Indie For BUNNIES

…poi mi sono deciso: ho preso quel vecchio avvitatore impolverato che riposava nel cassetto e mi sono infilato i guanti da lavoro. Ho soppalcato con un paio di tavole una parte della coscienza e sopra al legno ho disposto ordinatamente alcune sensazioni che appartengono a storie ormai logore e buie. Barattoli pieni di sugo compresso. Emozioni passate (in tutti i sensi). Poi il telefono si è messo a squillare. Ho sollevato la cornetta. Una voce dall’altro capo chiedeva se mi ero dimenticato di lei. Non ancora, gli ho risposto, ma non preoccuparti verrà il giorno. E ho messo giù. Ho immaginato di fumare e ho ascoltato il disco di questa band svedese. Se parli con Dio chiedigli se vuole che io faccia ritorno finalmente a casa. Chiediglielo, perché io ancora non sono sicuro di certe cose. Ancora non so come soffierà il vento da qui a domani. Chiedi a lui perché io non so più niente. Mi concentro: giri semplici. Romanticismo di base. Il fatto tangibile di aver pianto sangue e miele è piuttosto ricorrente dentro questo ep. Ogni accordo sembra avere dentro un’anima sofferente e malinconica. Cosa sta pensando adesso Danny McNamara? Si sente forse chiamato in causa perché ha un concorrente che scrive ballate al pianoforte belle quanto le sue… . Ok è pop. Non siamo qui per ingannare nessuno. Niente di particolarmente sconvolgente. Lo avrete sentito miliardi di volte forse, eppure è come se fosse la prima in assoluto, perché è il vostro cuore a dettare i battiti e le emozioni. Il cuore. Non il cervello. Vi ritorna in mente il romanticismo di Fran Healy (“Sparrow”) e tutti quei pomeriggi vissuti in slow-motion (con buona pace di Aldo Biscardi) mentre il sole tramonta e voi siete ancora lì, seduti fuori a pensare che la vita è proprio strana per questo o quell’altro motivo. Mettetevi i guanti da lavoro e soppalcate qualche angolo rimasto scoperto nei confronti dei ricordi.
Band Site
Waiting For The Light To Find Us [EP] [ Fat Cat - 2006 ] - BUY HERE
Similar Artist: Okkervil River, Antony And The Johnsons, David Gray
Rating:
1. Wake
2. All Hearts Fail
3. Lovers Trial
4. Sparrow
5. Union Falls
6. Between What
He’s Saying And
What He Regrets
Diffidate dalle etichette!!!
Il più delle volte confondono invece di semplificare, allontanano invece di indurre ad una più approfondita conoscenza…
Tempo fa qualcuno gettò i Cursive nel calderone del genere ‘emo’, personalmente non amando suoni ed emozioni proprie di questo stile avevo pensato bene di girare alla larga dalle produzioni di questa band.
Poi improvvisamente mi sbattono sotto il naso un lavoro come “Happy Hollow” ed è forte la sensazione che in tutti questi anni, senza una valida ragione, mi sia perso qualcosa.
Ripeto sono completamente all’oscuro di quanto i Cursive abbiano realizzato nella loro lunga carriera (senza contare raccolte ed EP vari questo è il sesto lavoro in studio), ma sono pronto a scommettere che questo “Happy Hollow” oltre a rappresentare il loro apice musicale risulterà essere uno dei migliori dischi dell’anno in corso.
Sgombriamo subito il campo da spiacevoli equivoci : ci troviamo al cospetto di 4 ragazzi profondamente complicati. Lo dimostrano quattoridici tracce nate con la tipica impostazione indie-rock, letteralmente sconvolte e rielaborate con piglio del tutto originale.
Repentini cambi di ritmo (complice questa volta anche un’intera sezione di fiati) in parentesi che raramente superano i 3 minuti, imponenti impennate rock ora dall’inclinazione punk ora dall’anima blues, e poi sparsi qua e là influenze musicali di varia e assolutamente controllata provenienza.
“Retreat!” è infilata da intromissioni di sax nelle quali finisce per sciogliersi in un tripudio jazzy, “Bad Science” è funk eretto a colpi di riff di chitarra, “The Sunks” è la new wave rivisitata da trentenni cresciuti a skateboard e punk-rock, così come l’incantevole “In The Fold” porta con sé i tratti inconfondibili del dream-pop di miglior fattura.
Ficcando il naso nella loro biografia, salta fuori che i nostri sono di Omaha (una delle scene musicali più vivaci degli ultimi anni), che sono uno dei gruppi di punta dell’ottima label Saddle Creek , nonché amici di vecchia data di un certo Conor Oberst a.k.a. Bright Eyes, con il quale condividono side-project ed ospitate varie. A questo punto il cerchio si chiude, gli elementi a nostra disposizione sono tutti….diffidate dalle etichette e da coloro i quali si ostinano ad affibbiarle ai talenti.
Band Site
Happy Hollow [ Saddle Creek - 2006 ] - BUY HERE
Similar Artist: Queens Of The Stone Age, Superchunk, Gomez, Cake
Rating:
1. Opening The Hymnal/Babies
2. Dorothy At Forty
3. Big Bang
4. Bad Sects
5. Flag And Family
6. Dorothy Dreams
Of Tornados
7. Retreat!
8. The Sunks
9. At Conception
10. So-So Gigolo
11. Bad Science
12. Into The Fold
13. Rise Up! Rise Up!
14. Hymns For The Heathen
Come il protagonista de “Il Respiro” di Thomas Bernard (per la cui rappresentazione teatrale gli Yellow Capra hanno scritto le musiche) il suono di questa band milanese cerca di affrancarsi dalla malattia ricorrendo - appunto - sì alla musica, ma legata alle immagini (numerose - infatti - sono state le collaborazioni con registi e le composizioni per film muti); cercando - per quanto possibile - di fermare il tempo, di catturare emozioni sempre più intense; in un malinconico viaggio sonoro che (con l’aggiunta di flauti, violoncello, wurlizer e rumorismi vari al tradizionale chitarra-basso-batteria) parte dal post-rock (ovvero “il niente”, ® Giov) e arriva alle melodie cinematiche e strumentali, passando per l’elettronica, la musica classica e perfino certe esplosioni rock.
Attraverso un’esperienza live a fianco di band come Calla, Arab Strap, Giardini di Mirò, ecc. gli Yellow Capra giungono alla prima tappa sulla lunga distanza nel pieno della loro forma creativa, portando alla luce dieci acquerelli acustici, dieci bozzetti di “rock da camera” che trova la sua ragion d’essere nelle giornate uggiose.
Più che il singolo brano, deve essere tenuto in considerazione l’intero lavoro, come un’opera in più atti, ognuno collegato, ma allo stesso tempo indipendente dall’altro: si va dalcrepuscolarismo di “Roulè Roulotte” alle voci eteree di “Topo Morto & Mini Mucca”, passando per le atmosfere Mogwai - ma più romantiche - di “(I Am) Macho Man” e della rarefatta “Swim Milo, Swim”, per l’etnica di “Matranga”, fino al crescendo stile Explosion In The Sky di “Red Meat”. Alla fine del disco, si ha l’impressione di aver percorso (intrapreso?) una strada per sfuggire al male di vivere - in tutte le sue sfumature - attraverso le immagini evocate da un dolce messaggio sonoro.
Band Site
YC [ Piloft - 2006 ] - BUY HERE
Similar Artist: Mogwai, Explosions In The Sky, The Workhouse
Rating:
1. (R) Intro
2. Swim Milo, Swim
3. Traffic
4. Topo Morto & Mini Mucca
5. Matranga
6. Red Meat
7. (I Am) A Macho Man
8. Follow The Yellow Capra
9. Roule Roulotte
10. Ouvberture Ridarolo
Gli iLiKETRAiNS sono senz’ altro la sorpresa più gradita del mese di Ottobre, almeno per quanto mi riguarda; e poco importa se la Fierce Panda li cataloga fra le uscite del 26 di Giugno scorso, io sugli scaffali li vedo solo ora e per me sono di Ottobre! Lo premetto subito, gruppo inglese con la fissa dei Joy Division; ora, se hai dei pregiudizi sui novelli Ian Curtis allora siamo in due. Ma qui c’è (finalmente) qualcosa in più, non semplice tributo, non semplice citazionismo revivalista ma qualcosa di tremendamente personale. Il quintetto di Leeds, mette in pista infatti un inedito ibrido New Wave / Post Rock. Immaginate un frullato omogeneo fra Mogwai ed Explosion In The Sky da una parte e Joy Division dall’ altra. Atmosfere nervose, cariche di elettricità irrisolta che cercano sfogo in un crescendo che monta ma non trova il senso del vero. La valvola fischia ma il tappo non salta, la frustrazione è quella della New Wave più classica e meglio riuscita, ma la classe è d’ altro stampo, di un’ altra epoca. Il cantato baritonale di Dave Martin ha più a che fare con le profondità alla Nick Cave o con l’ austerità malinconica di Mark Kozelek (Red House Painters) che con certi ragazzetti che giocano a fare i “money for nothin get your chicks for free”. Manca all’ appello la prova del nove live, ma certe code cariche di feedback ricordano violentemente gli Yo La Tengo dal vivo e questo rappresenta un ottimo presagio, ma aspettiamo di sentirli dal vero.
Infine gli perdoniamo anche qualche abbozzo di self-made-marketing, la fantasiosa storia che si siano conosciuti “casualmente” alla stazione della natia Leeds fa davvero fatica a reggere. Ma pazienza, in un mondo in cui anche la Emi si butta sull’ indie-non-indie e Badly Drawn Boy gira ad ore diurne su Mtv, la fantasia è l’ unica arma in cui sperare.
Sicuramente assieme ai Televise il miglior debutto inglese dell’ anno.
Band Site
Progress - Reform [ Fierce Panda - 2006 ] - BUY HERE
Similar Artist: Joy Division, Mogwai, Explosions In The Sky
Rating:
1. Terra Nova
2. No Military Parade
3. Rook House For Bobby
(thanks to Un Violon, Un Jambon)
4. Citizen
5. Accident
6. Stainless Steel
7. Beeching Report
Discography: MICAH P. HINSON AND THE GOSPEL OF PROGRESS (2005 - Overcoat Recordings), MICAH P. HINSON AND THE OPERA CIRCUIT (2006 - Jade Tree))

Sempre notevoli le serate non danzanti che lo staff del Bronson riesce ad organizzare. Sforzi ben spesi soprattutto se accorre il pubblico delle grandi occasioni: nello specifico in grande quantità e di considerevole eterogeneità. Complimenti per l’impegno, ma l’acustica…vabbè, diciamo che ci si “accontenta” della possibilità di assistere al live di un artista talentuoso. Ma che vuoi farci, alla classe è difficile resistere.
Che il merito sia del maestro di cerimonia, l’enfant prodige noir Micah P.? Altamente probabile.
“… un ragazzo semplice, riservato, generoso, umile e rispettoso …“.
Il giovanotto di Memphis ha una voce sofferta, risultato di trascorsi tribolati e tumultuosi, che ti si inchiostra addosso tanto quanto il sound lavico e suadente.
Da buoni nemici della modernità, Mr. Hinson e la sua band, presentata proponendosi in attestati di stima sinceri nei confronti dei componenti già a pochi minuti dall’inizio, richiedono minimi sforzi all’addetto al service, utilizzando un‘attrezzatura assolutamente ridotta ai minimi termini. L’essenza del più classico country folk: chitarra, banjo, armonica e poco più.
Quel che conta è l’essenza,neanche a dirlo.
Le corde sono tirate e allentate continuamente grazie ad un alternarsi di low-fi e ferocia vocale, passando da momenti di spleen atavico, dei quali Micah è icona definitiva, a fuochi d’artificio di passioni burrascose. Tutto lo spettro acustico viene sondato e testato, lasciando il pubblico entusiasta e stupefatto.
Un altro aspetto che mi ha colpito molto è stato il profondo e sincero (se non lo era ci troviamo di fronte ad un attore di ottimo livello) ringraziamento profuso nei confronti dei presenti. Non il solito opaco “thank you. Era realmente riconoscente, del fatto, come ha tenuto a precisare, “di avergli dato i nostri soldi permettendo a lui alla band di fare questo lavoro che tanto amano”. In effetti se ci si pensa è così, questa è la realtà, ma, a differenza di tutti, ha avuto l’audacia di toccare questo aspetto pratico e basilare, considerato chissà perché sempre un tabù artisti. Si ha sempre paura di sporcare la cultura, in tutte le sue forme, parlando di money, ma volenti o nolenti senza si va poco lontani. Se riesci ad emergere è sicuramente grazie alla tua classe (vabbè, almeno così dovrebbe essere), ma se poi il pubblico pagante non l’apprezza la tua bravura c’è poco da fare.
Sarebbe come se ogni mattina il lattaio ci ringraziasse per aver scelto lui: vi è mai successo oltre al classico “grazie e arrivederci”. Mi sono fatto infinocchiare dal suo magnetismo?
Può darsi. Comunque, di niente Micah, prego, quando vuoi sarò qui ad attenderti, perché tu sei un uomo di valore.
Il risultato finale è che mi sono quasi sentito come se avessi passato un paio di incantevoli ore a bere della birra, con uno sconosciuto ad inizio serata diventato poi un amico alla fine della serata, grazie ad un legame creatosi meraviglioso e invisibile, ma ben presente.

Le vibrazioni rimangono sottopelle e la padana notte nebbiosetta che mi abbraccia all’uscita chiudono il cerchio.
Buona notte.
“Close your eyes”

Link:
Micah P. Hinson Official Site
Jade Tree Official Site
Mp3:
Jackeyed (from the album “Micah P. Hinson And The Opera Circuit”)
The Leading Guy (from the album “Micah P. Hinson And The Gospel Of Progress”)
Discography: NATURA IN REPLAY (Cyclope/Bmg - 1999), FIDUCIA NEL NULLA MIGLIORE (Cyclope/Bmg - 2001), SPLENDORE TERRORE (La Tempesta/Venus - 2005), TOILETTE MEMORIA (La Tempesta/Venus - 2006)

[L’intervista è molto lunga e me ne scuso a partire da adesso ma sono sempre dell’opinione che tagliare qualche domanda non è giusto nei confronti dell’artista e di voi che leggete. Sono del parere che se una cosa è originale, bella e coinvolgente nella sua interezza non bisogna mai mutilarla “a priori”. Abbiamo la fortuna, su questo sito, di non dover rendere conto a nessuno e non ci viene imposta una lunghezza da rispettare, perciò…buona lettura. Per tutti coloro che invece ritengono sia “troppo” una pagina come questa beh…potete tranquillamente andare su altri siti musicali ma sappiate che nessuno vi parlerà così bene di Moltheni…(e della sua passione per i Mars Volta!)]

Ad aprirmi la porta dell’appartamento è un Moltheni leggermente pallido, ancora convalescente ma in fase di ripresa da un forte raffreddore…«Umbè…ma che sta succedendo a Bologna…fa un caldo pazzesco!» «Non lo so…è scoppiata una nuova primavera…io sto male proprio per questo motivo…dovevi vedere che cos’era Roma tre giorni fa: l’Equatore!!!». Percorro il piccolo corridoio fino al soggiorno, dove, alzando lo sguardo sopra l’armadio, vedo posizionate in bella mostra una lunga fila di lampade che sovrastano la stanza «Si, faccio collezione di vecchie abat-jour…ne ho cinquecento sparse in tutta Italia, alcune a casa di mia madre, altre….qui ne ho cinquanta. Ma accomodati pure sul divano». Sta per cominciare l’intervista a un personaggio di solito schivo e leggermente diffidente ma onesto e sensibile come pochi. Durante questa lunghissima e avvincente chiacchierata avrò l’occasione di toccare con mano la grande cultura musicale di Umberto Giardini, la sua spesso irrefrenabile e bellissima “voglia di dire” e quella ottima vena condivisa dal sottoscritto del non vergognarsi di mandare liberamente all’altro paese chi se lo merita. Perché, se svanisce anche questa possibilità, le cose forse avrebbero ancora meno senso di quello che già hanno. «Guarda che schifo. E’ vergognoso!…» Mi fa, prendendo in mano una copia recente di una nota rivista musicale specializzata «…invece di aiutare i gruppi emergenti e validi che avrebbero realmente bisogno di una copertina, vanno a ripescare un gruppo morto e sepolto di cui nessuno sentiva la mancanza e fanno pubblicità occulta a questa marca! E’ uno schifo!». Nella foto in questione il gruppo “in questione” è ritratto in primo piano, tutto propenso a far sembrare naturale la posa davanti all’obiettivo, ma il marchio di una nota marca di abbigliamento è più grande delle loro facce. Bene…penso che possiamo cominciare.

“Toilette Memoria” potresti brevemente dirci da che cosa hai preso spunto per il titolo del disco?

Il titolo del disco non è altro che un omaggio che ho voluto fare a una persona scomparsa in una toilette…in un bagno. Ho vissuto questa scena qualche anno fa e così, un po’ romanticamente mi andava…


Dentro un bagno? Morta?

Si. Dentro un bagno. E’ stata una cosa molto forte ma non triste, assolutamente…data dal fatto che non conoscevo questa persona. Ho vissuto questa cosa in maniera anche piuttosto distaccata ma è stato molto toccante per vari motivi che adesso non sto qui a raccontare… . E’ quindi un omaggio a questa donna.

Molto folk, molta solarità come nell’ “Età Migliore” ma anche molta psichedelia e atmosfere più cupe e intimistiche. Insomma è un disco che tocca molti angoli musicali differenti. Sei sicuramente contento del risultato finale così vario e libero da schemi. Puoi considerarlo il tuo album migliore e completo?
Mah, guarda sono del parere che non è mai facile da parte di chi scrive musica considerare uno dei suoi album il migliore o il peggiore. Gli album rappresentano i cicli storici e questo, più che mai, rappresenta molto bene il ciclo storico della mia vita attualmente. Sicuramente posso dire che ho raggiunto un livello di maturità nella scrittura dei pezzi in questo disco che mi corrisponde moltissimo: l’album è lungo ma anche molto vario e tocca tutti gli angoli scuri o meno scuri della mia personalità artistica che parlano di me. Ecco, posso dire senza ombra di dubbio che questo è un album che attualmente mi rappresenta.

Cosa è cambiato musicalmente da “Splendore Terrore”? E cosa è cambiato in Umberto dall’anno di Splendore Terrore?
Mah…fondamentalmente non è cambiato niente…forse è cambiata la volontà e la possibilità che l’etichetta La Tempesta dei Tre Allegri Ragazzi Morti mi ha dato anche economicamente e quindi è cambiata l’idea di come produrre il disco (prodotto tra l’altro da Salvatore Russo ex SantoNiente). Non è cambiato nulla, forse qualcosina nelle sonorità ma, considerando che i due dischi sono stati realizzati nell’arco di due anni, in due anni possono cambiare molte cose come non può cambiare anche nulla. Nel mio caso a livello personale non è cambiato fondamentalmente niente perché nel privato mi considero una persona molto serena e molto felice, quindi l’album come nel precedente risente di tutto. E’ diverso, ma è simile contemporaneamente a quello di due anni fa!

La tua amicizia con Franco Battiato risale ai tempi del film “Perduto Amor” in cui tu interpretavi anche un piccolo ruolo o è una cosa molto più radicata nel passato?
E’ un amicizia forte quella che ritengo di avere con Franco Battiato e mi sembrava giusto che lui potesse apparire in questo brano che ho scritto per lui. Una cosa molto disinteressata, molto semplice e legata soprattutto al fatto che Franco Battiato è una persona molto disponibile, quindi anche molto fuori moda rispetto a tutti quelli che se la tirano nell’underground del rock italiano.

Come sono nate le collaborazioni con “i due Verdena” e con Pipitone dei Marta Sui Tubi?
Mah, potrei darti la stessa risposta…sono stati contattati semplicemente, considerando che prima di essere artisti che stimo sono miei amici.

Il testo de “Nella Mia Bocca” come molti altri nel disco ruota attorno a pensieri guidati dalle tue esperienze personali di vita. Come è nata questa canzone?
Se dovessi dirti la verità…non lo so…non ricordo…non è che metto a fuoco tutti i momenti durante i quali scrivo una canzone o ricordo cosa mi ha ispirato in quel momento. In realtà giov le cose sono molto più semplici e disinteressate di quello che sembrano…sono momenti…sono ispirazioni che arrivano. In “Nella Mia Bocca” si parla chiaramente di una persona che si ama però si parla anche della vita che gira intorno al rapporto di due persone che stanno insieme e che si vogliono bene. In definitiva non è altro che un affresco molto intimo di uno che scrive una canzone. Punto e basta.

Senti, è vera la storia che dopo “Fiducia” hai fatto un album dalle sonorità piuttosto “forti” e che hai trovato difficoltà nel farlo pubblicare dalla tua etichetta? Che fine ha fatto quel lavoro?
Quel lavoro è chiuso nel cassetto…momentaneamente non credo che lo pubblicheremo perché sono del parere che ogni cosa ha il suo tempo: quello è un album che doveva nascere quando fu registrato…non ci fu la possibilità e ora è nel posto in cui deve stare, cioè dentro un cassetto.

Adesso vorrei passare a un paio di domande che sono arrivate in redazione da parte dei ragazzi che hanno partecipato al nostro contest. La prima la scrive un ragazzo siciliano di nome Salvo, te la leggo:
Cosa ti è rimasto dell’esperienza siciliana, musicalmente e umanamente?
Mi è rimasto tutto! Sia umanamente che musicalmente. Devo tutto a Catania e quindi tutto quello che scrivo, tutto quello che penso, tutto quello che faccio artisticamente nella vita lo devo a quel posto.

Questa domanda invece è quella che ha vinto il contest e abbiamo voluto premiare il ragazzo che l’ha scritta, Stefano da Roma, perché ci è parso un tuo grande grande ammiratore che ha “analizzato a dovere una canzone del nuovo disco”: Nella prima traccia di Toilette memoria (”Io”), una parte del testo recita: “Nelle città polvere bianca, dove il denaro canta la musica tace!” Le liriche di questo pezzo mi sembrano un richiamo al rapporto di Moltheni con le case discografiche; specialmente dopo la delusione della mancata produzione dell’album “Forma mentis” (che di fatto poi non ha mai visto la luce). La frase citata in particolare sembra creare un’ immagine inquietante di grandi produttori discografici che si distruggono di cocaina e si limitano a produrre dischi commerciali (richiamo al denaro), non prendendo affatto in considerazione lavori più impegnati e che proprio per questo motivo non venderanno milioni di copie (”la musica tace” proprio perchè mortificata e svilita). Questa è una mia personale interpretazione delle liriche oppure sono riuscito a leggere bene tra le righe?
Hai letto bene!

Come mai hai deciso di svoltare verso sonorità più intime, acustiche, psichedeliche lasciandoti dietro le spalle il rock “d’impatto” immediato degli inizi? E’ stata una decisione ben ponderata, una svolta decisa o più che altro la naturale evoluzione del tuo percorso?
No…non mi sono mai fatto mai troppe domande su quello che registravo, come lo registravo, da un punto di vista di produzione. Certo, ci sono stati momenti in cui ho amato di più le chitarre distorte, però è probabile che la mia strada reale sia questa; quella cioè di un cantautorato più intimista…è un discorso del crescere, guardarsi allo specchio e riconoscersi, accettando la propria maturità e la propria età.

Chi sono i tuoi migliori amici nel mondo della musica attualmente, sempre ammesso che tu ne abbia?
Allora, sicuramente i Marta Sui Tubi, i Verdena, i Tre Allegri Ragazzi Morti…

…a proposito! Come sei arrivato all’etichetta di Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti?
Ci siamo incontrati ad un concerto e abbiamo cominciato a parlare di lavoro…qualche mese dopo ero già in studio a registrare Splendore Terrore per la loro etichetta.

Qual è la tua giornata tipo?
La mia giornata tipo è: alzarmi la mattina, togliere l’auto da sotto casa perché altrimenti poi passano i vigili e mi fanno la multa; passare molto tempo a casa a pulire perché sono molto igienista.

Davvero? Hai pure un po’ di manie praticamente…
Si si si si…e poi…stare qualche ora davanti al computer, però mi piace anche molto leggere, uscire e acquistare libri vecchi, soprattutto di politica anni ’70. Sono un appassionato di chitarre ma fondamentalmente sono un appassionato di vintage; tutto ciò che riguarda il modernariato: la moda, la cultura, la musica, il design…tutto quello che è passato nel mondo tra gli anni sessanta e settanta. Ma forse perché mi ricorda fortemente la mia infanzia, dato che sono nato negli anni sessanta. Mi capita di andare al cinema ma non sono uno che di notte esce molto…vivo più di giorno.

Qual è il tuo sogno o incubo più ricorrente, qualcosa diciamo che durante la notte “ritorna”?
Mah credo che stiamo vivendo un’epoca che si sta progressivamente avvicinando a una sorta di baratro, quindi vedo tutto, in una forma molto serena, molto vicino al collasso. Credo che bisogna godersi quello che di sano ci dona la nostra vita, il mondo che ci circonda. La campagna, la serenità di quattro mura, la gioia di comprare un disco, la voglia di guidare l’auto fuori città, la voglia di viaggiare, di stare bene con gli altri. Avere il coraggio di spegnere il cellulare quando si parla con una persona. Non ho incubi ricorrenti. Gli ultimi credo di averli avuti quando studiavo e avevo i compiti in classe il giorno dopo. Ma poi non mi è più capitato. Vedo però il futuro abbastanza nero e negativo. Sono uno oggettivo io. Difficilmente faccio finta rispetto a quello che mi circonda.

Quali i musicisti che nella tua vita hanno più influenzato il tuo modo di fare musica?
Potrei dire molte influenze diverse: ascolto quella che considero buona musica ormai da vent’anni. Sicuramente gli Smiths hanno rappresentato tanto nella mia vita ma, contemporaneamente, sono legato a Nick Drake, Neil Young, sono molto legato ai Led Zeppelin, Black Sabbath, i Doors hanno rappresentato moltissimo nelle mie “iniziazioni” giovanili musicali. Poi c’è questo grande, enorme, sconsiderato amore per i cantautori folk e per i visionari un po’ psichedelici come Jim O’Rourke…

Quindi recentemente avrai apprezzato anche le doti di uno come Devendra Banhart…
Devendra Banhart è anche una persona che conosco: è un grande rappresentante del New Folk Movement. Ma assieme a Devendra ci sono dei nomi degli ultimi anni che noi forse non conosciamo bene e a cui dovremmo prestare maggiore attenzione…c’è Joanna Newsom, c’è Hope Sandoval…

A me dal vivo ha impressionato molto Guy Blakeslee (Entrance)…
Si si…lo conosco benissimo Entrance anche lui poco valorizzato…la buona musica c’è sempre stata e ci sarà sempre. Sono convinto che più si andrà avanti e più usciranno fuori delle persone interessanti, quindi è anche bello in qualche modo scrollarsi di dosso i classici. Poi te lo dice un vecchione come me! Ci sono degli esempi, e ce ne saranno sempre di più mi auguro, legati ai nuovi fenomeni degli ultimi anni che sono meravigliosi…

Si ma a questo punto Umberto voglio i nomi!
Io ho un preparazione molto ampia. Negli ultimi anni ho seguito molto da vicino il percorso di personaggi come la Handsome Family, moglie e marito statunitensi legati ai fenomeni folk-blues, anche per certi colori quasi funerei oserei dire. Però considero Jim O’Rourke il padre di quello che noi in Italia chiamiamo “movimento” ma in realtà sono solo cose che ci appioppano i giornalisti e la loro impreparazione. Ci sono moltissimi altri autori insomma oltre Devendra Banhart…c’è per esempio Bill Callahan che si firma come (Smog)…ecco…(Smog) è un grande esempio, o c’è anche Cristina Carter che sta uscendo col nuovo disco che è molto molto interessante…e poi altri nomi…

Ok ok perfetto ho capito perfettamente: un po’ me lo aspettavo e un po’ son…
Vorrei ricordare anche Damien Jurado!!! E’ uscito l’album in questi giorni…Damien Jurado! Che è questo musicista nord americano molto giovane però mooolto efficace…lo consiglio vivamente a tutti…ma anche Rufus Wainwright che è questo figlio d’arte sulla scia di Jeff Buckley, se possiamo permetterci. Ma sono anche innamorato dell’indie rock neyworkese soprattutto della zona di Brooklyn, dove gli altri anni furono sfornati nomi che poi hanno quasi raggiunto una grossa popolarità…basti pensare agli Yeah Yeah Yeahs o…

Anche Strokes?
Beh no…gli Strokes sono già molto più commerciali. Ai nostri occhi in Italia forse gli Strokes appaiono alternativi ma in realtà è una cosa…è tutto molto pianificato il fenomeno Strokes e poi i testi secondo me sono davvero…scadenti. Amo molto di più gli Oneida…

Beh…più sperimentali loro, quella degli Oneida è un’altra concezione di garage…siamo un po’ “da un’altra parte” ma sempre venendo da quel territorio…
Esattamente, esattamente! Poi io adoro un’altra band, li reputo fantastici…loro si chiamano The Black Keys! Le chiavi nere!

Beh lì dentro c’è molto Jimi Hendrix…penso a Rubber Factory…direi tra White Stripes e Jimi Hendrix… . Diciam…
No aspetta…dato che hai nominato Jimi Hendrix allora un’altra band che reputo FON-DA-MEN-TA-LE per l’hard rock mondiale attuale negli ultimi anni sono i Nebula. Questa band fenomenale californiana che nasce dai Fu-Manchu…siamo a livelli altissimi…credo che se fossero usciti qualche decennio fa adesso sarebbero valsi almeno quanto Jimi Hendrix.

Addirittura?Purtroppo non ha ancora avuto il piacere di ascoltarli…beh guarda chiudiamo questa parentesi magari parlando a questo punto della svolta dei Black Rebel Motorcycle Club, band a cui io tengo particolarmente dopo l’ultimo disco. Cosa ne pensi della loro “virata” folk?
Lo conosco benissimo quel disco! Veramente benissimo! Mah…è stata una svolta non si può dire né positiva né negativa…oddio nel senso che di positivo c’è sicuramente il fatto che se ne sono fregati del successo degli album precedenti e hanno pubblicato un disco che piaceva a loro, anche se magari non gli avrà dato ragione in discorso di vendite… . E’ un disco [“Howl” etichetta Echo n.d.r.] molto legato al folk molto suonato. I Black Rebel Motorcycle Club sono secondo me una grandissima, eccezionale, band. Non bisogna farsi influenzare dalle cifre e dalla popolarità che in questo momento potrebbero essere per loro leggermente sfuocate rispetto agli album iniziali.

Perfetto. Davvero. Abbiamo finito, questa domanda è un po’ partic…
RICORDO LA MIGLIOR BAND DEL MONDO ATTUALMENTE CHE SONO I MARS VOLTA!

Dici?!?
Si!
In assoluto!!!

Beh adesso allora me la devi giustificare questa. Io non la penso come te. Cioè a me non piacciono molto, pur reputandoli ottimi musicisti. Il progressive…non so…io non ci sono “nato dentro”. Una persona che magari sin da bambino ha sempre ascoltato Genesis, Area, forse è più avvantaggiato per i Mars Volta… . Però adesso devi giustificarmela!
Guarda te la giustifico dicendo che a parte che è una delle band che (non considerando U2 e Rolling Stones) hanno fatto tutti sold-out in ogni parte del mondo e un motivo c’è. Il motivo c’è soprattutto alla luce del fatto che, come dici tu giov, loro fanno una musica difficilissima. E quindi anche a livello epocale proprio distaccata temporalmente dai nostri anni. Però c’è da considerare un fatto…e non sempre lo si può percepire quando si ascoltano le band suonare: bisogna considerare che molta gente al momento, e qui in Italia sta accadendo per i Verdena, è oltre. Non è solo semplicemente capace di suonare: è avanti…a-v-a-n-t-i! Rispetto agli altri, con la testa. E quello che viene prodotto da quelle teste, è talmente superiore, è talmente eccelso, è talmente di qualità sopraffina che non può essere compreso. Quindi parleremo molto bene e considereremo i Mars Volta una band che, nel suo piccolo, può considerarsi epocale tra sette o otto anni.

Mah guarda…io ho letto alcune recensioni in giro sull’ultimo album, Amputhecture. Queste recensioni sono molto contrastanti. Ce ne sono alcune che ne parlano molto bene e ce n’è una di un giornalista che dice in poche parole “I Mars Volta hanno stufato. Annoiano, fanno puro revival e basta. Naif puro, fine a se stesso. Ripescaggio. Prendono solo dal passato e non creano”. Ecco io vorrei chiedert…
Posso fare una parentesi?

Certo. Devi.
Ecco, il giornalista che ha detto questo non capisce un cazzo di musica. Non capisce un cazzo di musica perché…cioè….la musica ragazzi è nero su bianco! Esiste il concetto del “a me piace, a te non piace” e ci mancherebbe altro…però ci sono delle cose nell’arte che vanno oltre il giudizio mio e tuo. Cioè ci sono cose oggettivamente così.

Gli Area infatti sono oggettivamente grandi, anche se a me per esempio non piacciono…
Perché giov, tu pensi che io dentro casa mi metto ad ascoltare gli Area? Però oggettivamente non si possono paragonare gli Area a Fabri Fibra ragazzi!!! Ma chi cazzo se ne frega se Fabri Fibra vende dieci volte quello che hanno venduto gli Area negli anni settanta! Cioè…non c’è un filo logico in tutto questo…nero su bianco…ci sono progetti che sfornano una superiorità, un potenziale, una conoscenza tecnica dello strumento che è oltre. E questo è innegabile. I Mars Volta sono una band epocale. Poi il fatto che io e te non ci compriamo il disco non è importante. Loro lo sono. Di fatto. Possono prendere 3 o cinque stelle sulle riviste ma non conta. Quello che conta è che chi magari ha scritto male dei Mars Volta non li ama. Probabilmente non capisce un cazzo, ma ci mancherebbe altro. Probabilmente anche io sotto il profilo del discorso che ho fatto non capisco un cazzo perché non mi piace Fabri Fibra.

Chiudiamo con una cosa che non riguarda la musica: se Umberto Giardini fosse l’uomo più potente del mondo (il che è già una condanna secondo me…) qual è la prima cosa che farebbe?
Se io fossi l’uomo più potente del mondo? Mah….probabilmente cercherei, anche se quasi impossibile, di ridistribuire meglio il denaro. Tutto il male che c’è nel nostro pianeta sta tutto lì. Dividere in maniera diversa la pagnotta.

L’intervista termina, ma la nostra voglia di parlare (believers or not!) non si è ancora esaurita del tutto. A “microfono spento” io e Umberto parliamo di vari argomenti e arriviamo a conclusioni che in linea di massima ci vedono andare d’amore e d’accordo. Veniamo da due generazioni differenti e pur non avendo in fondo granché da spartire con lui, ritengo di aver imparato qualcosa oggi. Quello che era nato come un semplice botta e risposta è diventato poi, in parte, un dialogo aperto sulla vita.
Molto naturale.
Davvero bello.

Link:
Moltheni Official Site
La Tempesta Official Site
Mp3:
L’Età Migliore (from the album “Toilette Memoria)
Nella Mia Bocca (from the album “Toilette Memoria)
PROLOGO: prendere una buona dose di Neil Young, amalgamarla poi con un misurino di attitudine lo-fi alla Lou Barlow, un pizzico di Beck e un pugno di estrosa improvvisazione, dopodichè accendere lo stereo o qualunque tipo di lettore musicale, attendere qualche secondo ed ecco pronto il disco d’esordio di Chad VanGaalen, “Infiniheart”. Un’album pieno di tutto, che schizza in moltissime direzioni diverse e quasi sembra sfuggirti dalle mani. Un bellissimo disco che circa un anno fa prometteva un futuro roseo per il talentuoso polistrumentista canadese . Vi basti ascoltare “Kill me in sleep” per farvi un’idea.
CAPITOLO PRIMO: e siamo al secondo disco, e visto quanto è prolifico l’artista in questione è ancora molto poco. Pare abbia registrato un centinaio di canzoni negli ultimi dodici mesi, per poi sceglierne quattordici per questo Skelliconnection, che, diciamolo subito,non delude le attese. Il risultato finale non si discosta dal fortunato esordio, proponendo una forma di folk arricchito da soluzioni elettroniche lo-fi, spunti rock, country e blues, che confluiscono in uno stile che è già molto personale. Molto ben costruiti i brani, che oscillano tra classiche impostazioni folk come in “Sing me to sleep”o “Graveyard”, momenti più spigolosi e distorti (flower garden), improvvisazioni strumentali o elettroniche che costituiscono brevi intermezzi tra una canzone a l’altra, mentre il resto offre suggestioni in chiave indie rock, atmosfere talvolta più sintetiche e vicine a quello che si osa definire post-rock.
CAPITOLO SECONDO: difficile davvero riuscire a fornire un quadro esaustivo da ciò che viene fuori nelle tracce di questo lavoro. I progressi col suo predecessore ci sono, soprattutto nella coesione nei brani nonostante le innumerevoli influenze e sfumature. Ecco, questa volta non si ha l’ impressione che il disco schizzi da tutte le parti come non possedesse punti di riferimento, anzi sembra ci sia una logica ben precisa che lega gli episodi della scaletta. Siamo di fronte ad un’artista dalle potenzialità enormi, che probabilmente in futuro ci riserverà ancora grosse sorprese se saprà cavalcare ancora meglio il proprio talento.
CAPITOLO TERZO: un imbuto, a Chad VanGaalen servirebbe semplicemente questo per il futuro, in modo tale da far confluire in un suono ancor più denso la miriade di ingredienti apparentemente incompatibili delle proprie influenze.
EPILOGO: e ora si, potete pure uccidermi nel sonno.
Band Site
Skelliconection [ Sub Pop - 2006 ] - BUY HERE
Similar Artist: Neil Young, Lou Barlow, Beck
Rating:
1. Flower Gardens
2. Burn 2 Ash
3. Red Hot Drops
4. Rolling Thunder
5. Viking Rainbow
6. Gubbbish
7. Dandrufff
8. Wing Finger
9. See-Thru-Skin
10. Wind Driving Dogs
11. Mini T.V.s
12. Graveyard
13. Dead Ends
14. Sing Me 2 Sleep
15. Systemic Heart
E’ buio.
Guido senza fretta.
La strada sembra venirmi incontro e perforarmi il petto, per poi uscire dalla schiena e continuare il suo macabro gioco infantile con altri ignari automobilisti. Ho appena terminato l’intervista con Finn Andrews e il mio sguardo è fisso verso il vuoto più profondo dell’universo. Rimango immobile nel captare la voce rotta e disperata che esce dalle casse. Non c’è nessuno davanti al mio motore e gli alberi sembrano aver abbandonato già da molto tempo la sottile speranza di poter comunicare con anima viva. E’ solo quando la title track si diffonde in modo piuttosto prepotente dai finestrini semi aperti che mi accorgo della mancanza del tocco delicato della pioggia sul parabrezza e sulle labbra. Peccato. Sarebbe stato l’elemento naturale conclusivo perfetto, di una giornata faticosa, intensa ma piena d’emozioni. All’improvviso sparisce tutto.
Rimane l’essenziale.
La notte.
Il silenzio.
Innegabile come sin dagli inizi la figura del cantante dei Veils mi abbia affascinato: ascoltavo il romanticismo agrodolce di The Runaway Found e mi convincevo sempre di più di come quel “tocco di qualità profonda” fosse una cosa già vista dentro la figura di Jeff Buckley, Patti Smith, Micheal Stipe e altri che trascina(va)no dietro di loro un’aura oscura, maledetta…tremendamente affascinante. Ad Andrews non importa niente delle fotomodelle, delle copertine sulle riviste o dell’ammirazione della gente. Uno che, giovanissimo, scappa dalla Nuova Zelanda per andare a Londra in cerca di fortuna con una chitarra e qualche canzone in tasca è già un tipo interessante. Uno che imprime su disco la maledizione di un uragano devastante che a distanza di due anni sconvolgerà realmente gli occhi dell’America e del mondo [“The Valleys Of New Orleans”] non può non essere preso in considerazione. Sognavo ascoltando Vicious Traditions; sogno adesso perdendomi dentro le linee psichedeliche e velenose di “Not Yet”. Dopo il debut, della formazione originale è rimasto solo questo esile frontman dagli occhi tristi e dalle corde vocali dilaniate, che è forse attualmente anche troppo sensibile e timido in un mondo indie rock sfrontato, aggressivo, “molto fast food” fatto di band “cotte e mangiate”, mode che durano mezz’ora e sentimenti veramente poco nobili. Le influenze maggiori rintracciabili in Nux Vomica raccontano dei Doors di Bob Dylan, della psichedelia pop dei Verve e il sentimento poetico allucinato di Patti Smith. Un disco molto più “corale”, orchestrale e arrangiato in maniera più varia di “The Runaway Found”, che rimane comunque un ottimo esordio. Ma, mentre nel debut c’erano anche un paio di canzoni “deboli” che concedevano tutto o quasi al pop e all’immediatezza dell’ascolto, qui si fatica a trovare una canzone scadente o anche solo apparentemente incompleta. Questo disco ha classe anche nei momenti più “leggeri”. A volte si ha l’impressione di ascoltare il folk un po’ ipnotico e sognante di Devendra Banhart rimescolato in chiave garage da Jack White. Non c’è il pop fine a se stesso, c’è il pop con il solo scopo di emozionare e far pensare a qualcosa di speciale, di personale, magari di introvabile. “Il tuo pugno non deve avere come riferimento la faccia dell’avversario, ma il muro che c’è dietro: i nemici non vanno picchiati e basta, vanno picchiati ATTRAVERSO”. Ecco… il nuovo disco dei Veils penetra e fuoriesce dalla vostra anima con estrema disinvoltura. Se l’avesse ascoltato il buon vecchio Bruce Lee adesso il Jet Kune Do sarebbe tutta un’altra storia!

Interview with THE VEILS on IndieForBunnies

Cover Album
Band Site
Nux Vomica [ Rough Trade - 2006 ] - BUY HERE
Similar Artist: Bob Dylan, The Doors, JJ72
Rating:
1. Not Yet
2. Calliope
3. Advice For Young
Mothers To Be
4. Jesus For The Jugular
5. Pan
6. Birthday Present
7. Under The Folding Branches
8. Nux Vomica
9. One Night On Earth
10. House Where We All Live
Definitivamente affrancatisi dalla sciocca e superficiale etichetta di semplici cloni di Laetitia Sadier & soci e dopo aver licenziato - appena un anno fa – lo splendido “ Tender Buttons “, gli inglesi Broadcast tornano sulle scene con un’antologia che raccoglie 18 brani estratti dalla loro nutrita discografia.
“ The Future Crayon “ copre quasi interamente la decennale attività del duo formato da Trish Keenan e Jamie Cargill, andando a pescare tra compilation ( All Tomorrow Parties 01 ), e.p. di difficile reperibilità ( Extended Play e Echo’s Answer ) e 7 pollici introvabili ( Come On Let’s Go ). Il risultato, lo si capisce fin dall’iniziale “ Illumination”, non è una raccolta “ for fans only” come spesso accade in questi casi, ma una delle loro migliori release.
“ The Future Crayon “ porta impresso a fuoco il marchio di fabbrica del gruppo di Birmingham: una musica che offre sentimenti umani a laptop e sintetizzatori, un suono capace di evocare panorami cinematici in bianco e nero e tingersi di avvolgenti atmosfere easy listening, di cavalcare le metronomiche distese kraut-pop degli Stereolab - con i quali condivide il raffinato gusto della canzone d’autore francese - senza dimenticare le coordinate elettroniche di casa Warp, Sarebbe stato un delitto non aver potuto ascoltare l’ipnotica dolcezza di “ Unchanging Window \ Chord Simple “ e “ Where Youth And Laughter Go “, il lirismo da soundtrack retrò di “ Daves Dream “ , i glitchismi dal retrogusto fifties di “ A Man For Atlantis “ e quelli groovey di “ Minus Two “, le colonne sonore per spy movie sint(h)etici “ One Hour Empire “ e “ Hammer Without a Master “e l’epico western elettronico “ Belly Dance “.
Acquisto imprescindibile per i molti estimatori del gruppo, “ The Future Crayon “ è anche un’invitante occasione per coloro che si accostano per la prima volta all’universo sci-fi dei Broadcast.
Questi ultimi – ne siamo certi – ci ringrazieranno…
Band Site
The Future Crayon [ Warp - 2006 ] - BUY HERE
Similar Artist: Ennio Morricone, Stereolab, Plaid, Clinic, Cinematic Orchestra
Rating:
1. Illumination
2. Still Feels Like
Tears

(thanks to nialler9)
3. Small Song IV
4. Where Youth And
Laughter Go

(thanks to nialler9)
5. One Hour Empire
6. Distant Call
7. Poem of Dead Song
8. Hammer Without A Master
9. Locusts
10. Chord Simple
11. Daves Dream
12. DDL
13. Test Area
14. Unchanging Window/
Chord Simple
15. Man For Atlantis
16. Minus Two
17. Violent Playground
18. Belly Dance

Applauso, lor signori - clap, clap - sta per iniziare l’unica indie-pastiche tragi-comica (più tragica che comica), irriverente, kitsch, distruttiva, esuberante ed esibizionista, che “demolirà i confini tra musica, presentazione e promozione”. Non esiste morale o messaggio per i posteri; solo assurdità; solo caos - a prezzi stracciati.

Introduzione
La giornata qualunque di uno qualunque dei Les Georges Leningrad: vedere uno spettacolo, cenare, masturbarsi; farsi di cocaina e di Big Mac; ubriacarsi e tentare più volte il suicidio; celebrare ogni giorno l’apocalisse.
Atto I (Terrazza Bellehumeur, Ontario)
Poney P, Mingo L’Indien e Bobo Boutin si conoscono, si ubriacano e si vomitano l’uno addosso all’altro; indi decidono di suonare insieme.
Atto II. (Polo Nord)
L’orso della Mentos che fuma il sigaro in compagnia di due pupe - probabilmente Miss Universo 2004 e 2005 (molto probabilmente Miss Portorico e Miss Venezuela). I Les Georges Leningrad seguono delle orme giganti e si ritrovano in un accampamento di Eschimesi neri che si mangiano allegramente l’un l’altro, secondo un menu concordato: oggi coscia di Rfwffstre in umido; domani chiappa di Dfefessw al forno; venerdì…
Dato che ormai ci sono - e che il 13 è in ritardo - si trattengono ed iniziano a suonare qualcosa, prendendo ispirazione dai rutti post-caffè-ammazzacaffè-ecc..
Atto III (Montreal, Transilvania)
Lo stream of consciousness di un pipistrello dadaista con la diarrea, appeso per sbaglio al filo dei panni di una prostituta (”Mange Avec Les Doigts”).
Atto IV (Un funerale vodoo o un dance party?)
I tre giocano allegramente a lanciarsi torte in faccia, a fare giochi di prestigio, sulla marcia funebre suonata da un ubriaco: cromaticismo synth, spezzoni radio in tedesco, canti incomprensibili e un ridicolo accento spagnolo (”Sleek Answer”).
Atto V (Un tendone del circo nel cuore della notte)

Il “rock petrolchimico” - miscela spastica di dub, disco, post-punk e no-wave - di tre clown senza mutande passa attraverso due lattine collegate da un filo (”The Future For Less”).
Atto VI (Sotto un tavolo)
Poney P si alza in piedi - con un paio di forbici in mano - scivola su una buccia di banana e cadendo - prima di finire dentro un armadio - rompe una finestra e le schegge feriscono l’occhio di un passante (”Mammal Beats”).
Finale (Un discount abbandonato)
Anime perse in perenne ricerca. Ovvero la selvaggia civiltà post-industriale (”Scissor Hands”).

Band Site
Sangue Puro [ Tomlab - 2006 ] - BUY HERE
Similar Artist: Two-Star Hotel, Arab On Radar, Liars
Rating:
1. Sangue Puro
2. Skulls In The Closet
3. Scissorhands
4. Ennio Morricone
5. Eli Eli Lamma Sabachtani
6. Mammal Beats
(thanks to HateSomethingBeautiful)
7. Sleek Answer
8. Mange Avec Tes Doigts
9. Lonely Lonely
10. Future For Less

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