisti messi al bando dalle dittature dei rispettivi Paesi, tra cui il Partito Socialista Operaio Spagnolo, il Partito Socialista Cileno di Salvador Allende, di cui Craxi era amico personale, e il Partito Socialista Greco.
[modifica] L'elezione a segretario e il nuovo corso
Nel 1976, un articolo sull'Avanti! del segretario socialista Francesco De Martino causò la caduta del governo Moro, provocando le successive elezioni anticipate che si conclusero con una crescita impressionante del PCI di Enrico Berlinguer, mentre la Democrazia Cristiana riuscì a rimanere il partito di maggioranza relativa solo per pochi voti.
Per il PSI invece, quelle elezioni furono una pesante sconfitta. I voti scesero sotto la soglia psicologica del 10%. De Martino, che puntava ad una nuova alleanza con i comunisti, fu costretto alle dimissioni e si aprì all'interno del partito una grave crisi. Alla ricerca di una nuova identità che rilanciasse il partito, il 16 luglio il comitato centrale si riunì in via straordinaria presso l'Hotel Midas di Roma ed elesse Bettino Craxi, da pochi giorni capogruppo alla Camera, nuovo segretario.
La scelta di Craxi fu frutto di una mediazione fra le varie correnti socialiste che si presentavano fortemente frammentate e quindi incapaci di far emergere un segretario, appoggiato da una solida maggioranza. Emerse così la volontà di eleggere un "segretario di transizione" che guidasse il partito fuori dalla crisi. Il primo a proporre il nome di Craxi fu Giacomo Mancini, che riuscì a far convergere sul suo nome anche i voti delle correnti guidate da Claudio Signorile ed Enrico Manca. Si opposero alla sua elezione soltanto i cosiddetti "demartiniani", ostili a colui che era considerato il "pupillo di Nenni", i quali però al momento delle votazioni preferirono astenersi.
Craxi mostrò immediatamente le sue doti politiche, palesando di essere tutt'altro che un semplice "segretario di transizione". Nominò suoi collaboratori personalità nuove, alcune molto giovani, tanto da dare inizio a quella che sarà chiamata la "rivoluzione dei quarantenni". Craxi si mosse con determinazione ed energia, puntando al rilancio del partito, che "partendo dalla sua grande tradizione, ritrovasse il suo orgoglio e il coraggio di intraprendere nuove strade, di dare inizio" a quello che il segretario chiamò "il nuovo corso". Puntando a tracciare nuovi sentieri, Craxi si oppose al compromesso storico e delineò, per il futuro, una linea dell'alternanza, fra DC e il suo partito.
Già nei primi anni di segreteria ci fu una rivalutazione del pensiero socialista libertario rispetto al marxismo, una riscoperta di Proudhon rispetto a Marx. Basta leggere un saggio scritto da Craxi stesso su «L'Espresso» e intitolato «Il Vangelo socialista», dove si ha una profonda critica del leninismo:
«La profonda diversità dei «socialismi» apparve con maggiore chiarezza quando i bolscevichi si impossessarono del potere in Russia. Si contrapposero e si scontrarono due concezioni opposte. Infatti c'era chi aspirava a riunificare il corpo sociale attraverso l'azione dominante dello Stato e c'era chi auspicava il potenziamento e lo sviluppo del pluralismo sociale e delle libertà individuali [...] La meta finale è la società senza Stato, ma per giungervi occorre statizzare ogni cosa. Questo è, in sintesi, il grande paradosso del leninismo.Ma come è mai possibile estrarre la libertà totale dal potere totale? Invece [...] Si è reso onnipotente lo Stato [...] Il socialismo non coincide con lo stalinismo [...] è il superamento storico del pluralismo liberale, non già il suo annientamento.»[5]
Durante il sequestro Moro fu l'unico leader politico insieme ad Amintore Fanfani e Marco Pannella a dichiararsi disponibile ad una trattativa, attirandosi addosso parecchie critiche. In quello stesso anno, il 1978, si svolse a Torino il XLI congresso in cui Craxi, riuscì a farsi rieleggere, malgrado la sua corrente dell'"Autonomia Socialista" avesse un duro scontro all'inizio con la corrente lombardiana (guidata da Claudio Signorile) e con quella demartiniana (con a capo Enrico Manca), che lo avevano appoggiato due anni prima.
Craxi si presentò agli Italiani in una maniera totalmente nuova: da un lato prese esplicitamente le distanze dal leninismo rifacendosi a forme di socialismo non autoritario[6], e dall'altro si mostrò attento ai movimenti della società civile e alle battaglie per i diritti civili, sostenute dai radicali, curava la propria immagine attraverso i mass media e mostrava di non disdegnare la politica-spettacolo. Avviò una campagna per la "governabilità del governo", assumendo toni sempre più decisionisti, con quella che nei giornali sarà chiamata la "grinta" di Craxi; vi fu anche chi la presentò come l'unica forma di alternativa fino a quando vi sarebbe stata una "democrazia bloccata" dalla presenza del più grande partito comunista dell'Occidente[7].
[modifica] Craxi presidente del Consiglio
L'azione di Craxi viene aspramente criticata dalla sinistra interna, ma trascina il partito all'ottimo risultato raggiunto alle elezioni del 1983. In seguito a ciò, Craxi – che nel 1979 aveva dovuto rinunciare ad un precedente incarico, conferitogli dal presidente Pertini – chiede e ottiene la presidenza del Consiglio. È il primo socialista che ci riesce.[8]
Il primo governo Craxi è sostenuto dal Pentapartito, un'alleanza fra Dc, Psi, Psdi, Pri e Pli. Quest'alleanza nasceva non da accordi pre-elettorali o da una comune identità di vedute, ma dall'opportunità, fortemente sfruttata da Craxi, offerta dal capovolgimento delle alleanze tra le correnti della Democrazia cristiana (la cui gestione interna s'era assestata sulla linea del Preambolo di Donat Cattin, che aveva sostenuto la necessità di "tenere i comunisti fuori dal governo"): è l'unica maggioranza, in pratica, capace di potersi formare, senza coinvolgere in nessun modo il Pci.
Nonostante ciò, il suo governo fu uno dei più lunghi nella storia della Repubblica e riuscì a lasciare una traccia profonda nella politica italiana.
[modifica] Politica interna dei governi Craxi
Il 5 agosto 1983, appena un giorno dopo aver formato il suo primo governo, Craxi istituisce il Consiglio di Gabinetto, dando seguito ad un impegno assunto con i partiti del Pentapartito nel corso delle consultazioni: «Si tratta - disse allora Craxi - di un Consiglio nel quale saranno rappresentate tutte le forze politiche; un Consiglio politico, che dovrà consentire consultazioni più rapide su tutte le questioni che saranno poi sottoposte al vaglio del Consiglio dei ministri, su tutte le questioni di indirizzo importanti. Si tratta di un organismo autorevole in cui saranno rappresentati anche i ministeri politici ed economici più importanti». La prima riunione si svolge il 26 agosto e vi prendono parte, oltre naturalmente a Craxi, Arnaldo Forlani, vicepresidente del Consiglio e Giulio Andreotti, ministro degli Esteri, Giovanni Goria, ministro del Tesoro, Oscar Luigi Scalfaro, ministro dell'Interno in rappresentanza della Dc, Giovanni Spadolini, segretario del Pri e ministro della Difesa, Renato Altissimo ministro dell'Industria del Pli, Gianni De Michelis, Psi e ministro del Lavoro e il ministro del Bilancio del Psdi Pietro Longo. Fanno parte del Consiglio quindi i rappresentanti di tutti e cinque i partiti dell'alleanza di governo. Il Consiglio in seguito assunse un ruolo centrale e agì come sede di concertazione delle principali decisioni politiche nel successivo triennio, contribuendo alla fama di "governo forte" che assunse quell'Esecutivo. Presenziava alle riunioni il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giuliano Amato (PSI).
Furono diversi i provvedimenti varati dal governo Craxi, fra i più importanti:
- il contestato taglio di tre punti della Scala mobile, a seguito del cosiddetto "decreto di San Valentino", ottenuto con la sola concertazione della CISL e della UIL. La CGIL, invece, abbandonò le trattative e diede vita a massicce manifestazioni di massa, con la collaborazione del Pci, che nel frattempo scatenò in Parlamento un ostruzionismo durissimo. Il decreto passò con la fiducia e in seguito venne avviata una raccolta di firme che portò ad un referendum abrogativo. Al referendum, che si tenne nella primavera del 1985, Craxi partecipò attivamente alla campagna elettorale a sostegno della sua riforma, riuscendo ad ottenere, a sorpresa, la sconfitta degli abrogazionisti[10].
- La politica economica dei suoi governi è stata molto discussa: da un lato l'inflazione, dal 1983 al 1987, scese dal 12,30% al 5,20%, e lo sviluppo dell'economia italiana, secondo soltanto a quello del Giappone, vide sia una crescita dei salari (in quattro anni, di quasi due punti al di sopra dell'inflazione), sia il momentaneo sorpasso del reddito nazionale e di quello pro-capite della Gran Bretagna, diventando il quinto paese industriale avanzato del mondo[11]. In quegli stessi anni però il debito pubblico passò da 234 a 522 miliardi di euro (dati valuta 2006) e il rapporto fra debito pubblico e PIL passò dal 70% al 90%[12]. Ciò ha fatto dire che la sua gestione del bilancio - sul punto non correttiva degli squilibri accumulativi nei conti pubblici nel decennio precedente - ha contribuito a provocare allo Stato l'enorme debito pubblico, decisamente superiore alla media europea.[13][14]
- Il "decreto Berlusconi", varato dopo la decisione dei pretori di Torino, Roma e Pescara di oscurare i canali televisivi della Fininvest di proprietà di Silvio Berlusconi, allora un semplice imprenditore con cui Craxi aveva una forte amicizia (fece da testimone al suo secondo matrimonio). Il decreto stabilì la legalità delle trasmissioni delle televisioni dei grandi network privati, ma suscitò aspre critiche nel Paese[17] e fu approvato dal Parlamento solo tramite il voto di fiducia[18].
Come ricordò anni dopo il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, "il discorso sulle riforme istituzionali che aveva rappresentato, già prima dell'assunzione della Presidenza del Consiglio, l'elemento forse più innovativo della riflessione e della strategia politica dell'on. Craxi (...) non si tradusse in risultati effettivi di avvio di una revisione della Costituzione repubblicana. La consapevolezza della necessità di una revisione apparve condivisa (...) ma (...) non seguì alcuna iniziativa concreta, di sufficiente respiro, in sede parlamentare. Si preparò piuttosto il terreno per provvedimenti che avrebbero visto la luce più tardi, come la legge ordinatrice della Presidenza del Consiglio e, su un diverso piano, significative misure di riforma dei regolamenti parlamentari"[19]. Rimase quindi "un inutile abbaiare alla luna" - come lo definì Craxi stesso con amarezza - il progetto di una "grande riforma" costituzionale in senso presidenzialista, che desse maggiore efficienza in senso decisionista ai poteri pubblici italiani; non si raggiunse mai in Parlamento la maggioranza necessaria anche solo per affacciare l'ipotesi di approvazione di un testo, sul quale peraltro vi erano forti oscillazioni nello stesso entourage craxiano (vi era chi optava per il presidenzialismo all'americana e chi per quello alla francese). Eppure, nel 1992, un'autorità in tema di scienza politica come Norberto Bobbio osservò che, rispetto alle riforme costituzionali, "non si poteva negare che Craxi fosse stato un precursore"[20].
Altro fallimento fu la sua proposta – sulla scorta di analoghe operazioni effettivamente realizzate negli anni settanta in Grecia e, negli anni cinquanta, nella Germania di Konrad Adenauer – della "lira pesante", un progetto per la parità uno a mille della valuta, si disse con la possibile coniazione di una moneta con l'effigie di Garibaldi; l'operazione non ebbe alcun seguito[21].
Con i potentati economici del Nord il rapporto fu sempre alquanto dialettico: al congresso della CGIL del 1986 accusò gli industriali di voler "lucrare senza pagare", ricevendo dalla platea sindacale un caloroso applauso[22] e dando così l'impressione di un'efficacia redistributiva maggiore di quella che – dopo la marcia dei quarantamila, che aveva visto spuntarsi le armi del sindacalismo confederale – era promessa dal massimalismo di sinistra facente capo al PCI.
Di contro la Confindustria evidenziò polemicamente che da un lato si chiedeva agli industriali un contributo al benessere della collettività, ma a ciò non corrispondeva una buona condotta della politica nella gestione del denaro pubblico. Infatti, dagli anni settanta la spesa pubblica decollò e il sistema partitico non fece nulla per porvi un freno[23].
Assai più criticati, perché rientranti in una nozione di ingerenza dello Stato nell'economia, furono gli interventi del governo Craxi per la fine del mandato di Enrico Cuccia come presidente di Mediobanca (elusa dal consiglio di amministrazione con la sua nomina a presidente onorario) e l'opposizione alla vendita del complesso alimentare dell'IRI – la SME – negoziata direttamente dal suo presidente Romano Prodi e smentita da una direttiva del Governo[24].
[modifica] Politica estera dei governi Craxi
Nella politica estera, il governo Craxi e il personale intervento del Presidente del Consiglio[25] "si caratterizzarono per scelte coraggiose volte a sollecitare e portare avanti il processo d'integrazione europea, come apparve evidente nel semestre di presidenza italiana (1985) del Consiglio Europeo"[19]. Si tratta di un indirizzo che proseguì anche nei successivi governi a partecipazione socialista e che portò al deciso avallo del trattato di Maastricht nel 1992[26].
Craxi continuò anche la politica atlantista dei suoi predecessori, ai quali aveva dato l'appoggio del suo partito per l'installazione in Sicilia degli "euro-missili" posizionati contro l'URSS; secondo Zbigniew Brzezinski, l'ex segretario di Stato di Carter, ”senza i missili Pershing e Cruise in Europa la guerra fredda non sarebbe stata vinta; senza la decisione di installarli in Italia, quei missili in Europa non ci sarebbero stati; senza il PSI di Craxi la decisione dell'Italia non sarebbe stata presa. Il Partito Socialista italiano è stato dunque un protagonista piccolo, ma assolutamente determinante, in un momento decisivo”[27].
Nel contempo, però, Craxi mantenne una linea di attenzione ad alcune cause terzomondiste, come già lasciava prevedere - prima del suo arrivo alla guida del Governo - il sostegno dato all'Argentina nella Guerra delle Falkland, senza però interferire in alcun modo nel conflitto.
Stipulò accordi con i governi della Jugoslavia e della Turchia; sostenne anche il dittatore della Somalia Muhammad Siad Barre, già segretario del Partito Socialista Rivoluzionario Somalo. Fornì un appoggio convinto alla causa palestinese e intrecciò relazioni diplomatiche con l'OLP e con il suo leader Yasser Arafat, di cui divenne amico personale, sostenendone le iniziative.
Obiettivo dichiarato era quello di fare dell'Italia una potenza regionale nell'area del Mar Mediterraneo e del Vicino Oriente. In quest'ambito, tre episodi sono considerati quelli più significativi, e tutti e tre coinvolsero gli Stati rivieraschi di fronte alle coste italiane: Egitto, Libia e Tunisia.
[modifica] La crisi di Sigonella
[modifica] Il bombardamento americano di Tripoli
All'epoca del bombardamento americano contro Tripoli, avvenuto il 14 aprile 1986, il ruolo di Craxi fu reputato eccessivamente prudente e fu per questo criticato dalla stampa nazionale[28] per non aver reagito alla rappresaglia libica (il lancio di missili su Lampedusa, avvenuto il giorno successivo al raid americano). Oltre venti anni dopo è emersa una diversa descrizione dei fatti[29] secondo cui Craxi avvertì preventivamente Gheddafi dell'imminente attacco statunitense su Tripoli, consentendogli in tal modo di salvarsi.
Si tratta di una ricostruzione conforme con le note posizioni del governo italiano, che considerava la ritorsione americana, scaturita dalla politica di appoggio al terrorismo della Libia, come un atto improprio, che non doveva coinvolgere come base di partenza dell'attacco il suolo italiano. Tale versione è coerente anche con alcune ricostruzioni dei missili su Lampedusa, segnatamente quella[30] secondo cui i missili sarebbero stati un espediente per coprire "l'amico italiano" agli occhi degli americani: lo dimostrerebbe la scarsa capacità offensiva di penetrazione dei missili, che per altro sarebbero caduti in mare senza cagionare alcun danno.
Tale tesi, nel contempo, però, non spiega come facesse Craxi a conoscere l'attacco due giorni prima, visto che esso fu condotto da navi della VI flotta alla fonda nel golfo della Sirte e che ostentatamente all'epoca si disse[31] che il governo italiano - così come tutti gli altri governi della NATO con l'eccezione di quello britannico - non era stato coinvolto nella sua preparazione[32]. Sul punto, però, è giunta recentemente una testimonianza diretta del consigliere diplomatico di Craxi a palazzo Chigi, l'ambasciatore Antonio Badini, secondo cui Reagan inviò Vernon Walters ad informare il governo italiano dell'imminente attacco a Gheddafi e Craxi, non essendo riuscito a convincere gli americani a desistere[33], decise di salvare la vita al leader libico per evitare un'esplosione di instabilità in un Paese islamico di fronte all'Italia[34].
[modifica] La deposizione di Bourghiba
Nel novembre 1987 la senescenza fisica e mentale del "padre della patria" tunisino, Habib Bourguiba, indusse la diplomazia francese a cercare di "teleguidare" un proprio candidato alla successione[35]: ma ventiquattr'ore prima della loro mossa, la successione di Bourghiba avvenne con un colpo di Stato incruento di Zine El-Abidine Ben Ali, che prese il potere mantenendolo per oltre 23 anni (fino al gennaio 2011), al quale immediatamente Craxi offrì il necessario sostegno internazionale.
Dieci anni dopo, le memorie[36] dell'ammiraglio Fulvio Martini, allora capo del Sismi, rivelarono che non solo si era avuto il prematuro (e concordato) riconoscimento internazionale italiano del nuovo governo tunisino, ma addirittura la scelta del nuovo Presidente "bruciando sul tempo" il candidato di Parigi.
[modifica] Il secondo governo Craxi e la "staffetta"
Una nuova crisi esplose nel 1986. Il segretario della Democrazia Cristiana, Ciriaco De Mita, ottenne che il secondo incarico conferito dal nuovo Capo dello Stato Francesco Cossiga a Craxi fosse vincolato ad un informale "patto della staffetta", che avrebbe visto un democristiano alternarsi alla guida del governo dopo un anno, per condurre al termine la legislatura. Dopo aver taciuto per mesi intorno a questo patto, avallandone implicitamente l'esistenza, Craxi – con l'ennesima dimostrazione di quella disinvoltura politica che gli fu più volte rimproverata come "arroganza" al limite dell'improntitudine, e che lui rivendicava invece come necessario indizio di decisionismo – sconfessò l'accordo in un'intervista a Giovanni Minoli nella trasmissione Mixer nel febbraio del 1987.
La sfida così pubblicamente lanciata ricompattò la DC[37] e fu raccolta da De Mita, che fece nuovamente cadere il governo e, con un governo Fanfani, portò il Paese alle urne; con un gesto di sfida, Craxi dichiarò che non gli interessava guidare il governo durante il periodo elettorale, perché "non stiamo in America latina, dove è il prefetto che decide l'esito delle elezioni in una provincia". L'esito elettorale – che non portò molto avanti l'"onda lunga" del consenso del PSI, da lui ripetutamente vaticinata – si incaricò di smentire quest'assunto.
Dal 1987 in poi, la DC non fu più disponibile a dare la fiducia a Craxi, preferendo sostenere come presidente del Consiglio prima Giovanni Goria e poi Ciriaco De Mita. Fu solo uno degli episodi degli scontri fra De Mita e Craxi, spiegabile forse nel fatto che il leader democristiano era anche il punto di riferimento della sinistra Dc, quella cioè più vicina al Pci. Anche alla luce di questo orientamento, Craxi resse il gioco a Forlani ed Andreotti nella progressiva sottrazione a De Mita della segreteria DC e poi della Presidenza del Consiglio. Rimase agli atti, di quella stagione di decisionismo senza Craxi presidente, l'approvazione della modifica dei Regolamenti parlamentari che abolì il voto segreto nell'approvazione delle leggi di spesa; invano richiesta da Craxi per anni da Presidente del Consiglio, fu conseguita grazie alla sua politique d'abord, di attacco al governo De Mita.
In questi anni Craxi ottenne importanti ruoli alle Nazioni Unite: fu rappresentante del segretario generale dell'ONU Peréz de Cuéllar per i problemi dell'indebitamento dei Paesi in via di sviluppo (1989); successivamente svolse l'incarico di consigliere speciale per i problemi dello sviluppo e del consolidamento della pace e della sicurezza (rinnovatogli nel marzo 1992 da Boutros Ghali).
[modifica] La fine degli anni ottanta
[modifica] La rendita di posizione e la deriva partitocratica
Il ritorno al governo della Democrazia cristiana fu accompagnato da un'accentuata conflittualità, all'interno dell'alleanza col PSI: Craxi inaugurò una tecnica di "movimentismo" (corredata di frequenti minacce di crisi di governo, che rientravano dopo aver ottenuto dal partner di governo le concessioni richieste), che fu definita "rendita di posizione"[38].
Conseguenze furono importanti battaglie condotte - al di fuori del vincolo di maggioranza - a fianco di alleati occasionali: quella sulla responsabilità civile dei giudici a fianco di Pannella, quella sulla chiusura delle centrali nucleari a fianco dei Verdi, ambedue coronate dal successo referendario; quella sull'ora di religione e quella sulla penalizzazione del consumo di droghe a fianco dell'ala conservatrice dello schieramento politico. Ma la sensazione che se ne trasse fu di un'estrema disinvoltura tattica, lontana dalla rimozione delle cause del dissesto del Paese[39] e finalizzata solo ad acquisire vantaggi elettorali. La traduzione di questi vantaggi in cariche pubbliche - secondo un metodo di spartizione assai accurato e, quel che è peggio, generalizzato a tutti i livelli della vita politica, sia nazionale che locale, con capovolgimenti di alleanze locali in base ad esigenze nazionali - era foriera, invece, di un'estremizzazione dei vizi partitici già intrinseci al sistema politico italiano[40].
Uno degli assunti più reiterati della retorica craxiana - la facile polemica sull'assemblearismo ed il consociazionismo, che aveva "favorito nel nostro paese rendite di posizione (...) di coloro che hanno amministrato senza doverne dare troppo conto all'opposizione, che assai spesso è pervenuta ad accordi con la maggioranza"[41], ritardando o impedendo la modernizzazione del Paese - veniva quindi controbilanciato da un fenomeno gravido di conseguenze proprio sul piano dell'efficienza del sistema: "la formazione della volontà politica non avviene più attraverso un processo pubblicistico e collegiale, quanto piuttosto attraverso un processo privatistico e contrattuale"[42].
Persino un momento di trasparenza della vita politica come l'abolizione del voto segreto nell'approvazione delle leggi di spesa - per il quale Craxi insistette fino ad ottenere, nel novembre 1988, l'apposita revisione dei regolamenti parlamentari - fu guardato con sospetto, dall'opinione pubblica: sin da allora ci si chiese se "l'estensione del voto palese andrà nel senso di rafforzare l'elemento pubblicistico e collegiale, oppure se la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica saranno chiamati semplicemente a ratificare accordi raggiunti nell'ambito delle coalizioni governative"[43].
[modifica] Il dominio sul PSI, l'"unità socialista" e i rapporti col PCI
A partire dalla vittoria elettorale del 1983, con la crescita di consenso per il PSI, si estinse all'interno del partito socialista l'opposizione a Craxi, tanto che nei successivi congressi, fu sempre rieletto con voti plebiscitari; l'unica corrente ufficialmente non craxiana rimase quella di Michele Achilli, con meno del 2% degli iscritti. A porsi contro Craxi rimasero alcuni esponenti, anche prestigiosi, che condussero solitarie battaglie. Uno su tutti Giacomo Mancini, che esclamò in un congresso "Questo non è più il partito socialista italiano; è il partito craxista italiano". Anche fra i sostenitori di Craxi vi era coscienza della grande autorità che aveva il segretario nel partito, senza precedenti nella storia del socialismo italiano.
All'inizio degli anni ottanta, Craxi – che già nel 1979 aveva avviato una revisione ideologica, inneggiando al socialismo umanitario di Proudhon in luogo di quello scientifico di Marx – proseguì ed incoraggiò una revisione anche estetica del partito. Ad esempio, vennero cancellati dal programma politico alcuni termini che potevano ricondurre al marxismo; venne eliminato il termine autonomismo che venne sostituito con la parola riformismo, giudicata più inerente dalla corrente moderata e riformista. Venne inoltre abolito il termine "Comitato Centrale" (perché esso riconduceva immediatamente ai partiti comunisti), sostituito dal più neutro "Assemblea Nazionale", nella quale entrarono a far parte oltre ai politici anche uomini dello spettacolo, della moda, dello sport e della cultura.
|
« È immensa come una nave, oblunga e travolgente e sarebbe impossibile vedere lui (Bettino Craxi) se non irradiasse la sua immagine elettronica dall'enorme piramide multimediale dell'architetto Filippo Panseca » |
|
|
Alcuni eccessi di spettacolarizzazione (celebri le scenografie congressuali ideate dall'architetto Filippo Panseca) furono criticati dai suoi stessi compagni di partito: Rino Formica coniò, per l'Assemblea Nazionale del 1991, l'eloquente immagine di una "corte di nani e ballerine". Si rinunciò al tradizionale anticlericalismo socialista (con l'approvazione del Concordato) e fu infine ridotta e poi eliminata (dal 1985) la falce e martello dal simbolo storico del PSI, sostituendola col garofano rosso, che da allora divenne emblema del partito.
Soprattutto dopo il 1989, (quando cadde il muro di Berlino), ritenendo ormai prossima la crisi del PCI, nelle intenzioni di Craxi[44] entrò anche il lancio di un progetto annessionistico a sinistra, con la parola d'ordine dell'"unità socialista", scritta che fu aggiunta al simbolo del partito.
Il rapporto assai travagliato con il PCI risale agli anni della guerra fredda, quando citando Guy Mollet Craxi aveva sostenuto che "I comunisti non sono a sinistra, sono a est": ma furono "i comunisti della seconda generazione, quella dopo Togliatti e Longo" quelli che "non apprezzano la sua posizione e gliela fanno pagare cara, avvalendosi anche dell'implacabile collaborazione del direttore di Repubblica, che pure nei lontani anni sessanta era stato fraternamente appoggiato da Craxi, con Lino Jannuzzi, nella campagna elettorale"[45]. L'impulso ad una trasformazione del grande partito della sinistra italiana in senso occidentale era impresso da Craxi con una metodica scevra dalle sudditanze politiche dei suoi predecessori, giovandosi della posizione di potere acquisita con i lunghi anni di governo con la DC, tanto che essa è descritta da Claudio Petruccioli come una disperante sindrome da "riserva indiana" in cui il PSI costringeva in un ghetto politico il PCI ponendosi "all'imboccatura della valle" della politica di governo ed esigendo un pedaggio democratico che non gli venne mai concesso[46].
Quando però il PCI guidato da Achille Occhetto si stava per trasformare nel PDS, per costituire un'unica forza politica ispirata al riformismo socialdemocratico, la sua strategia non seppe adeguarsi altro che con la volontà di unificare PSI, PSDI e il nuovo partito, in una logica visibilmente annessionistica che fu particolarmente criticata dai riformisti del PCI (cosiddetta corrente "migliorista"), i quali videro nel mancato tentativo di arruolare Gianfranco Borghini nel PSI un'aggressione da rintuzzare con decisione (alla fine fu solo suo fratello, Giampiero Borghini, a passare dall'altra parte).
Craxi fu anche favorevole all'entrata del neonato Partito Democratico della Sinistra nell'Internazionale Socialista (di cui Craxi fu vicepresidente fino al 1994 quando fu sostituito proprio da Achille Occhetto). Il progetto di alcune limitatissime liste comuni, sperimentato nelle elezioni amministrative del 1992 (dove non riscosse molto successo), naufragò definitivamente in seguito alle inchieste di Tangentopoli.
[modifica] Il CAF e i governi Andreotti
Nel 1989, Craxi torna alla carica contro la maggioranza della Democrazia cristiana espressione della sinistra interna: è deciso a ritornare a Palazzo Chigi, ma per farlo deve scalzare De Mita dalla guida del governo e del partito. Forma perciò con i democristiani Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani un'alleanza di ferro: il C.A.F. (dalle iniziali dei cognomi dei tre protagonisti), che fu definita la "vera regina d'Italia". Nel LXII congresso del PSI, Craxi, dopo essere stato rieletto segretario con una maggioranza schiacciante, fa approvare una mozione che - anche per le modalità con cui viene illustrata dal fidatissimo vicesegretario Claudio Martelli[47], allora considerato il suo delfino 'in pectore' - suona come esplicita sfiducia al governo De Mita. De Mita rassegna le dimissioni da Presidente del Consiglio, dopo che aveva perso già la segreteria democristiana che era andata nelle mani di Arnaldo Forlani, alleato di Andreotti.
Quest'ultimo, assume la guida di due governi che reggono fino al 1992. Sono anni "di assoluto immobilismo": il governo sembra incapace di prendere decisioni concrete; nel Paese si diffonde un forte malcontento, accentuato dai sospetti emersi con lo scandalo Gladio. Craxi confida apertamente in un logoramento democristiano e spera nella possibilità di portare il partito socialista al centro della scena politica, assumendo quel ruolo-guida, che fino a quel momento apparteneva alla Dc. Si mostra fiducioso di sé, anche quando il referendum sulla preferenza unica, promosso da Mario Segni – al quale Craxi si era opposto invitando gli italiani ad "andarsene al mare" – raccoglie invece un larghissimo consenso.
Il progetto di Craxi, coltivato a lungo, non si sarebbe però mai realizzato: secondo Giuliano Amato, dopo il crollo del muro di Berlino si finì per contare "più sulla definitiva disfatta dell'ex Pci che non sulla prospettiva di assumere noi la guida della sinistra. Sbagliammo: invece di attendere che il cadavere del Pds passasse sul fiume, avremmo dovuto invocare noi le ragioni della convergenza"[48]. Nella stessa circostanza Amato affermò che "forse ebbe un peso anche la sua malattia, molto seria, alla quale teneva testa solo grazie alla sua fibra veramente robusta, perché nei fatti non si curava, era sregolatissimo. Mi venne detto da medici esperti che l'incedere del diabete determina anche incertezze nuove nel carattere delle persone che ne soffrono. Può essere dunque che il suo ritrarsi da una decisione rischiosa fosse anche la conseguenza di un cattivo stato di salute"[48]; in effetti, all'agosto 1990 risale il primo ricovero di Craxi al San Raffaele di Milano per le complicazioni derivate dal diabete mellito che lo avrebbe portato alla morte dieci anni dopo.
Un'altra chiave di lettura è invece quella secondo cui "per un cattivo governo il momento più pericoloso è sempre quello in cui comincia a riformarsi", secondo la "legge" enunciata da Alexis de Tocqueville e di cui in quegli stessi anni sperimentarono la fondatezza altre "democrazie bloccate" come il Giappone monopolizzato dal partito liberaldemocratico[49].
La recessione economica, la crisi politica della Prima Repubblica, l'aumento del già abnorme debito pubblico e l'affermazione delle liste regionali (in particolare la Lega Lombarda) causarono il crollo del sistema politico di cui egli fu grande protagonista; inoltre, le inchieste giudiziarie avviate nei suoi confronti causarono la sua caduta, stavolta definitiva.
[modifica] L'impatto di Mani Pulite sulla fine della carriera politica
L'epicentro del potere socialista e craxiano era Milano, centro nevralgico della finanza e degli affari, con il cui ambiente il PSI finì per identificarsi. Nel dicembre del 1986 si avvicenda alla guida del comune Paolo Pillitteri, cognato di Craxi, sostituendo Carlo Tognoli, con una giunta pentapartito[50][51].
Il 17 febbraio 1992, l'ingegnere Mario Chiesa, esponente del PSI, già assessore del comune di Milano con l'ambizione alla poltrona di sindaco, viene arrestato in flagrante per aver intascato una tangente da una ditta di pulizie. Craxi al TG3 del 3 marzo, a un mese dalle elezioni politiche, commenterà sostenendo che «una delle vittime di questa storia sono proprio io... Mi trovo davanti a un mariuolo che getta un'ombra su tutta l'immagine di un partito che a Milano, in 50 anni, non ha mai avuto un amministratore condannato per reati gravi contro la pubblica amministrazione»[52].
Il 23 marzo Chiesa inizia a confessare svelando ai pubblici ministeri dell'inchiesta Mani Pulite il complesso sistema di tangenti che coinvolgono i dirigenti milanesi del PSI[53]. Craxi, fiducioso che il crollo della DC sia imminente, organizza una massiccia campagna elettorale, puntando alla presidenza del Consiglio.
Il 6 aprile l'intero Quadripartito del governo Andreotti VII esce dalle urne con un clamoroso 48,8%. Il PSI, dal canto suo, passa dal 14,3 al 13,5%, ma a Milano c'è già un crollo di oltre 5 punti (dal 18,6 al 13,2%)[54]. «Un piccolo calo» commenta Craxi «rispetto alla crisi dei partiti di governo». In virtù di questo, Craxi chiede la guida del nuovo governo, per poter portare «l'Italia fuori dal caos». Ma il nuovo Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro rifiuta di concedere incarichi ai politici vicini agli inquisiti. Craxi è costretto a farsi da parte; al suo posto viene nominato il socialista Giuliano Amato.
Dal maggio 1992 Mani Pulite era però ormai una questione nazionale, tanto da spingere Craxi il 3 luglio 1992 alla Camera, durante il discorso di fiducia al governo Amato I, a chiamare in correità tutto il Parlamento dichiarando «spergiuro» chi avesse negato di non aver fatto ricorso al finanziamento illecito dei partiti[55]. Il giuramento cui sfidò tutto il Parlamento non fu raccolto da nessuno[56], ma fu per anni sentito come un silenzio ipocrita. Secondo Gerardo D'Ambrosio il discorso craxiano fu «onesto»[57], mentre il silenzio altrui era dovuto al fatto che «in quel periodo gli altri partiti speravano di farla franca, anziché affrontare il problema lasciarono Craxi solo»[58]. Per Piero Ostellino il discorso conteneva anche un appello "all’etica della responsabilità"[59], un appello che "non è stato colto, per opportunismo e per viltà, ieri; non è colto, per conformismo e per incultura, oggi"[60]. Secondo Piero Fassino, in quell'occasione «non c’è dubbio che ci fu un silenzio assolutamente reticente e ambiguo da parte di tutta la classe politica davanti al discorso che Craxi fece alla Camera e nel quale disse con parole crude che il problema del finanziamento illegale non riguardava soltanto il PSI ma l’intero sistema politico»[61].
In un corsivo sull'Avanti! – firmato con il consueto pseudonimo "Ghino di Tacco" – attaccò[62] gli inquirenti e Di Pietro: "non è tutto oro, quello che luccica". Questo attacco, cui fece seguito il giudizio riferito da Rino Formica circa il "poker d'assi" che Craxi aveva mostrato in una direzione del suo partito sul conto di Di Pietro, non riuscì ad emanciparsi dall'impressione che Craxi difendesse se stesso non con i fatti, ma con vaghe teorie "complottistiche", volte a chiamare a raccolta sostenitori politici che non vennero mai allo scoperto[63].
L'impotenza politica di Craxi[64] si accentuò quando la situazione processuale precipitò a causa della sua chiamata in correità da parte della magistratura milanese, fino a quel momento solo adombrata: il 15 dicembre 1992 Craxi ricevette il primo degli avvisi di garanzia della Procura di Milano[65].
Il sentimento anticraxiano esplose nel Paese: "fu un autentico contagio di massa, un meccanismo accusatorio" nel quale "non passava giorno senza che Craxi incontrasse per strada giovinastri che gli gridavano «Ladro!» mostrandogli i polsi incrociati. Nacque una specie di ritualità” nella pubblica riprovazione, tanto che un giorno "il sosia televisivo Pier Luigi Zerbinati si nascose in un´auto per paura di essere scambiato per Craxi"[66].
Il 23 marzo 1993 gli avvisi di garanzia - tutti per episodi circostanziati di corruzione e finanziamento illecito di partito - erano diventati undici[67], ma già l'11 febbraio 1993 Craxi si era visto costretto a dimettersi dalla segreteria del PSI[68].
[modifica] L'ultima difesa parlamentare e la contestazione pubblica
Il nuovo governo ebbe vita tormentata fin dagli inizi. Poco dopo l'avviso a Craxi una "pioggia di avvisi di garanzia" cadde sulle teste dei principali leader politici nazionali. Il PSI venne travolto dalle inchieste; la sua dirigenza fu letteralmente decimata e perse la guida del governo dopo la mancata firma del presidente Scalfaro al decreto Conso che mirava ad una "soluzione politica" depenalizzando il finanziamento illecito ai partiti.
Craxi stesso ricevette una ventina d'avvisi di garanzia e dopo aver accusato la Procura di Milano di muoversi dietro "un preciso disegno politico", si presentò alla Camera il 29 aprile del 1993 e in un famoso discorso tuonò: "Basta con l'ipocrisia!"; tutti i partiti –secondo Craxi– si servivano delle tangenti per autofinanziarsi, anche quelli "che qui dentro fanno i moralisti". La sua linea di difesa fu incentrata sulla tesi secondo cui i finanziamenti illeciti sarebbero stati necessari alla vita politica dei partiti e delle loro organizzazioni per il mantenimento delle strutture e per la realizzazione delle varie iniziative; il suo partito non si sarebbe discostato da questo generale comportamento[69] e, quindi, più che dichiarare sé stesso innocente, Craxi giungeva a sostenere che egli era colpevole né più né meno di tutti gli altri[70].
Il 29 aprile 1993, la Camera dei deputati negò l'autorizzazione a procedere nei suoi confronti provocando l'ira dell'opinione pubblica e facendo gridare allo scandalo numerosi quotidiani. Nella stessa aula, seguirono momenti di tensione, con i deputati della Lega e dell'MSI che gridavano "ladri" ai colleghi che avevano votato a favore di Craxi. Alcuni ministri del governo Ciampi si dimisero in segno di protesta.
Il 30 aprile in tutt'Italia si svolsero manifestazioni di dissenso: a Roma circa 200 giovani dell'istituto Einstein sostarono in piazza Colonna scandendo slogan contro governo e Parlamento; un altro centinaio protestarono davanti alla sede del PSI in via del Corso; un terzo gruppo, proveniente dal liceo Mamiani, percorse in corteo il centro storico soffermandosi anch'esso davanti alla sede del PSI venendo però disperso dalle forze dell'ordine. Ci furono anche una manifestazione del Movimento Sociale Italiano nella galleria Colonna - seguita da un incontro stampa del segretario Gianfranco Fini per sottolineare l'impossibilità di tenere in vita questo parlamento - ed un'altra dimostrazione, tenuta in serata per iniziativa del PDS, la cui riunione di segreteria era stata per l'occasione sospesa. Diverse migliaia di persone si radunarono in piazza Navona per ascoltare i discorsi del segretario del PDS Occhetto, di Rutelli e di Ayala: essi tutti avevano incitato i presenti a protestare contro il voto parlamentare a favore di Craxi. Un piccolo corteo, organizzato dalla Lega Nord, sfilò infine da piazza Colonna al Pantheon. In coincidenza con la fine del comizio tenutosi a Piazza Navona, una folla invase Largo Febo e attese Craxi all'uscita dell'hotel Raphael, l'albergo che da anni era la sua dimora romana.
Quando Craxi uscì dall'albergo, i manifestanti lo bersagliarono con lanci di oggetti, insulti e soprattutto monetine e cantilene irridenti[71]. Con l'aiuto della polizia, Craxi riuscì a salire sull'auto e poi lasciò l'hotel. Quest'episodio, ritrasmesso centinaia di volte dai TG, viene preso come simbolo della fine politica di Craxi.[72]. Egli stesso definì quanto aveva subito "una forma di rogo" in una intervista a Giuliano Ferrara trasmessa su Canale 5[73].
[modifica] La fuga ad Hammamet, la latitanza e la morte
Nel corso del 1993 ed a seguito della sua testimonianza al processo Cusani emersero sempre più prove contro Craxi: con la fine della legislatura e l'abolizione dell'autorizzazione a procedere, si fece sempre più vicina la prospettiva di un suo arresto. Il 15 aprile 1994, con l'inizio della nuova legislatura in cui non era stato ricandidato, cessò il mandato parlamentare elettivo che aveva ricoperto per un quarto di secolo e, di conseguenza, venne meno l'immunità dall'arresto. Il 12 maggio 1994 gli venne ritirato il passaporto per pericolo di fuga[74], ma era già troppo tardi perché Craxi, si seppe solo il 18, era già in Tunisia[75] ad Hammamet, protetto dall'amico Ben Alì; già il 5 maggio era stato avvistato a Parigi[76]. Il 21 luglio 1995 Craxi sarà dichiarato ufficialmente latitante[77]. La fuga all'estero del leader socialista fu percepita dall'opinione pubblica come un tentativo di sottrarsi all'esecuzione delle condanne penali inflittegli[78].
Dalla latitanza in Tunisia, con fax e lettere aperte, Craxi continuò a commentare le vicende della politica italiana, perseverando nelle accuse rivolte al PDS e ai giudici di Mani Pulite. Si soffermò anche su alcuni suoi ex sodali, come Giuliano Amato, da lui dipinto come il becchino, in alcuni dei quadri, della cui pittura si dilettò nella parte finale della sua vita. Dall'estero, assistette alla fine del PSI, con la divisione dei suoi maggiori esponenti, confluiti in parte nel Polo delle Libertà, in parte nell'Ulivo.
Ormai minato, affetto da cardiopatia, gotta e da molti anni malato di diabete, affetto da tumore ad un rene, Bettino Craxi morì, da latitante il 19 gennaio del 2000 per un arresto cardiaco. L'allora presidente del Consiglio e leader dei Democratici di Sinistra Massimo D'Alema propose le esequie di Stato, ma la sua proposta non fu accettata né dai detrattori di Craxi né dalla famiglia stessa di Craxi, che accusò l'allora governo di avere impedito al leader socialista di rientrare in patria per sottoporsi a un delicato intervento presso l'ospedale San Raffaele di Milano.
Il funerale di Craxi ebbe luogo a Tunisi e vide una larga partecipazione della popolazione autoctona. Ex militanti del PSI e altri italiani giunsero in Tunisia per rendere l'ultimo saluto al loro leader. Le precedenti vicende dell'epoca Mani Pulite, ancora vicine, non erano dimenticate dalla folla di socialisti giunta fuori la cattedrale della città tunisina e la delegazione del governo D'Alema, formata da Lamberto Dini e Marco Minniti, venne bersagliata da insulti e da un lancio di monete che voleva rappresentare la simbolica restituzione di quanto ricevuto con l'episodio all'Hotel Raphael[79].
La sua tomba è orientata in direzione dell'Italia[80].
[modifica] Giudizio storico ed accertamenti giudiziari
[modifica] Il "craxismo" tra revisione "estetica" e rivoluzione modernista
Nella storiografia più recente è stato evidenziato "il nesso che Craxi riuscì a stabilire tra la modernizzazione in atto nella società italiana e la necessità di operare una modernizzazione sia nei partiti sia nelle istituzioni. Questa modernizzazione egli la interpretò, sembra giustamente, nel senso di un rafforzamento della leadership sia all'interno dei partiti sia nell'apparato decisionale con una stabilizzazione ed un consolidamento del ruolo del capo del governo. Al primo aspetto si legò lo sforzo di plasmare la struttura socialista in senso «leggero» e progressivamente deideologizzato: un partito agile adatto ad una «guerra per bande», come lo avrebbe definito nel 1987 Gaetano Arfé. Al secondo appartenne una prassi di governo che accentuò molto il ruolo personale e certi elementi di decisionismo appartenuti alla personalità del leader socialista"[81]. Il lato negativo del craxismo è che indubbiamente, più di quanto già facevano i partiti concorrenti, accentuò la necessità di procurare risorse al partito per procurare consensi tramite convegni, manifestazioni, ecc. in cui tutte le spese erano a carico del partito; ma ancor più grave fu la deliberatta politica di espansione del deficit pubblico per aumentare il benessere immediato dei cittadini, lasciando il conto da pagare alle generazioni future.
Sul mutamento introdotto da Craxi nella politica e nella società italiana, vi è chi ha sottolineato come, al di là delle estremizzazioni mediatiche, il craxismo abbia "lanciato" una generazione di giovani di cui, ancora a vent'anni di distanza e dagli opposti fronti degli schieramenti parlamentari, le istituzioni e la gestione della cosa pubblica ancora si avvalgono[82]. Ma il quesito storiografico è se questa spinta modernizzatrice abbia avuto anche un valore in sé, oltre all'emersione di una nuova generazione di politici e di amministratori[83]. Secondo alcuni[84] gli anni di Craxi “sono il frutto di quell'idea di moderno in cui l'individualismo senza princìpi si sostituisce alle solidarietà tradizionali in crisi”, di cui quel governo seppe solo accelerare la “destrutturazione” senza sostituirvi nuovi valori. Secondo altri[85], invece, “Craxi interpreta le domande di dinamicità di una società che cambia e chiede alla politica di stare al passo”, a differenza di chi vedeva “nei cambiamenti un'insidia, anziché un'opportunità”; la teoria - elaborata da Craxi insieme con Claudio Martelli - dei «meriti e bisogni», "che fu contrapposta all'egualitarismo delle culture politiche allora vigenti, ha fatto da apripista a quella meritocrazia della quale - almeno a parole - oggi nessuno riesce a prescindere"[86].
Certo è che dagli anni ottanta parole d'ordine come "governabilità" e "decisionismo" - dopo la deriva degli anni settanta, in cui ogni forma di autorità era osteggiata come potenziale fonte di autoritarismo - sono state successivamente invocate da destra e da sinistra per proporre un approccio modernistico all'organizzazione del sistema-Paese. Vi è stato però chi ha sottovalutato l'apporto ideale di tale approccio, rilevando che esso andava incontro ad una pulsione già presente nella politica italiana negli anni cinquanta ed all'epoca soddisfatta dall'interventismo in economia del primo Fanfani e dalle ricette solidaristiche e stataliste dei morotei; Craxi avrebbe soltanto "aggiornato" le soluzioni offerte dalla politica degli anni ottanta, sposando un moderato liberismo economico più in voga nell'epoca di Reagan e Thatcher. Da ciò la spiegazione della competizione senza quartiere che si scatenò tra PSI craxiano e sinistra DC per oltre un decennio, vista come deleteria dalla parte più tradizionalista del Paese che vi leggeva il pericolo di un riformismo foriero di un tracollo delle strutture-partito su cui si fondava la democrazia italiana del dopoguerra[87].
Come arma di tattica politica, volta a spezzare il connubio tra democristiani di sinistra e partito comunista che negli anni settanta aveva compresso lo spazio di manovra del PSI, abbandonò la delimitazione dei rapporti politici all'"arco costituzionale": ricevette Almirante nelle consultazioni di governo[88] e consentì all'elezione di un deputato del partito di destra ad un organo parlamentare di garanzia[89]. Vi è stato chi, vent'anni dopo, ha ritenuto di leggere da tutto ciò un'apertura politica alla destra, anticipando lo "sdoganamento" di Fini da parte di Berlusconi nel "discorso di Casalecchio" del 1993[90]. Eppure, una testimonianza circa il ruolo consulenziale che avrebbe svolto Craxi nel 1993 nei confronti dell'ingresso in politica di Silvio Berlusconi, esclude che nel suo disegno fosse coinvolta la destra post-fascista[91].
Quali che fossero destinati ad essere i suoi orientamenti tattici dopo la rovinosa caduta degli anni novanta, la sua formazione personale e politica restava strategicamente di sinistra: per tutti gli anni ottanta l'attenzione per il progresso sociale e le conquiste sociali della sinistra non fu da lui abbandonata[senza fonte], se è vero che, ancora vent'anni dopo, Massimo D'Alema indicava in Craxi uno dei due soli leader di partiti di sinistra che abbiano assunto la carica di capo del Governo nei 148 anni dall'Unità d'Italia[92]; analoga posizione ha assunto Piero Fassino[93].
[modifica] Le sentenze di condanna
Craxi è stato condannato con sentenza passata in giudicato a:
Per tutti gli altri processi in cui era imputato (alcuni dei quali in secondo o in terzo grado di giudizio), è stata pronunciata sentenza di estinzione del reato a causa del decesso dell'imputato.
Fino a quel momento Craxi era stato condannato a:
Craxi fu anche rinviato a giudizio il 25 marzo 1998 per i fondi neri Montedison [101] e il 30 novembre 1998 per i fondi neri Eni[102].
Le prove sulla base delle quali furono emesse le prime sentenze di condanna della vicenda giudiziaria di Craxi, secondo alcuni autori, si incaricheranno di smentire due dei suoi principali assunti difensivi. Il primo era quello secondo cui i reati erano stati compiuti solo per eludere le forme di pubblicità obbligatoria del finanziamento dei partiti, e non in contraccambio di atti amministrativi: in un caso (sentenza ENI-SAI) la sua condanna definitiva fu per corruzione [103], e non solo per finanziamento illecito di partito (ciò spiega l'insistenza dei suoi eredi nell'attaccare la procedura di quella sentenza dinanzi alla Corte di Strasburgo).
Il secondo era quello secondo cui i proventi dei reati contestatigli era destinato al partito e non a fini personali; varie sentenze - non passate in giudicato solo per il decesso dell'imputato - sostennero in motivazione che Craxi aveva utilizzato parte dei proventi delle tangenti (circa 50 miliardi di lire) per scopi personali (Finanziamento del canale televisivo GBR di proprietà di Anja Pieroni, acquisto di immobili, affitto di una casa in Costa Azzurra per il figlio)[104]; durante le indagini (dopo un fallito tentativo di far rientrare tali proventi in Italia, bloccato dal nuovo segretario del Psi Ottaviano Del Turco) Craxi li versò sul conto di un prestanome, Maurizio Raggio [105].
La lettura di un uso privato dei fondi, ancora assai ricorrente, fu sostenuta da Vittorio Feltri all'epoca dei fatti, ma è stata dallo stesso abbandonata più di recente[106] venendo così sostanzialmente a coincidere con quanto sempre sostenuto dai familiari circa l'esistenza di conti segreti ascrivibili al solo PSI[107]. Distinguendo tra movente e comportamenti, uno dei giudici del pool anticorruzione di Milano, Gerardo D'Ambrosio, sostenne in proposito: «La molla di Craxi non era l'arricchimento personale, ma la politica»[108].
[modifica] I ricorsi a Strasburgo contro le sentenze di condanna
Il 5 dicembre 2002 la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ha emesso una sentenza che condanna la giustizia italiana per la violazione dell'articolo 6 paragrafo 1 e paragrafo 3 lettera d (diritto di interrogare o fare interrogare i testimoni) della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo in ragione dell'impossibilità di «contestare le dichiarazioni che hanno costituito la base legale della condanna», condanna formulata «esclusivamente sulla base delle dichiarazioni pronunciate prima del processo da coimputati (Cusani, Molino e Ligresti) che si sono astenuti dal testimoniare e di una persona poi morta (Cagliari)». Tuttavia, la Corte ha rilevato anche che i giudici, obbligati ad acquisire le dichiarazioni di questi testimoni dal codice di procedura penale, si sono comportati in conformità al diritto italiano. Per quanto riguarda gli altri ricorsi valutati (diritto ad un equo processo, diritto di disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie alla difesa) la corte non ha rilevato violazioni. Per la violazione riscontrata la corte non ha comminato nessuna pena, in quanto ha stabilito che «la sola constatazione della violazione comporta di per sé un'equa soddisfazione sufficiente, sia per il danno morale che materiale».[109]
La Corte ha emesso una seconda sentenza il 17 luglio 2003, questa volta riguardante la violazione dell'articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata). La Corte ha rilevato infatti che «lo Stato italiano non ha assicurato la custodia dei verbali delle conversazioni telefoniche né condotto in seguito una indagine effettiva sulla maniera in cui queste comunicazioni private sono state rese pubbliche sulla stampa» e che «le autorità italiane non hanno rispettato le procedure legali prima della lettura dei verbali delle conversazioni telefoniche intercettate». Come equa soddisfazione per il danno morale, la Corte ha elargito un risarcimento di 2000 € per ogni erede di Bettino Craxi.[110]
[modifica] Eredità politica
La forte personalità di Bettino Craxi incise in tal modo sulla strutturazione stessa del PSI da determinarne, dopo la sua uscita di scena e anche a causa delle inchieste di Tangentopoli, il rapido e repentino disfacimento.
Oggigiorno, molti esponenti socialisti già a lui fedeli hanno aderito a Forza Italia, il partito dell'amico Silvio Berlusconi (tra gli altri, la figlia Stefania, Fabrizio Cicchitto, Giulio Tremonti, Maurizio Sacconi, Renato Brunetta, Franco Frattini), altri sono andati a sinistra, aderendo prima ai Socialisti Italiani e successivamente al partito dei Socialisti Democratici Italiani, guidato da Enrico Boselli (tra cui Ugo Intini e Ottaviano Del Turco; quest'ultimo poi ha aderito al Partito Democratico), o confluendo nei DS (la Federazione Laburista di Valdo Spini e i Riformatori per l'Europa di Giorgio Benvenuto). Anche la corrente di maggioranza della CGIL (oggi vicina al Partito Democratico) è stata guidata da un ex-craxiano, Guglielmo Epifani; socialista era anche il giurista del diritto del lavoro Marco Biagi, poi assassinato dalle Nuove Brigate Rosse.
Altro partito erede della politica craxiana è il Nuovo PSI, che vede nelle sue file uno dei più importanti esponenti socialisti degli anni ottanta, Gianni De Michelis, già ministro degli esteri; tuttavia, De Michelis e Bobo Craxi, figlio secondogenito di Bettino, a seguito di un infuocato congresso celebratosi verso la fine del 2005 si sono contesi con reciproche contestazioni la guida del partito, con strascichi anche giudiziari.
L'oggetto del contendere furono le alleanze politiche: Bobo Craxi intendeva far entrare il Nuovo PSI, che finora ha appoggiato i governi berlusconiani, nell'Unione di centrosinistra, mentre De Michelis, pur concordando nel ridiscutere il rapporto con Berlusconi, si era dichiarato contrario a questa alleanza; anche Stefania Craxi, in contrapposizione con Bobo, si è fermamente opposta ad un passaggio nella coalizione prodiana. Tuttavia Bobo Craxi ha fondato una sua lista in appoggio della coalizione dell'Ulivo, denominata I Socialisti. L'anno successivo, però, anche De Michelis ha abbandonato il centro-destra, per avvicinarsi, seppur brevemente e criticamente, al centro-sinistra.
Recentemente molti craxiani hanno aderito alla Costituente Socialista di Enrico Boselli, volta a ricostituire il PSI, che ha sancito la rinascita del Partito Socialista, seppur in forma ridotta, rispetto quello dell'epoca craxiana.
A parte queste contese strettamente partitiche, l'eredità politica di Craxi è oggi contesa da parte del centrosinistra (oltre che dal rinato Partito Socialista Italiano, da numerosi esponenti del Partito Democratico, alcuni dei quali provenienti dal PSI craxiano), ma anche dal Popolo della Libertà (centro-destra).
Nel libro Segreti e Misfatti, scritto dal suo fotografo personale e amico fidato fino agli ultimi giorni tunisini Umberto Cicconi, si scoprono molti retroscena curiosi ma anche di grande interesse politico, storico ed umano.
Sempre lo stesso anno, la pubblicazione del libro di Bruno Vespa, L'Amore e il Potere, contenente anche gossip su Craxi e le sue presunte amanti, ha provocato la reazione del figlio Bobo, che ha definito il carattere del libro "particolarmente odioso".[111]
[modifica] La Fondazione Craxi
|
« La mia libertà equivale alla mia vita » |
|
(Epitaffio della tomba di Bettino Craxi)
|
La Fondazione Craxi è una fondazione nata il 18 maggio 2000 allo scopo di tutelare la personalità, l'immagine, il patrimonio culturale e politico di Bettino Craxi attraverso la raccolta di tutti i documenti storici che riguardino la sua storia politica. Principale animatrice è la figlia Stefania Craxi, attualmente deputato del gruppo Misto. La sede principale è a Roma, mentre un'altra importante sede si trova ad Hammamet, in Tunisia, luogo dove è sepolto Bettino Craxi.
Tra le attività della fondazione vi è la costituzione e valorizzazione dell'"Archivio Storico Craxi", costituito riunendo documenti conservati in diversi luoghi (Milano, Roma, Hammamet), costituiti essenzialmente da corrispondenza, memorie, discorsi, articoli, interviste, atti processuali.
L'obiettivo generale è quello di "riabilitare" la figura dello statista italiano coinvolto nei processi di Mani Pulite e di riqualificarne l'importanza storica nonostante le svariate condanne penali riportate.
La fondazione figura anche come organizzatrice di convegni e mostre inerenti alla vita e all'attività politica di Bettino Craxi, cui affianca anche un'attività editoriale.
[modifica] Riconoscimenti
A seguito del ricorrente tentativo di conseguire un atto ufficiale che esprima una condivisione pubblica dell'operato del personaggio[112], si apre periodicamente il dibattito sull'opportunità o meno di intitolare in Italia una strada al leader socialista. Ad una disamina condotta nel dicembre 2009, risultano i toponimi "piazza Bettino Craxi" nei comuni di Grosseto e Lissone[113] e "via Bettino Craxi" in quelli di Valmontone, Lecce, Botrugno, Marano Marchesato e Scalea[114].
Nella città di Aulla (provincia di Massa e Carrara) nel 2003 per iniziativa dell'allora sindaco Lucio Barani era stata eretta anche una statua di Craxi, oltre ad intitolargli una piazza[115].
Il governo tunisino ha provveduto, il 19 gennaio 2007, in occasione del settimo anniversario della sua morte, a intitolargli una via. Il 15 gennaio 2007 in un comune laziale di 2.500 anime, Sant'Angelo Romano, a 20 chilometri da Roma, l'amministrazione di centrodestra guidata dal sindaco Angelo Gabrielli, ex socialista, ha inaugurato una piazza all'ex leader socialista.
Per quanto riguarda le grandi città, violente polemiche hanno frenato la decisione toponomastica: sette anni dopo la sua morte aveva preso avvio il progetto di intitolare una strada di Roma a Bettino Craxi. La decisione è stata presa la prima volta dal sindaco della Capitale Walter Veltroni[116], in accordo con la sua giunta di centro-sinistra, e poi ribadita dal nuovo sindaco Alemanno. Nel 2009 identica proposta è stata avanzata dal sindaco di Milano Letizia Moratti, portando ad una manifestazione di protesta, svoltasi il 9 gennaio 2010 in piazza Cordusio, durante la quale Beppe Grillo e Antonio di Pietro hanno arringato gli oltre cento partecipanti.[117]
- Per alcuni anni, dai suoi detrattori, fu soprannominato il "Cinghialone", dopo esser stato così definito in un articolo di Vittorio Feltri sul quotidiano L'Indipendente; più raffinatamente Indro Montanelli, sul Giornale, nel giorno delle sue dimissioni da segretario del PSI, lo definì un "imano", volendo intendere forse la parola imam,[118] dandogli quindi il senso di un dignitario/satrapo orientale. Matt Frei[119] afferma che nella Roma politica il suo epiteto sarebbe stato il "Maestro", in quanto padrone delle mille tattiche utili alla strategia politica che lo aveva posto al centro della vita nazionale per oltre un decennio.
- Nella polemica su Tangentopoli era comune in quel periodo storico sentire definito Craxi come "ladrone" detentore di un tesoro da Ali Baba[120]. Rispetto a questo tipo di definizioni - la cui ampia diffusione nell'opinione pubblica sfugge oramai ad un giudizio solo processuale, essendo la forma di percezione pubblica di un giudizio storico - più eleganti appaiono i richiami storici ricercati da autori di più auliche similitudini. Ad esempio, Francesco De Gregori lo definì Nerone in una sua canzone[121].
- Craxi usò lo pseudonimo Ghino Di Tacco, epiteto datogli da Eugenio Scalfari, per firmare articoli anonimi sul giornale Avanti![122]. A volte il nome fu storpiato dagli avversari in Ghigno Di Tacco, in riferimento presunto all'espressione facciale di Craxi. Giorgio Forattini, che allora lavorava per la Repubblica, il giornale diretto da Scalfari, storpiò a sua volta questo soprannome in Benito di Tacco, perché era solito rappresentare Craxi in camicia nera e stivali, per via dei suoi modi "da Duce".
- Socialismo e realtà, Milano, Sugar & C., 1973.
- Soldado amigo, Milano, Studio Tecno Service, 1973.
- Nove lettere da Praga, Milano, Sugar & C., 1974.
- Socialismo da Santiago a Praga, Milano, Sugar & C., 1976.
- Costruire il futuro, Milano, Rizzoli, 1977.
- Lotta politica, Milano, SugarCo, 1978.
- Pluralismo o leninismo, Milano, SugarCo, 1978.
- Uscire dalla crisi costruire il futuro. Relazione e replica al XLI congresso Torino 29 marzo-2 aprile 1978, Roma, Aesselibri, 1978.
- L'Internazionale socialista, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1979.
- Prove. Marzo 1978 - gennaio 1980, Milano, SugarCo, 1980.
- La campagna di primavera, Milano, Biblioteca rossa, 1980.
- Un passo avanti, Milano, SugarCo, 1981.
- Il riformismo socialista italiano, vol. 8, Il rinnovamento socialista, Venezia, Marsilio, 1981.
- Rinnovamento socialista per il rinnovamento dell'Italia. Relazione e replica al XLII congresso Palermo 22-26 aprile 1981, Roma, Aesselibri, 1981.
- Turati e Pertini. Discorso del segretario del Psi al convegno storico internazionale "Filippo Turati e il socialismo europeo" Milano, dicembre 1982, Roma, Calanchini, 1982.
- Cento anni dopo, Milano, Biblioteca rossa, 1982.
- Cristianesimo e socialismo, Padova, Marsilio, 1983.
- Tre anni, Milano, SugarCo, 1983.
- Ignazio Silone, la via della verità. Testo integrale del discorso del Presidente del Consiglio, Pescina, 2 dicembre 1984, Roma, Edizioni del garofano, 1984.
- L'Italia liberata, Milano, SugarCo, 1984.
- Il rinnegato Silone, Roma, Edizioni del garofano, 1984.
- Una società giusta una democrazia governante. Relazione e replica al XLIII congresso Verona 11-14 maggio 1984, Roma, Aesselibri, 1984.
- Il progresso italiano, 2 voll., Milano, SugarCo, 1985-1989.
- E la nave va, Roma, Edizioni del garofano, 1985.
- L'Italia che cambia. Viaggi e discorsi di Bettino Craxi 1983-1985, Milano, SugarCo, 1985.
- Il nuovo ruolo di pace di un'Italia sempre più integrata nell'economia mondiale, Roma, Edizioni Avanti, 1985.
- La cultura dello sviluppo. Quattro anni di ripresa nella stabilita di governo attraverso i discorsi alla Fiera del Levante, Bari, Laterza, 1986.
- Fiducia nell'Italia che cambia, Roma, Edizioni Avanti, 1986.
- Misura per misura. Ricordo di una tragedia, Roma, Edizioni Avanti, 1986.
- Cresce l'Italia, Milano, SugarCo, 1987.
- L'Italia che cambia e i compiti del riformismo. Relazione e replica al XLIV congresso Rimini 31 marzo-5 aprile 1987, Roma, Aesselibri, 1987.
- Una responsabilita democratica, una prospettiva riformista per l'Italia che cambia. Relazione introduttiva del segretario del PSI al XLIV Congresso. Rimini, 31 marzo - 5 aprile 1987, Roma, Edizioni Avanti, 1987.
- Per il socialismo e per il progresso dell'Italia. Discorso di chiusura del XLIV Congresso del PSI Rimini 5 aprile 1987, Roma, Edizioni Avanti, 1987.
- Un'onda lunga. Articoli, interviste, discorsi. Gennaio-dicembre 1988, Milano, SugarCo, 1988.
- La politica socialista. Discorsi, articoli, interviste giugno 1987 - febbraio 1988, Roma, Aesselibri, 1988.
- Una prospettiva d'avvenire. Articoli, interviste, discorsi. Gennaio-dicembre 1989, Roma, Aesselibri, 1989.
- Al lavoro per il mondo più povero, Milano, Fiorin, 1990.
- Pagine di storia della libertà, Firenze, Le Monnier, 1990.
- Per il bene comune, Roma, Aesselibri, 1990.
- Il caso C., Milano, Giornalisti editori, 1994.
- Il caso C., (parte seconda), Milano, Giornalisti editori, 1995.
- Il caso Cagliari, Milano, Giornalisti editori, 1995.
- Capitolo finale, Milano, Giornalisti editori, 1995.
- Garibaldi a Tunisi, Tunis, Med ed., 1995.
- Il finanziamento della politica, Milano, Giornalisti editori, 1996.
- Rosso giallo nero sporco e grigio, Milano, Giornalisti editori, 1996.
- Guerra d'Africa, Milano, Giornalisti editori, 1997.
- Memoria numero 1. Per una Commissione parlamentare di inchiesta su Tangentopoli, Milano, Giornalisti editori, 1998.
- Quattro anni di governo, Milano, Giornalisti editori, 1998.
- La Rivoluzione di Milano. Un cittadino di Porta romana, Milano, Giornalisti editori, 1998.
- Ghino di Tacco. Gesta e amista di un brigante gentiluomo, Roma, Koine Nuove edizioni, 1999.
- Sempre qualcosa di nuovo dall'Africa, Brescia, Edizione Di la dal fiume e tra gli alberi, 1999.
- Craxi. Un artista tra dada e pop art, Roma, Cosmopoli, 2000.
- Fax dall'esilio, Roma, L'Avanti!, 2001.
- Pace nel Mediterraneo, Venezia, Marsilio, 2006.
- Discorsi parlamentari, 1969-1993, Roma, GLF editori Laterza, 2007.
- Passione garibaldina, Venezia, Marsilio, 2007.
[modifica] Opere su Bettino Craxi
- ^ "Craxi ha rappresentato una delle grandi personalità di questo Paese e nella sinistra italiana probabilmente è stato il leader che ha avuto più frecce al proprio arco": Peppino Caldarola, Un innovatore chiamato Bettino Craxi, Il Tempo, 19 gennaio 2009, p. 1.
- ^ Lettera del Presidente Napolitano alla signora Craxi nel 10º anniversario della scomparsa di Bettino Craxi, su ((http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=9612)). Sulle conseguenze di tale scelta, è stato scritto che "Craxi non è stato né un esule, né un martire ma un segretario di partito e uomo di Stato che ha scelto di trasferirsi in una bella e assolata residenza tunisina per sfuggire al giudizio della magistratura evitando, quindi, di fornire spiegazioni su comportamenti che continuano ad ammorbare la vita politica italiana. Non è, tra l'altro, neanche detto che se avesse accettato di farsi processare, come avrebbe potuto e dovuto, sarebbe stato condannato. Forse, se avesse avuto il buonsenso di comportarsi come tutti gli altri cittadini, sarebbe uscito dalla sporca vicenda che lo ha riguardato a testa alta e, anzi, avrebbe potuto servirsene per rilanciare quella “grande riforma” che, meglio e più di altri, sarebbe stato in grado di realizzare. Ha, invece, sbagliato sottraendosi alla giustizia ed ha fatto del male a sé e agli altri." (Craxi fuori dal mito, di Francesco Pullia, consultato su «Notizie radicali», ((http://www.radicali.it/newsletter/view.php?id=151932&numero=12890&title=DOWNLOAD)).
- ^ Milano-Hammamet, viaggio di sola andata - [ Il Foglio.it › La giornata ]
- ^ La Stampa, 15/1/2010, Spunta il Craxi anti-Pinochet. Vi si legge che Francesco Cossiga rivelò in una intervista a Raisat Extra: «A un certo punto gli dissi: caro Bettino, io so a chi è andata una fetta di denari prodotti dal finanziamento.... E lui, davanti al caminetto, me lo ricordo con la coperta, mi rispose: “Io non posso mischiare le mie vicende giudiziarie con grandi cause di libertà e di liberazione”».
- ^ Giorgio Galli, I partiti politici italiani (1943-2004), Nuova edizione aggiornata, BUR, 2001.
- ^ "Il Vangelo Socialista", articolo pubblicato su "L'espresso" nell'agosto 1978
- ^ Parisi, Eugenio, e Joseph Reggimenti, "The socialist alternative in Italy", in: Potomac Review, 1983 (00912573), n. 24/25, pp. 20-47.
- ^ ((http://archiviostorico.gazzetta.it/2000/gennaio/20/Improvvisa_morte_Craxi_presidente_del_ga_0_0001204355.shtml))
- ^ «Corriere della Sera» (23 ottobre 2007. p. 15): "Nel 1984 il patto di Craxi con la Chiesa"
- ^ "Lo strenuo braccio di ferro, che il Pci gli impose intorno al decreto sul costo del lavoro, rivelò al dunque, cioè quando si giunse al referendum del giugno 1985, che Craxi era stato capito dal Paese e che la maggioranza dei lavoratori lo aveva seguito. Fu l'apogeo della sua fortuna politica": cfr. Lucio Colletti, "Craxi, da leader a grande accusato", su «Corriere della Sera» (12 febbraio 1993. p. 4).
- ^ «Il maggior successo repubblicano è stato probabilmente l'annuncio, nel gennaio '87, sotto il governo Craxi, del quinto posto raggiunto tra i Paesi industrializzati del mondo, davanti alla Gran Bretagna»: così Giano Accame, "La storia della Repubblica vista da destra", su «Corriere della Sera», 25 ottobre 2000
- ^ Evoluzione del debito pubblico - Studio Ambrosetti
- ^ Marco Travaglio, Bettino nostro che sei nei cieli, dal Passaparola del 5 gennaio 2009
- ^ Sandro Brusco, Le conseguenze economiche di Bettino Craxi, noiseFromAmeriKa.org, 20 gennaio 2010
- ^ DECRETO-LEGGE 19 DICEMBRE 1984, n. 853, su ((http://www.italgiure.giustizia.it/nir/1984/lexs_107032.html))
- ^ DECRETO-LEGGE 23 APRILE 1985, n. 146, su ((http://www.italgiure.giustizia.it/nir/1985/lexs_108077.html))
- ^ Oltre alle piccole emittenti, si segnalarono interventi di autorevoli costituzionalisti (Branca, Bonifacio, Beria d'Argentine, Roppa).
- ^ Atti parlamentari, Camera dei deputati, seduta del 31 gennaio 1985.
- ^ a b Lettera del Presidente Napolitano alla signora Craxi nel 10º anniversario della scomparsa di Bettino Craxi, su ((http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=9612)).
- ^ Testimonianza del Presidente Napolitano alla cerimonia in occasione del centenario della nascita di Norberto Bobbio, Torino, 15/10/2009, consultabile su ((http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Discorso&key=1662)).
- ^ Cecchini Marco, "Lira pesante. piaceva a Craxi e Amato, finì nel cestino", in «Corriere della sera», 21 marzo 1993, p. 18.
- ^ così Alfredo Pieroni, Dizionario degli italiani che contano, Milano, Sperling & Kupfer, 1986, dove si ricorda anche l'assai più fredda reazione della platea nel congresso precedente
- ^ Così il vicepresidente degli imprenditori Franco Matteri, che sosteneva che la favorevole congiuntura economica in cui s'era collocato il governo Craxi dopo il decreto di San Valentino era "un'occasione che deve essere assolutamente utilizzata dal governo per un programma di politica economica di medio e di lungo periodo. Un programma vero, capace di correzioni profonde e di interventi strutturali, capace di forzare lo sviluppo e di ridare competitività all'azienda Italia che invece mostra segni inequivocabili di degrado. A partire dalla spaventosa situazione del deficit pubblico, dall'ennesimo buco nei conti dell'Inps, dell'alto costo del denaro per le imprese, dal peggioramento della bilancia commerciale" ("La Confindustria a Craxi 'bisogna governare l'economia'", su «La Repubblica», 11 luglio 1985, p. 37).
- ^ Massimo Pini, I giorni dell'Iri, Mondadori, 2000, pp. 51 e segg.
- ^ Cfr. "Consulto tra Craxi e Delors sui grandi mali dell'Europa", su «La Repubblica», 12 gennaio 1985, p. 8.
- ^ Nonostante questo trattato contenesse "in nuce" la fine della politica economica di debito pubblico su cui si era fondata la Prima repubblica, compreso il quindicennio di governi a partecipazione socialista: cfr. p. 17 de «Il Corriere della Sera» di giovedì 14 gennaio 2010, in cui Salvatore Bragantini ricorda che “tutti i Paesi dell'Eurozone a alto debito sono condizionati dai vincoli di Maastricht, svuotare i quali vorrebbe dire silurare l'Euro. Non è loro preclusa solo la leva della politica monetaria, anche lo spazio per quella fiscale si fa impervio, non c'è una lira, i soldi (pochi) vengono spessi per pagare gli interessi sul debito e quindi non c'è trippa per tagliare le tasse. Si può giostrare solo a parità di gettito e la manovra è limitata dalle norme dell'Unione Europea, per esempio per l'Iva. In questo frangente, cosa fare in concreto per restare un grande Paese, senza farsi pian piano relegare nella serie inferiore? Un'opinione pubblica disinformata potrebbe reagire prendendosela con l'Europa, mentre in realtà ce la dobbiamo prendere con noi stessi e, soprattutto, con chi oggi celebra Craxi.”
- ^
"L'occasione mancata della sinistra italiana" di Ugo Intini, consultato il 4/11/2009 su ((http://www.partitosocialista-mc.org/2009/11/loccasione-mancata-della-sinistra.html)); lo stesso Intini spiega anche che "i tedeschi, con accanto il muro di Berlino e una opinione pubblica in parte attratta dallo slogan “meglio rossi che morti”, chiarirono che, se un solo grande Paese avesse vacillato e negato l'installazione dei missili, la Germania si sarebbe tirata indietro e quindi non se ne sarebbe fatto nulla. (...) L'Italia fu subito vista come l'anello debole, il “grande Paese europeo” che avrebbe potuto dire di no (...) L'anello debole dell'Alleanza Atlantica, l'Italia, era vicino a spezzarsi e si sarebbe spezzato senza la resistenza imprevista,testarda e durissima condotta dal Partito Socialista di Craxi. L'Italia alla fine installò i missili e così fecero pertanto tutti i Paesi europei.". Sull'importanza - anche a livello interno - della vicenda, v. Mammì, Oscar e Antonio Carioti, "Resta fondamentale lo strappo con l'URSS", Ventunesimo Secolo 1 (March 2002), n. 1, pp. 215-220.
- ^ "Ma tenero è il governo", su «La Repubblica», 27 ottobre 1989, p. 2: "la linea del governo italiano (...) quando si tratta della Libia, è sempre incline ad una prudenza, per non dire una condiscendenza, che ha già sollevato in passato perplessità e critiche non solo in Italia, ma anche all'estero".
- ^ Data da Abdel-Rahman Shalgam, ministro degli esteri della Libia, a margine del convegno italo-libico alla Farnesina del 30 ottobre 2008, e confermata in una recente intervista da Andreotti, allora ministro degli Esteri, in Andreotti e il ministro libico confermano "Craxi avvertì Gheddafi del bombardamento Usa" da Repubblica.it, vedere anche Corriere della Sera, che include riferimenti a precedenti rivelazioni nello stesso senso del senatore Sdi Cesare Marini.
- ^ Proposta da Cesare Marini nell'intervista a Il Riformista del 4/19/2003.
- ^ Loren Jenkins, “Libyan missile fire protested by Italy”, «The Washington Post», April 16, 1986, p. A23.
- ^ Come ammesso dal generale di Squadra Aerea Basilio Cottone, che ha dichiarato "so con certezza che non venimmo nemmeno avvisati del raid contro Tripoli. Ricordo la sorpresa quella notte quando i nostri radar scoprirono gli aerei diretti in Libia": "Il generale Cottone: mai arrivati missili a Lampedusa", intervista di Clara Salpietro del 20 settembre 2005 su Pagine di Difesa
- ^ Anzi, dando per scontato che si trattasse di una "finta consultazione", in cui l'inviato americano era seduto ad ascoltare le opinioni degli alleati quando "ogni cosa era decisa ed ormai irreversibilmente decisa": «L'Avanti», 16 aprile 1986, "Cose incredibili". Il corsivo, firmato G.d.T., è conservato in fotocopia nel Fondo Bettino Craxi dell'Archivio storico del Senato della Repubblica ed è censito come riconducibile alla penna di Craxi (Sezione I, Serie 8: Articoli e altri scritti; Sottoserie 1: Articoli pubblicati sull'«Avanti!»; Sottosottoserie 1: Corsivi a firma Ghino di Tacco; UA 1: "G. di T. 1986").
- ^ «La Repubblica», 31 ottobre 2008, p. 19.
- ^ «Corriere della sera», 4 ottobre 1996, «Roma intervenne e in una notte Parigi perse la Tunisia»
- ^ F. Martini, "Nome in codice: Ulisse": nel diciottesimo capitolo si legge, di Craxi e del suo ministro degli esteri: «Entrambi i politici si comportarono, a mio avviso, con grande abilità. Su loro direttive, noi del Servizio facemmo la nostra parte, la più importante proponendo una soluzione soddisfacente per tutti. E così la successione di Bourghiba avvenne con un trasferimento di poteri tranquillo e pacifico. L'unica vittima fu un capo Servizio europeo che ci rimise la poltrona perché al suo governo non piacque la nostra soluzione»
- ^ La sera dopo la dichiarazione a Mixer persino Gianni Letta - giornalista collaterale alla Democrazia cristiana tra quelli giudicati meno ostili a Craxi - lo attaccò in televisione durante una Tribuna politica; alla domanda di Letta sulla slealtà in politica, riferita ai recentissimi eventi, Craxi replicò duramente: "se lei allude a questo anche lei è un insolente": cfr. Giusy Arena, Filippo Barone, Gianni Letta. Biografia non autorizzata, Editori Riuniti, p. 83.
- ^ Alla Camera il deputato Giovanni Russo Spena fece entrare la definizione, risalente ad Eugenio Scalfari, negli atti parlamentari: "Siamo di fronte (...) ad un bivio importante, a suo modo storico per il nostro paese: siamo di fronte alla crisi di governabilità, al reinsediamento al centro delle istituzioni e della società della leadership dorotea della democrazia cristiana. Siamo di fronte (...) alla sopravvenuta inefficacia della rendita di posizione esercitata per dieci anni dal partito socialista; una rendita di posizione in termini di partito e nello stesso tempo di stabilità governativa e di un movimentismo teso a ricondurre i movimenti della società dentro la camicia di ferro della totalizzante dimensione istituzionale" (Atti Parlamentari, X LEGISLATURA, Camera dei deputati - DISCUSSIONI - Assemblea, SEDUTA DELL'8 MAGGIO 1989, pagina 32834). Sulla natura tattica di tale conflittualità, non compensata da uno sfondamento nell'elettorato di sinistra ancora rappresentato dal PCI, cfr. Daniels, Philip A., "The end of the Craxi Era? The italian parliamentary Elections of June 1987", in Parliamentary Affairs 41, no. 2 (April 1988), pp. 258-286.
- ^ "Mi riferisco in particolare al tema centrale del rapporto fra produzione ed ambiente e delle relative scelte quotidiane, a quello della radicalità della critica ecologica al meccanismo di sviluppo" così il citato intervento del deputato Giovanni Russo Spena (Atti Parlamentari, X LEGISLATURA, Camera dei deputati - DISCUSSIONI - Assemblea, SEDUTA DELL'8 MAGGIO 1989, pagina 32834).
- ^ "Si tratta di un'ulteriore forma di espressione della partitocrazia integrale (...): occorre prima conquistare la maggioranza all'interno del proprio partito, (...) e quindi assumerne il controllo, per poter poi giungere al controllo di Palazzo Chigi. Si vuole in sostanza configurare una forma di accesso alla leadership istituzionale attraverso meccanismi partitici. Questa vicenda è vissuta da ciascuno di noi all'interno del proprio partito, ma è certo portata alle estreme conseguenze nei partiti della maggioranza : la leadership nazionale, l'individuazione del Premier, è definita da accordi tra i partiti di maggioranza. È un sistema che assomma in sé i difetti presenti nel sistema di Gabinetto ed in quello parlamentare. Il primo, come è noto configura una primazìa del Governo in Parlamento, che non deriva da un confronto elettorale; il secondo è invece gravato di tutti i vizi di assemblearismo e consociativismo che conosciamo. Ebbene, si tratta di eliminare questi difetti, non di sommarli!" (intervento del deputato Franco Russo alla Camera, in Atti Parlamentari, X LEGISLATURA, Camera dei deputati, Assemblea, DISCUSSIONI - SEDUTA DEL 28 SETTEMBRE 1988, p. 19537).
- ^ La posizione era quella del relatore socialista Cardetti, come descritta da intervento del deputato Franco Russo alla Camera, in Atti Parlamentari, X LEGISLATURA, Camera dei deputati, Assemblea, DISCUSSIONI - SEDUTA DEL 28 SETTEMBRE 1988, pagina 19537).
- ^ intervento del deputato Franco Russo alla Camera, in Atti Parlamentari, X LEGISLATURA, Camera dei deputati, Assemblea, DISCUSSIONI - SEDUTA DEL 28 SETTEMBRE 1988, pagina 19537.
- ^ intervento del deputato Franco Russo alla Camera, in Atti Parlamentari, X LEGISLATURA, Camera dei deputati, Assemblea, DISCUSSIONI - SEDUTA DEL 28 SETTEMBRE 1988, pagina 19537, che proseguiva: "Per evitare la consociazione e l'assemblearismo, voi esalterete il momento decisionale interno alle segreterie dei partiti. L'estensione del voto palese, infatti, toglierà l'ultimo diaframma che esiste tra le istituzioni e i partiti.".
- ^ Gianni Riotta, "Sconfitto dalla guerra fredda. La morte di Bettino Craxi", in «La Stampa», 21 gennaio 2000
- ^ Dalla prefazione di Antonio Ghirelli al libro di Paolo Pillitteri "Quando Benedetto divenne Bettino" (Spirali, 2008)
- ^ Claudio Petruccioli, "Rendiconto", Il Saggiatore, 2001, pp. 4-5.
- ^ "Signori, si scende: tutti, a partire dal macchinista": intervento di Martelli al LXII congresso del PSI.
- ^ a b "Io, la sinistra e i meriti di Craxi", Intervista a Giuliano Amato, di Giancarlo Bosetti, «Reset» 22 agosto 2000.
- ^ Luigi Covatta sul suo ultimo libro "La legge di Tocqueville. Come nacque e morì la riforma della prima Repubblica italiana" (Edizioni Diabasis)
- ^ FATICOSO ACCORDO A MILANO SULLA NUOVA GIUNTA PILLITTERI
- ^ PILLITTERI: 'GIUDICATEMI FRA 3 MESI'
- ^ "Chiesa ha ricattato anche noi"
- ^ Mani pulite, anno zero
- ^ PSI. Un crollo annunciato sulla scia degli ultimi scandali. L'onda lunga del garofano ambrosiano perde quasi sei punti
- ^ Craxi: spergiuro chi nega le tangenti
- ^ La cosa emerse anche al processo Cusani, come rilevato da L. Musella, "Questione morale" e costruzione pubblica di un giudizio nei processi ai politici degli anni Novanta, in Memoria e ricerca, fasc. 32, annata 2009: quando il pubblico ministero chiese all'indagato di reato connesso Craxi se, dopo le sue dichiarazioni alla Camera, si fosse alzato qualcuno a smentirlo, egli rispose: In quel momento non si è alzato nessuno! (tratto da A. Pamparana, Il processo Cusani, Milano, Mondadori, 1994, pp. 133-137).
- ^ E D'Ambrosio a sorpresa su Craxi: nessuna prova di arricchimento personale
- ^ Il leader del Garofano in Aula disse: la politica si finanzia così. E tutti tacquero
- ^ «Un finanziamento irregolare o illegale al sistema politico, per quante reazioni e giudizi negativi possa comportare e per quante degenerazioni possa aver generato, non è e non può essere considerato un esplosivo per far saltare un sistema, per delegittimare una classe politica, per creare un clima nel quale di certo non possono nascere né le correzioni che si impongono né un’opera di risanamento efficace, ma solo la disgregazione e l’avventura»: tratto da Giorgio Fedel, «Tre discorsi politici – Frammenti di etica della responsabilità», Rubbettino.
- ^ Secondo Ostellino, da ciò derivano "due pregiudizi che ancora avvelenano la vita del Paese. Il primo, che dalla nascita della Repubblica l’Italia sia stata governata da mariuoli e che il solo partito immune da responsabilità politiche, e giudiziarie, fosse il Pci che traeva i propri finanziamenti dall’Urss, nemica del sistema di alleanze internazionali dell’Italia. Il secondo pregiudizio è che la magistratura possa risolvere un problema che è solo politico: quello dei costi, e del finanziamento, della politica, cioè dei rapporti fra società civile e società politica in un sistema di mercato e capitalistico". Cfr. Piero Ostellino, Tangentopoli che cosa resterà, Corriere della sera, 21 gennaio 2010.
- ^ "Bettino fu un capro espiatorio"
- ^ L'Avanti, 23 agosto 1992.
- ^ "Turati, Nenni e il poker d' assi di Bettino Craxi", Repubblica — 23 dicembre 2002, pagina 19.
- ^ Il ceto politico, a differenza di quanto era avvenuto nel 1974 con la legge sul finanziamento pubblico dei partiti dopo il primo scandalo dei petroli, si sentì troppo screditato, coinvolto o in pericolo per percorrere la stessa strada, cui conduceva il discorso politico di Craxi: l'affacciarsi di responsabilità personali dei massimi leader politici ostò alla stessa soluzione ("Se l'uscita da Tangentopoli deve coincidere con un cambiamento, allora non può che avvenire attraverso la punizione di chi ha violato la legge e la costruzione di un nuovo sistema basato sulla legalità": Corriere della Sera, "Il giudice dello scandalo petroli: non ripetiamo certi errori", 1 marzo 1993 - Pagina 4).
- ^ In diciotto pagine le accuse a Craxi
- ^ Filippo Ceccarelli, "Oggi a destra si fa finta di niente ma allora tutti braccavano Bettino", Repubblica — 10 febbraio 2005-pagina 25, consultabile alla URL ((http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2005/02/10/oggi-destra-si-fa-finta-di-niente.html)). L'episodio fu ripreso da Pingitore nel film Ladri si nasce, in cui Zerbinati interpreta se stesso scambiato per Craxi sorpreso libero per strada e destinatario degli insulti degli astanti.
- ^ Nuovi avvisi: Citaristi 21 Craxi 11, entra Mensurati
- ^ Craxi getta la spugna, PSI spaccato
- ^ A questa categoria la sua difesa ascrisse anche la maxi-tangente ENIMONT: al processo Cusani essa fu da Craxi definita la "maxi-palla" sia per le dimensioni (che contestò, e che poi tutti i politici ridimensionarono defalcando dal totale loro addebitato le somme restituite da Cusani e Bonifaci) sia per il titolo in virtù del quale fu percepita (che sostenne trattarsi non di corruzione ma di finanziamento illecito di partito); pur dissentendo da tale ricostruzione, il p.m. Di Pietro dopo l'interrogatorio di Craxi sostenne che la sua sincerità "confessoria" giustificava il mancato esercizio di uno stringente controinterrogatorio.
- ^ Vi è però chi nel discorso vide anche una profonda valenza politica:"Il suo testamento finale, quel discorso parlamentare dedicato a Mani Pulite, lo vede proteso a chiedere ai partiti uno scatto di autocritica e di orgoglio che avrebbe risparmiato all'Italia tante false rivoluzioni e tante sofferenze": Peppino Caldarola, Un innovatore chiamato Bettino Craxi, Il Tempo, 19 gennaio 2009, p. 1.
- ^ Parte dei dimostranti, sventolando banconote da 50 o 100 mila lire, intonavano in coro "Vuoi pure queste? Bettino vuoi pure queste?" sull'aria della canzone "Guantanamera".
- ^ Video Bettino Craxi - Hotel Raphael - 30 aprile 1993
- ^ CRAXI, DAGLI SCHERMI TV L' ULTIMA SFIDA AL PAESE - Repubblica.it » Ricerca
- ^ "Può fuggire, via il passaporto a Craxi"
- ^ "Bettino è a Tunisi, ha avuto un infarto" "Sta proprio male, è sottoposto ad accertamenti però non ha perso il buon umore" "Qui abbiamo un sacco di amici medici, ottimi specialisti di scuola francese"
- ^ E CRAXI SBARCA A PARIGI. La cosa fu poi confermata dal suo fido autista Umberto Cicconi, secondo cui in quei giorni Craxi si trovava a Cap Ferrat, nell'appartamento preso in affitto qualche mese prima: "...infatti, prima di Hammamet il suo esilio doveva essere Parigi, perché sembrava che la Francia lo avrebbe accolto. Del resto, non c'era motivo di dubitarne, dato che chiunque in passato vi aveva sempre trovato asilo per motivi politici, persino in relazione ad accuse di terrorismo." (SEGRETI E MISFATTI - GLI ULTIMI VENT'ANNI CON CRAXI - RICORDI DI UMBERTO CICCONI, Sapere 2000 edizioni multimediali)
- ^ Adesso è ufficiale Craxi "latitante"
- ^ Come dimostra, ancora a molti anni dai fatti, il dibattito svoltosi sul punto nel consiglio comunale di Verdellino: cfr. ((http://www.comune.verdellino.bg.it/docs.war/interventi_delib_14.pdf))
- ^ Craxi, l'ultimo saluto. Contestati governo e giudici, articolo de La Repubblica del 22 gennaio 2000
- ^ E. Esposito, "Il vento di Hammamet, gelido dall'Italia", consultabile su ((http://www.calnews.it/index.php?option=com_content&task=view&id=1617)).
- ^ Ragusa, Andrea, "BIOGRAFIE POLITICHE. CRAXI E BERLINGUER NELL'ITALIA DEGLI ANNI SETTANTA E OTTANTA", in Contemporanea: Rivista di Storia dell'800 e del '900, 11, no. 4 (Ottobre 2008): 771-777.
- ^ Giovanni Orsina, articolo su Il Mattino del 18 agosto 2008, p. 1.
- ^ Come sostenuto in "Il ritorno dei socialisti sulla ribalta politica fenomeno a tempo o segno di conservazione?" Intervista di Vassily Sortino a Bianca Turando, su Ateneonline (www.ateneonline-aol.it) 7 luglio 2004; vi si legge che per la storia della vita politica italiana il governo Craxi del 1983 "ha rappresentato il tentativo di modernizzazione dell'Italia. Una modernizzazione almeno su tre direttrici. La prima era quella di sviluppare gli elementi liberalsocialisti che erano insiti nel sistema politico italiano. Il secondo era modernizzare lo stato italiano, avendo come modello le democrazie avanzate europee. Terzo, Bettino Craxi tentò di far compiere al paese il passaggio da una democrazia ancora molto poco sviluppata a una democrazia moderna e più vicina ai modelli europei"
- ^ Intervista a Paolo Franchi di Luciano Violante, Corriere della Sera, 25 luglio 1996, pagina 6
- ^ Piero Fassino "Per passione", 2003; cfr. anche Walter Veltroni, il 15 luglio 2009, in occasione della presentazione del libro di Stefano Rolando "Una voce poco fa. Politica, comunicazione e media nella vicenda del Psi dal 1976 al 1994", secondo cui Craxi «interpretò meglio di ogni altro uomo politico come la società italiana stava cambiando (...) decise che bisognava cambiare gioco, porre la sinistra di fronte al problema di una nuova leadership (...) in politica estera ci fu l'episodio di Sigonella ma anche la scelta di tenere l'Italia nella sfera occidentale, senza intaccare autonomia e dignità del Paese»: ((http://www.corriere.it/politica/09_luglio_15/Garibaldi_veltroni_berlinguer_b06da232-7107-11de-b1fb-00144f02aabc.shtml))
- ^ Mario Ajello, "Bettino, pioniere della seconda Repubblica" su Il Mattino del 19 gennaio 2010.
- ^ S. Bonsanti, CRAXI E LA SINISTRA DC? 'GOLLISTI', Repubblica — 26 giugno 1990, pagina 7. Vi si legge, tra l'altro, di un fondo de "Il Popolo" in cui si accusa la sinistra DC di aver appoggiato il referendum elettorale ("Al fine di ostacolare il presidenzialismo di Craxi scrive Bertoldo i promotori del referendum non hanno trovato di meglio che invocare una repubblica gollista e lavorano in questa direzione con uno zelo acefalo che ricorda il cieco determinismo delle api operaie. Chi ci salverà, chiede Bertoldo, da un' operazione che vede affiancati Occhetto e Pininfarina, Pannella e padre Sorge, Il Giornale e la Repubblica?") e Craxi di volere un "presidente della Repubblica con i poteri dell'esecutivo (...). Conclude Bertoldo: Se non è zuppa è pan bagnato".
- ^ "Non ritenne di dover discriminare nessuno, e decise di consultare, quando formò il suo primo governo, anche il segretario del Msi Almirante, e fu la prima volta che accadeva": Mauro Del Bue, Il socialismo liberale da Rosselli a Craxi, su ((http://www.kore.it/archivio/forum8/0000215f.htm))
- ^ onorevole Enzo Trantino, presidente della Giunta delle elezioni della Camera dei deputati nella X legislatura.
- ^ "Craxi, non a caso, è solo un amico personale del presidente del Consiglio che in pratica ha il solo merito di averlo anticipato nello sdoganamento della destra”: Ernesto Galli Della Loggia, Le ombre del passato, Corriere della sera, 30 marzo 2009
- ^ Ezio Cartotto, Operazione Botticelli. Gestione di un incubo: nasce Forza Italia, Feltrinelli ed., 2003, dichiara che nel 1993 Craxi - pure incredibilmente aperto alla partecipazione della Lega di Bossi, nonostante un decennio di scontri furiosi - avrebbe concluso (sulla possibile adesione del MSI-DN di Fini, almeno al Sud) con la tassativa affermazione: "Silvio, con i fascisti mai".
- ^ Intervista di Massimo D'Alema a Crozza Italia live del 30 novembre 2008, sulla emittente televisiva "La7", in cui il politico democratico indica sé stesso e Craxi come gli unici Capi del Governo che furono leader di partiti di sinistra.
- ^ La Stampa, "Bettino fu un capro espiatorio", 31/12/2009, in cui Fassino ha tra l'altro dichiarato: «Craxi è stato un politico della sinistra, nel solco della storia del socialismo riformista. Ha rivitalizzato il Psi, ha intuito prima di altri quanto l'Italia avesse bisogno di una modernizzazione economica ed istituzionale, su questo sfidò due grandi forze come la Dc e il Pci ed avvertendo il rischio di non farcela, non sfuggì alla tentazione di un'alleanza con i poteri forti, come la P2 di Gelli, terreno sul quale è maturata la degenerazione e la corruzione».
- ^ "Craxi corrotto": 5 anni e mezzo di carcere
- ^ Mm: condanna a Craxi confermata in Cassazione
- ^ Finanziamenti a Craxi, Berlusconi condannato
- ^ All Iberian, Craxi e Berlusconi non punibili
- ^ Enel, Greganti condannato per corruzione
- ^ Craxi, condanna annullata
- ^ Enimont: sconto di pena a Craxi e Martelli
- ^ Fondi neri: 56 a giudizio tra politici e manager
- ^ Fondi neri Eni, 17 a processo
- ^ Marco Travaglio, Bettino nostro che sei nei cieli da Passaparola del 5 gennaio 2009
- ^ Sentenza di condanna di Bettino Craxi nel processo All Iberian da parte del Tribunale di Milano
- ^ La sentenza della Corte d'appello 8 febbraio 2005, che confermava la condanna di Raggio per riciclaggio e ricettazione di proventi patrimoniali illeciti, precisa che tali proventi discendevano solo da violazione della legge sul finanziamento illecito dei partiti e non da corruzione: ciò pur sostenendo che "l'elargizione di finanziamenti occulti ai partiti politici ha alterato il leale svolgimento della dialettica democratica violando la norma penale e certo non allevia la lesione l'osservazione per cui non ci sarebbe stato nulla di male se i finanziamenti fossero stati “autorizzati”, ossia dichiarati e registrati". Sotto il profilo della politica del diritto, la tematica è stata sviluppata da un intervento parlamentare del senatore Felice Besostri: "ha un senso voler distinguere, di fronte alla commissione di un reato, se questo ha portato all'arricchimento personale o meno; ma (...) mentre l'arricchimento personale è soggetto alla riprovazione sociale dei cittadini e perciò è un fenomeno destinato a non essere contagioso e quando uno viene colpito incontra anche il consenso per il fatto di essere punito, il finanziamento illecito senza arricchimento personale, magari per fini nobilissimi, è circondato invece da una considerazione tutto sommato positiva, perlomeno sul piano etico, viene considerato che quell'individuo ha svolto quell'attività ma non lo ha fatto per sé bensì per una causa superiore. Ma allora, siccome non sono separabili i canali della corruzione e gli strumenti, proprio l'esistenza di chi si è fatto corrompere o ha costituito uno dei canali per un illecito finanziamento di cause nobili rappresenta la copertura, la garanzia, l'usbergo di chi invece all'interno di quel sistema si arricchisce personalmente. In ogni caso, poi, questo fatto, rendendo accettabile il finanziamento illecito, impedisce che ci sia una reazione nei confronti della sua repressione e non si possono distinguere i canali" (Senato della Repubblica, legislatura 13º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 787 del 02/03/2000, intervento del senatore Felice Besostri).
- ^ Editoriale su Libero del 19 dicembre 2008, secondo cui "i tangentocrati della Prima Repubblica rubavano per il partito, mentre questi di oggi rubano per la propria tasca".
- ^ Corriere della sera, 12 gennaio 2010, «Mio padre Craxi e quei fondi del Psi», intervista ad Aldo Cazzullo di Stefania Craxi, secondo cui «Il tesoro di Craxi è una maxi-balla. Non è mai esistito. Esisteva il "tesoro" del partito: i conti esteri del Psi. Mio padre non se n'era mai occupato. Dopo la morte di Vincenzo Balzamo, l'amministratore, la sua segreteria comunicò a Bettino i numeri di alcuni conti esteri del Psi, quelli che supponevano lui conoscesse: i conti del partito di Milano. Quindi solo una piccola parte del totale, visto che nel partito c'erano ras e correnti e ognuno badava a se stesso. Mio padre mandò la busta al nuovo segretario, Giorgio Benvenuto. Che gliela rimandò indietro. Lo stesso fece il successore di Benvenuto, Ottaviano Del Turco. A quel punto Craxi passò i riferimenti a persone di cui pensava di potersi fidare (...) Raggio, e altri. Mal gliene incolse. Ma mio padre era un uomo solo. In quel clima di intimidazione, era facile commettere errori. E anche lui ne commise». Già secondo il Corriere della sera, 14 luglio 2008, "si parlò di una busta con i conti esteri, consegnata al nuovo segretario e strappata. «A Del Turco — racconta Bobo Craxi — fu fatto sapere che, come tutti i partiti "leninisti", anche il nostro aveva munizioni nascoste in caso di guerra. Insomma, risorse altrove da usare per le calamità; e la calamità era arrivata. Lui rispose che non voleva saperne».".
- ^ La Stampa, 16/1/2010 "I socialisti del dopo Psi divisi anche ad Hammamet".
- ^ Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Strasburgo) CASO CRAXI contro ITALIA (n. 2) (op. cit.)
- ^ Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (Strasburgo) CASO CRAXI contro ITALIA (n.1) (op. cit.)
- ^ Bobo Craxi attacca Vespa: "Il gossip postumo è odioso" - LASTAMPA.it
- ^ Tentativo contraddittorio con la posizione della signora Anna Craxi, la coniuge del defunto che rifiuta di presenziare ad ogni commemorazione pubblica in Italia (Corriere della sera, 14 gennaio 2010, «Tra me e Bettino una promessa: il suo corpo non tornerà mai in Italia») e che respinse il massimo atto ufficiale che si tributa ad un defunto, l'offerta dei funerali di Stato avanzata dal Consiglio dei ministri della Repubblica italiana. La spiegazione di tale posizione probabilmente riposa nelle parole di Antonio di Pietro, secondo cui "i finti e gli ipocriti festeggiamenti per Craxi" oggi gli sarebbero tributati soprattutto da "quelli che ieri lo criticavano e lo tradirono" (cfr. [1]).
- ^ A Lissone una piazza «Bettino Craxi» - Milano
- ^ ((http://www.corriere.it/politica/09_dicembre_30/craxi-via-polemiche_9225e69a-f55a-11de-8621-00144f02aabe.shtml))
- ^ ((http://www.repubblica.it/online/politica/hammamet/aulla/aulla.html))
- ^ ((http://www.ilgiornale.it/interni/craxi_e_roma_veltroni_dedico_via/02-01-2010/articolo-id=410659-page=0-comments=1))
- ^ "No a Via Craxi", manifestazione a Milano
- ^ Spesso confuso con la parola araba imān, che invece vuol dire "fede".
- ^ Matt Frei, «Italy. The unfinished revolution», Sinclair-Stevenson
- ^ Merlo Francesco, A ciascuno il suo Craxi, Corriere della Sera, 1 luglio 1996, p. 1.
- ^ La canzone "La ballata dell'Uomo Ragno" canta a suo riguardo: "è solo il capobanda ma sembra un faraone, ha gli occhi dello schiavo e lo sguardo del padrone,si atteggia a Mitterrand ma è peggio di Nerone". Va anche notato che a distanza di 15 anni, De Gregori - la cui canzone "Viva l'Italia" accompagnò suo malgrado i congressi del PSI per tutto il quindicennio di gestione craxiana - afferma che "se ripenso a Craxi credo che intellettualmente sia molto superiore a tanti politici di oggi" Edmondo Berselli. E De Gregori riabilita Craxi "Era superiore ai politici di oggi". la Repubblica, 4 novembre 2006. URL consultato in data 16-11-2007.
- ^ L'uso dello pseudonimo di ascendenze storiche piacque anche a Giovanni Spadolini, che pubblicò a sua volta alcuni interventi firmati Giovanni dalle Bande Nere.
- ^ Film inchiesta del 1963 di cui Craxi fu sceneggiatore e soggettista e Pillitteri regista; fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia di quell'anno.
- ^ La Mia Vita è Stata una Corsa (2008), di Paolo Pizzolante - CinemaItaliano.info
- ^ Gianni Pennacchi, «Hammamet»: la tragedia teatrale che riabilita Craxi, Il Giornale, 27/11/2008
- ^ Vitaliano Trevisan, «Una notte in Tunisia», Giulio Einaudi Editore, 2011
- ^ Pietro Carubbi, «La seconda vita di Bettino Craxi», 2012
- Giancarlo Galli, Benedetto Bettino, Milano, Bompiani, 1982.
- Antonio Ghirelli, L'effetto Craxi, Milano, Rizzoli, 1982.
- Craxi in prima pagina. L'occhio della stampa sul governo a guida socialista, Milano, La biblioteca rossa, 1984.
- Ugo Intini, Tutti gli angoli di Craxi, Milano, Rusconi, 1984.
- Guido Gerosa, Craxi. Il potere e la stampa, Milano, Sperling & Kupfer, 1984.
- Giuseppe Montalbano, Craxi. Democrazia e riformismo, Palermo, s.n., 1984.
- Eugenio Scalfari, L'anno di Craxi. O di Berlinguer?, Milano, A. Mondadori, 1984.
- Paola Desideri, Il potere della parola. Il linguaggio politico di Bettino Craxi, Venezia, Marsilio, 1987.
- Gianni Statera, Il caso Craxi. Immagine di un presidente, Milano, A. Mondadori, 1987.
- Gino Pallotta, Craxi il leader della grande sfida. L'irresistibile ascesa di un abile segretario, d'uno stratega fine e spregiudicato che, tra meriti, contraddizioni e asprezze di un carattere decisionista, ha dato al suo partito un nuovo ruolo sulla scena politica italiana, Roma, Newton Compton, 1989.
- Italo Pietra, E adesso Craxi, Milano, Rizzoli, 1990.
- Alberto Benzoni, Il craxismo, Roma, Edizioni associate, 1991.
- Paolo Ciofi, Franco Ottaviano, Il fattore Craxi. Dalla prima elezione a segretario agli anni di Cossiga, Roma, Datanews, 1992.
- Antonio Padellaro, Giuseppe Tamburrano, Processo a Craxi, Milano, Sperling & Kupfer, 1993.
- Elio Veltri, Da Craxi a Craxi, Roma, Laterza, 1993.
- Massimo Franco, Hammamet, Milano, A. Mondadori, 1995; Milano, Baldini & Castoldi, 2000.
- Enzo Lo Giudice, Processo a Craxi. Una sentenza annunciata, Milano, Giornalisti editori, 1995.
- Francesca Di Martino, Briganti. Autobiografia immaginaria di Bettino Craxi, Repubblica di San Marino, Aiep, 1999.
- Massimo Emanuelli, Bettino. Adieu monsieur le president, Milano, Greco & Greco, 2000.
- Arturo Gismondi, La lunga strada per Hammamet. Craxi e i poteri forti, Milano, Bietti, 2000.
- Ugo Intini, Craxi, una storia socialista, Roma, MondOperaio, 2000.
- Umberto Cicconi, Craxi. Una storia, s.l., Fondazione Craxi, 2001.
- Enzo Catania, Bettino Craxi. Una storia tutta italiana, Novara, Boroli, 2003.
- Bobo Craxi, Gianni Pennacchi, Route el Fawara. Hammamet, Palermo, Sellerio, 2003.
- Ugo Finetti, Il socialismo di Craxi, Milano, M & B Publishing, 2003.
- Massimo Pini, Craxi. Una vita, un'era politica, Milano, Mondadori, 2006.
- Andrea Spiri (a cura di), Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale, Venezia, Marsilio, 2006.
- Simona Colarizi et al., La cruna dell'ago. Craxi, il Partito Socialista e la crisi della Repubblica, Bari, Laterza, 2006.
- Edoardo Crisafulli, Le ceneri di Craxi, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2008.
- Massimiliano Perrotta, Hammamet, Mineo, Sikeliana, 2010.
- Andrea Spiri (a cura di), Bettino Craxi, il riformismo e la sinistra italiana, Venezia, Marsilio, 2011.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Altri progetti
[modifica] Collegamenti esterni