sabato 8 ottobre 2011

MOGAVERO: IL VESCOVO CHE CRITICA IL PAPA MA VESTE ARMANI


Rendering della nuova chiesa matrice di Pantelleria
di Francesco Colafemmina

Mons. Mogavero, noto indossatore di paramenti liturgici haute couture realizzati da Giorgio Armani, non si distingue soltanto per essere una fashion victim, ma anche per le sue sconvenienti critiche al Santo Padre in merito al ritorno alla messa in latino e alla remissione delle scomuniche ai Vescovi della FSSPX. D'altra parte c'era da aspettarselo. Mogavero indossò la casula con temi marini disegnata per lui appositamente da Armani in occasione dell'inaugurazione del sagrato (da quando si inaugurano i sagrati?) della nuova chiesa madre di Pantelleria.

Mons. Mogavero indossa Armani
Plastico della nuova chiesa
La chiesa di Del Debbio demolita
E qui ci sarebbe da discutere un po'. Perché la vecchia chiesa madre di Pantelleria non era certo un modello di bellezza, ma rappresentava un pregevole esempio di architettura razionalista, essendo opera di Enrico Del Debbio, famoso progettista del Foro Mussolini (Foro Italico), del Palazzo della Farnesina, della Facoltà di Architettura "Valle Giulia" a Roma. Certo, non si tratta di una chiesa costruita nel ventennio, bensì verso la fine degli anni '40, ma si trattava pur sempre di una importante testimonianza architettonica.
Ebbene, ora quella chiesa non c'è più. E' stata demolita nel 2002 e sostituita da un'enorme scatola di cemento armato. Il progetto va avanti da anni, ma Monsignor "fashion victim", vescovo di Mazara dal 2007, non vede l'ora di inaugurare la nuova chiesa. Solo ieri, però, qualche vandalo ha asportato una specie di maschera di bronzo dal portale della nuova chiesa-scatola cementizia, realizzato di Ernesto Lamagna con sculture ispirate al Satiro danzante (sic!). Non è il primo sfregio al nuovo edificio, preso di mira da esecutori di atti vandalici. C'é chi li definisce "gesti inqualificabili", ma si potrebbe anche pensare ad una sorta di giustificata reazione dei panteschi all'imposizione di questo nuovo abominio architettonico nel centro della loro cittadina? Chissà! Mogavero ha affermato: "Che si tratti di una bravata o di un furto, resta un gesto che condanniamo con fermezza". Certo, ma, analogamente la nuova chiesa scatolone dovremmo definirla una bravata o un furto (alle tasche dei fedeli)? E non dovremmo quindi condannarla con altrettanta fermezza?

Anche perché forse in nome dell'accoglienza tanto rivendicata da Mogavero (che peraltro riteneva giusto l'intervento militare della Nato in Libia) la nuova chiesa ha un aspetto per certi versi simile a quello di una moschea. Ma c'è da dire che gli islamici in fatto di moschee non difettano certo di buon gusto, dunque stenterebbero a scambiare lo scatolone di cemento armato di Pantelleria per un loro luogo di culto. E' tuttavia un fatto degno di approfondimento che opposizione a Benedetto XVI, ostilità all'antica liturgia, vanità ed esaltazione del brutto vanno di pari passo. Sarà un caso?

Il Portale di Lamagna, in basso la maschera sparita

giovedì 6 ottobre 2011

UNA CHIESA A SETTIMANA N.2


Basilica dei Santi Martiri Nereo e Achilleo - Milano

Progettista: Arch. Giovanni Maria Maggi
Dedicazione: 6 dicembre 1940
Ottenimento del titolo di Basilica Romana Minore: 17 gennaio 1990

Nata per volontà del Cardinal Schuster, fa parte del progetto di edificazione di nuove chiese nei quartieri periferici di Milano avviato dal Cardinale nel 1937 in occasione dei 400 anni dalla nascita di San Carlo Borromeo. La chiesa, costruita nell'attuale zona Città Studi, fu concepita come una antica basilica romana, prova ne è il portico antistante. Inoltre fu edificato e affrescato dal pittore Pietro Fornari uno splendido battistero adiacente al corpo della chiesa. Dedicata ai Santi Martiri Nereo e Achilleo per volontà di Papa Pio XI (in onore del suo santo patrono) che contribuì finanziariamente alla sua realizzazione, è stata proclamata basilica minore dal Beato Giovanni Paolo II nel 1990. Il ciborio del presbiterio è frutto di un rimaneggiamento postconciliare (1964-65) che volle riprodurre quello della basilica omonima di Roma. L'opera è un significativo esempio dell'impegno per l'evangelizzazione urbanistica delle periferie intrapresa dal Beato Schuster. 
Il Card. Schuster consacra l'altare - 1940
L'area intorno alla chiesa nel 1940
Vista dall'alto
Facciata
Abside
Navata centrale - sullo sfondo il ciborio
Altare del Santo Curato d'Ars
Altare del Sacro Cuore di Gesù
Interno del Battistero
Cupola del Battistero 
Foto: sito della parrocchia dei Santi Martiri Nereo e Achilleo 

lunedì 3 ottobre 2011

CARO DON PARISI, LA INVITO AD UN PUBBLICO CONFRONTO!

di Francesco Colafemmina

Don Antonio Parisi risponde a Vatican Insider in merito alle mie critiche alla pagliacciata di ieri sera: 

"Sono i soliti esaltati, non c’è stata nessuna commistione religiosa: si è trattato di una rappresentazione culturale, per di più avvenuta fuori dal culto. La danzatrice ha davvero spiegato ogni gesto, tant’è che la gente, dopo l’esibizione, è venuta a ringraziare per le emozioni ricevute. Insomma - conclude il sacerdote - è stato un momento di attenzione alle altre culture, un momento di grande spiritualità vissuto con estrema profondità che ha sicuramente spinto le persone a riflettere, a discutere…"

Caro don Parisi,

non ho il piacere di conoscerla ma la invito ad un confronto pubblico in merito all'evento organizzato ieri sera in Cattedrale. Lei mi definisce esaltato (senza neanche aver letto il mio articolo), io continuo a ritenere che quella di ieri sia stata una volgare, inopportuna pagliacciata che non ha alcun legame con l'esaltazione delle nostre chiese baresi, e che non ha il compito di trasmettere alcun "gesto di attenzione verso le altre culture". 

1. Se la Curia avesse voluto organizzare un "evento" per dimostrare attenzione verso le altre culture avrebbe invitato dei danzatori indiani che fanno danza sacra induista, non una danzatrice milanese che - per carità - sarà anche brava, ma mischia la danza indiana alla Bibbia e ad altre divagazioni parareligiose che al massimo sono espressione di una certa confusione mentale, più che di rispetto ed esaltazione di un'altra cultura presa nella sua integrità e nella sua dignità. E li avrebbe invitati ad esibirsi in un altro luogo, non certo in Cattedrale. Lei che è il rettore di una chiesa adibita a concerti come la Vallisa, perché non ha pensato di organizzare l'evento lì? 

2. Perché mai è stato organizzato un evento del genere in un luogo sacro come la nostra cattedrale? Qual è il legame fra esibizioni artistiche e la dimora di Dio? Cosa c'entrano la danza indiana, il Mahatma Gandhi, il sitar e i tabla con il luogo del culto cattolico? E cosa c'entra l'estrazione di una macchina, una lotteria con la casa di Dio? Non c'è bisogno di essere esaltati per riconoscere che i mercanti sono entrati - forse da un pezzo - nel tempio. 

3. Mi spieghi come sia possibile indicare nel libretto distribuito dalla diocesi che i gesti compiuti dalla danzatrice per indicare la Vergine Maria siano gli stessi che in India si usano per indicare "divinità femminili". Cos'è forse questo? Un nuovo modo per venerare la Madonna? 

4. La danza liturgica indiana non ha alcun legame con la liturgia cattolica e credo sia estremamente pericoloso far esibire dinanzi all'altare una ballerina che afferma di compiere questo genere di danze liturgiche mescolando ciò che ha appreso a Madras con il Vangelo. Oltretutto è stato osceno vedere la Cattedrale inondata di musica indiana sparata a tutto volume dalle casse acustiche. La chiesa è un luogo sacro, non certo un auditorium, questo lei che è prete dovrebbe saperlo fin troppo bene, o sbaglio? 

Ciò detto, la prego di riconsiderare le sue avventate parole. Quando si tratta di discutere su questioni ideologiche, su questioni estetiche, si può essere d'accordo o meno, ma in questo caso stiamo parlando del rispetto che i cristiani devono mostrare per le dimore di Dio e in primo luogo dell'esempio che in tal senso dovrebbero dare gli stessi sacerdoti. Se le nostre chiese si trasformano in vili palcoscenici come potrete sperare di avere rispetto dai fedeli, come potrete parlare ancora di sacro quando voi, sì voi sacerdoti, diventate i primi dissacratori del tempio del Signore? 

Attendo intanto una sua risposta ai miei rilievi, più articolata e appropriata al suo status sacerdotale. Sarò forse un esaltato, ma che la diocesi barese abbia offerto al mondo un esempio patetico delle condizioni in cui versa credo sia ormai sotto gli occhi di tutti.

domenica 2 ottobre 2011

DANZE INDIANE IN CATTEDRALE A BARI: I CATTIVI VIGNAIOLI FANNO APPASSIRE LA FEDE!

di Francesco Colafemmina

Quando vai a messa, dopo aver sentito il sacerdote versare fiumi di parole sulla vite e i tralci, sullo Spirito Santo che dovrebbe respirare in noi, su noi che dovremmo lasciarci potare da Cristo come la vite, etc. etc. etc., dopo aver sentito tutto ciò con grande spirito di sopportazione per la propagazione costante di insulse verbosità, non ti aspetti di dover vedere in pochi minuti la cattedrale trasformata nel teatro di danze indiane, eseguite in occasione dell'anniversario della nascita del Mahatma Gandhi, il "Gandhi Jayanthi"! Questo mi è accaduto questa sera in Cattedrale, a Bari, e ho deciso pertanto di filmare lo "spettacolo" per voi...

Caspita, che coerenza! Su quello stesso presbiterio dal quale il sacerdote tuonava in merito alla necessità per il cristiano di assumersi le proprie responsabilità comunitarie, ecco che una coreografa italiana esperta di danze indiane, balla e si agita al ritmo del sitar! C'è chi ha il coraggio di affermare che queste danze sono intimamente legate alla preghiera e la stessa danzatrice lo spiega mostrando il significato dei gesti che compie con le mani. Sì, lo spiega molto bene, e infatti sul libretto distribuito dalla Diocesi troviamo anche le seguenti indicazioni: "per rappresentare la Madre del Redentore si usa lo stesso gesto che gli indù usano per indicare una divinità femminile." Perbacco! Povera Santa Vergine, parificata alle divinità indù proprio nel tempio che custodisce una sua venerata icona! Che tristezza...

I sacerdoti che hanno organizzato questa pagliacciata davanti all'altare, il Vescovo di Bari che l'ha autorizzata, dovrebbero piuttosto rileggere con maggiore attenzione il Vangelo di oggi: "Ideo dico vobis, quia auferetur a vobis regnum Dei et dabitur genti facienti fructus eius". Come si può pensare di far fruttificare il regno di Dio introducendo simili iniziative nella casa di Dio?

E così le chiacchiere di certi preti se le porta il vento, mentre in Cattedrale va in scena un'ulteriore intrusione mondana... Seguita, peraltro, da una lotteria per l'estrazione di una Fiat Panda! Il tutto per chiudere in bellezza la manifestazione "Notti Sacre".... Che manica di patetici pagliacci!

sabato 1 ottobre 2011

SUL TABERNACOLO NELLA STORIA (OLTRE LE MISTIFICAZIONI IDEOLOGICHE)

Altare del SS. Sacramento - G.L. Bernini - Basilica di San Pietro 
di Francesco Colafemmina

Sul blog del liturgista p. Matias Augé è apparso qualche giorno fa un brano del volume recentemente edito da Cantagalli e curato da Mons. Ambrogio Malacarne e Raffaella Baldessari dal titolo "Gli spazi liturgici della celebrazione rituale". Ahimé, con grande tristezza, devo riscontrare - pur non avendo letto il libro per intero - che l'estratto denota non solo la persistenza di una fervida ideologia post-conciliare, ma soprattutto spaventose lacune in materia di storia dell'arte.

Per comodità vi riporto alcuni giudizi della Baldessari in merito - lo avrete già capito - all'altare col tabernacolo e al "superamento" del Barocco:

"Di fronte alla negazione della presenza reale post-missam, la Chiesa contrappone la presenza reale dell’eucaristia, esaltandone in forma monumentale il tabernacolo e stravolgendo il significato dell’altare che da mensa sacrificale e da tavola conviviale diventa supporto del tabernacolo e della sua cornice, con un apparto scenico vistoso e per un certo verso teatrale. Unica eccezione in questo senso erano le chiese collegiate e le cattedrali, dove il tabernacolo non veniva conservato sull’altare maggiore. San Carlo Borromeo, a Milano, in duomo, ve lo pose ugualmente, dando così origine a imitazioni in altri luoghi."

Anzitutto mi domando quando mai l'altare abbia avuto il significato di "tavola conviviale" nelle epoche precedenti il concilio tridentino (al massimo di "sacra mensa"), ma soprattutto viene da chiedersi come si possa affermare che gli altari del XVI e XVII secolo "stravolgano" il senso dell'altare, diventando "supporto del tabernacolo e della sua cornice" riducendo il tutto "ad un apparato scenico vistoso e teatrale". In secondo luogo mi chiedo come si possa affermare che San Carlo abbia originato la presenza del tabernacolo nell'altare maggiore, quando questa prassi è pre-esistente al concilio di Trento e quello concesso alle Cattedrali era un semplice "privilegio" motivato dalla necessità di evitare che durante le affollate messe pontificali il tabernacolo potesse esser messo in ombra dalla ritualità liturgica. Ma andiamo avanti...

"Oltre alla trasformazione dell’altare si verificò anche quella dell’aula. Le navate laterali scomparvero e vennero sostituite dalle cappelle laterali riempite di altari."

Qui si rasenta il ridicolo. Ma il rifiuto del barocco è infine giustificato dalla studiosa con le seguenti parole: "Con sguardo retrospettivo e sintetico possiamo affermare che nel Seicento e nel Settecento si assiste ad un affermarsi della pietà devozionale che diventò l’elemento suggeritore anche delle strutture architettoniche, per cui si avranno chiese per tutte le devozioni. Un modo forse, anche questo, per arginare l’influsso del Protestantesimo. Tutto ciò che colpisce il sentimento può essere un mezzo di difesa".

Che una simile visione del barocco sia influenzata da mere considerazioni ideologiche è evidente sia dalla storia della Chiesa che dalla storia dell'arte. E fa specie che ancora oggi vi siano studiosi che nel parlare del rapporto fra liturgia e suoi spazi siano indotti dal proprio "credo" ideologico a compiere simili grossolani errori. Ma è d'altra parte vero che l'introduzione dei tabernacoli fissi sull'altare è legata ad una vulgata che andrebbe smentita una volta per tutte. Si dice, infatti, che prima del XVI secolo il tabernacolo non era connesso all'altare e che il primo ad introdurre questa innovazione fu il Vescovo di Verona Matteo Ghiberti (1524-1543), la cui influenza amicale su San Carlo indusse quest'ultimo ad imitarlo e a sostenere la diffusione del tabernacolo integrato all'altare quale modello univoco del mondo cattolico.

Esempi di pissidi o colombe eucaristiche pendenti
Questa vulgata è comoda ed istruttiva, ma non corrisponde al reale progresso degli eventi. Per secoli l'eucaristia non consumata durante la messa veniva conservata nei pastoforia, ossia in sagrestia. Contemporaneamente, però, la custodia eucaristica in moltissime chiese trova la propria collocazione nelle famose colombe o pissidi pendenti dal ciborio che sormonta l'altare.
Lo attestano non solo alcuni manufatti superstiti, ma anche accenni documentali, come quello trasmessoci da Regino di Prum, e riferito ad un canone di un Concilio di Tours del IX secolo: "(oblatio) semperque sit super altare obseratum propter mures et nefarios homines, et de tertio in tertium diem semper mutetur." Generalmente viene poi imputato al vescovo di Parigi Eudes de Sully, l'aver imposto la conservazione del Santissimo sull'altare nell'anno 1198: "summa revercntia et honor maximus sacris altaribus exhlbeatur et maxime ubi sacrosanctum Corpus Domini reservatur et missa celebratur." E ancora: "in pulchriori parte altaris cum summa diligentia et honestate sub clave sacrosanctum Corpus Domini custodiatur."
Colomba eucaristica - Francia - inizi XIII secolo - Metropolitan Museum NY
Codice Bodleiano Rawlinson A417, f.37v - Manoscritto francese del XV secolo
Notare  in alto la pisside sospesa e avvolta in un conopeo serico
E così ritroviamo già nel XIII secolo esempi di tabernacolo da altare che potevano esser chiusi a chiave, come quello di Cherves che presenta una iconografia eucaristica già pienamente sviluppata e coerente con gli sviluppi successivi (ultima cena, crocifissione, deposizione, etc.). Il cambiamento più significativo avverrà sempre in questa epoca, grazie al Concilio Laterano IV che nel 1215 oltre a proclamare il dogma della Transustanziazione sancì la necessità di riporre l'eucaristia in armadi chiusi a chiave, onde evitare profanazioni che l'esibizione  delle colombe e pissidi eucaristiche poteva in un certo senso provocare (Can.20): "Statuimus ut in cunctis ecclesiis chrisma et eucharistia sub fideli custodia clavibus adhibitis conserventur: ne possit ad ilia temeraria manus extendi ad aliqua horribilia vel nefaria exercenda."

Tabernacolo di Cherves - Francia XIII secolo - Metropolitan Museum NY
Tabernacolo di Lichtenthal - Germania 1320 ca.
A partire dal secolo XIII scompaiono quindi le colombe eucaristiche e appaiono grandi torri eucaristiche o tabernacoli mobili da altare e numerosissimi armadi eucaristici, il più delle volte ricavati in nicchie adiacenti al presbiterio. A questo processo dobbiamo affiancare lo sviluppo di altari sempre più monumentali. Se, infatti, fino al XII-XIII secolo sono gli affreschi e i mosaici a raccontare la storia sacra ai fedeli (perché mai le chiese romaniche sono state bianche e spoglie come qualche criminale restauratore ha inteso dimostrare!), con l'avvento del gotico e la verticalizzazione dello spazio sacro, si pensò di sfruttare l'altare quale centro e culmine di ogni catechesi. E non solo si svilupparono dossali e predelle, ma pian piano le pale d'altare e i polittici riempirono questo spazio, spesso velato da cortine (abitudine già in uso in tempi antichissimi laddove esistevano i cibori). L'altare divenne dunque monumentale. E ne possediamo esempi mirabili dei secoli XIII e XIV come i polittici di Duccio di Buonisnegna (la sua Maestà per il duomo di Siena misura 4 metri per 2!) o quelli dello stesso Giotto (pensiamo al Polittico Stefaneschi destinato all'altare maggiore di San Pietro a Roma - 1320).

Giotto - Polittico Stefaneschi - 1320 - Pinacoteca Vaticana
Ma non solo: sugli altari cominciano ad apparire statue, come nel caso della Cappella degli Scrovegni con la Madonna con Bambino e due angeli di Giovanni Pisano. E fino al XV secolo avremo una crescita portentosa di questi altari monumentali, anche nelle dimensioni.
Giovanni Boccati - Polittico Belfortese - 1468
Pensiamo al polittico belfortese di Giovanni Boccati (1468 - 3,20 di larghezza per 5 di altezza) o al polittico di Hans Schnatterpeck conservato nella chiesa di Maria Assunta a Lana di sotto in Tirolo (finito nel 1511 - 7 metri di larghezza per 14 di altezza!). O ancora ai grandi retablos spagnoli scolpiti da Damian Forment (splendido e maestoso quello della Basilica del Pilar) e a quello di Gil de Siloé nella Cartuja de Miraflores a Burgos (1489-93).

Altare di Schnatterpeck - 1511 - Chiesa Parrocchiale di Lana di Sotto (BZ)
Gil de Siloé - Retablo Mayor della Cartuja de Miraflores - 1493
Stessa evoluzione cominciava ad avere il luogo della custodia eucaristica: dapprima una pisside, poi un tabernacolo (tempietto), poi una torre, e ancora una "casa del sacramento" secondo l'uso tedesco ed inglese, o un armadio murato riccamente decorato.
Torre eucaristica dell'abbazia cistercense di Sénanque - XIII sec.
Sakramenhaus - St. Lorenz - Norimberga (1493-96)
Altare/Tabernacolo del Sacramento - Matteo e Vincenzo Civitali - Pieve di Lammari (LU) - Inizi '500
Visto però che per secoli la custodia eucaristica era stata posta in prossimità o sopra l'altare, fu una conseguenza logica della progressiva monumentalizzazione dell'altare il porvi al centro il tabernacolo che, paradossalmente, in molti casi in epoca barocca divenne più piccolo di quanto non fosse stato durante il periodo gotico. Certo, questo processo fu motivato anche dalla volontà di rimettere l'accento sulla presenza reale di Cristo, ma fu un fenomeno spontaneo e naturale, non la conseguenza della teorizzazione di pochi. D'altronde basta guardare la diffusione di temi eucaristici nella produzione artistica a cavallo fra XV e XVI secolo (un esempio su tutti la Messa di San Gregorio Magno),  indipendentemente dall'emergere della riforma protestante (Lutero affigge le sue tesi nel 1517). Ed è interessante notare lo sforzo degli  artisti nel riprodurre altari di foggia antica, privi cioè di grandi pale, con modesti dossali e predelle, al fine di rievocare l'architettura delle chiese ai tempi di San Gregorio. Questo tema prelude inoltre allo spostamento del tabernacolo sull'altare, giacché la visione di San Gregorio è quella di un Cristo che emerge dal sepolcro con i segni della passione e questo sepolcro gli appare proprio sull'altare. Così si edificheranno in seguito tabernacoli fissi sull'altare in grado di rievocare il sepolcro di Cristo, in continuità con la florida simbologia tardomedievale che spesso identificava la torre eucaristica o la nicchia nella quale si conservava l'eucaristia con il sepolcro (v. sopra l'altare del Civitali) o sovrapponeva architettonicamente la custodia eucaristica al "Santo Sepolcro". Infatti già nel IX secolo il vescovo carolingio Amalario di Metz spiegava: "Per particulam oblatae immissae in calicem ostenditur Christi corpus, quod jam resurrexit a mortuis; per comestam a sacerdote vel a populo, ambulans adhuc super terram, per relictam in altari, jacens in sepulcris." (De Ecclesiasticis Officiis, III, 35).
Robert Campin - La Messa di S. Gregorio - 1440 Bruxelles
Hyeronymus Bosch - Trittico dell'Adorazione dei Magi - 1495 - Museo del Prado (sono visibili le cortine laterali)
Jean Poyer - Libro delle Ore di Enrico VIII - Ca. 1500
Hans Baldung Grien - 1511 - The Cleveland Museum of Art (notare le cortine laterali)
Monumenti eucaristici da altare erano peraltro già stati realizzati nella seconda metà del XV secolo, come è il caso del Tabernacolo del Vecchietta per l'altare maggiore dell'Ospedale di Santa Maria della Scala a Siena, poi collocato agli inizi del '500 sull'altare maggiore del Duomo.

Tabernacolo del Vecchietta - Siena - 1467-72
Così, dopo aver ricostruito i passaggi progressivi della storia del posizionamento della custodia eucaristica e della monumentalizzazione degli altari, possiamo comprendere che quei contorcimenti alla ricerca di un passato onirico, tipici dei riformatori liturgici del '900 sono meri prodotti di un'ideologia che in ogni modo ha cercato di cancellare il Concilio Tridentino e la tradizione che lo precedette in nome di un "ritorno alle origini" sommamente falso e antistorico.
Che ancora oggi si possano diffondere errori storici in nome dell'ideologia iconoclasta che ha sorretto i novatores liturgici degli anni '20-'30 prima e del postconcilio poi, credo sia attribuirsi alla forte reazione alla messa in discussione da parte di sempre più cattolici di quella falsa dogmatica liturgica che ha letteralmente massacrato le nostre chiese negli ultimi sessant'anni.

Abbazia di San Giovanni in Fiore in Calabria: com'era prima dei restauri del 1989
L'Abbazia "scuoiata" per eliminare le "incrostazioni barocche" nel 1989
Come nel famoso romanzo di Orwell, 1984, c'erano addetti alla "riscrittura della storia", così nel corso dell'ultimo secolo molti liturgisti e storici dell'arte si sono dati alla riscrittura della storia della liturgia, del culto eucaristico e dell'arte che da sempre ha accompagnato tali espressioni di fede. Nel nome di questa falsa storia innumerevoli chiese sono state deturpate e private di quegli "eccessi teatrali" bollati come residui di un esecrando stile barocco. Ignoravano costoro che la Chiesa è in perenne cammino verso il ritorno di Cristo e non si raggomitola su se stessa. Non ha senso buttare al macero secoli di pianete e dalmatiche per recuperare casule medievali. Come non ha senso giustificare la costruzione di altarini spogli e staccati dalle pareti in nome di un recupero di prassi liturgiche paleocristiane. Non si possono saltare a piè pari più di sette secoli di storia in nome di un archeologismo fittizio. Ma ahimè questo è stato fatto negli ultimi decenni. Sta dunque a noi, eredi dei disastri dell'ideologia postconciliare, cominciare a recuperare qualche brandello di verità storica e artistica, affrontando il glorioso passato della Chiesa con maggiore onestà intellettuale e senza gli spessi veli di un'ideologia ormai al tramonto.

mercoledì 28 settembre 2011

UNA CHIESA A SETTIMANA N.1

Facciata
Chiesa parrocchiale S. Josemarìa Escrivà de Balaguer - Roma (Tre Fontane)

Data di dedicazione: 1995
Progettista: Arch. Santiago Hernandez

Commissionata da Mons. Del Portillo all'architetto Santiago Hernandez con le seguenti richieste: la chiesa doveva essere riconoscibile, funzionale e soprattutto romana, nonché adatta alle svariate funzioni pastorali ivi svolte. L'obbiettivo è stato perciò una presenza architettonica garbata che facesse parte delle tradizioni culturali di Roma, con una forte carica simbolica e nello stesso tempo con caratteristiche estetiche di consuetudine e familiarità per tutti gli abitanti del quartiere che si dovevano inserire nella nuova parrocchia: immagine di ciò che i fedeli, nella loro memoria storica, si aspettano per essere in Comunione con Dio

Consulenza: Arch. Andrea Pacciani

Veduta dall'alto del complesso
Navata centrale
Cappella Feriale
Crocifissione (Pala d'altare)
Organo
Particolare della Torre Campanaria

martedì 27 settembre 2011

IL CARDINAL BAGNASCO INAUGURA IL CICLO PITTORICO DELLA CATTEDRALE DI BOJANO

Da sinistra: don Rocco Di Filippo, Mons. Spina, Rodolfo Papa, Card. Bagnasco, Mons. Bregantini
di Francesco Colafemmina

L'arte sacra, quella vera, nonostante i sabotaggi e le pretese di una certa ideologia estetica dominante, compie in silenzio grandi passi avanti. In pochi hanno parlato di quanto è accaduto a Bojano il 25 settembre scorso, eppure oggi ben altre parole del Cardinal Bagnasco vengono riprese qua e là da siti cattolici e non. Domenica scorsa il Cardinale ha inaugurato infatti il ciclo pittorico della cattedrale di Bojano, realizzato dal maestro Rodolfo Papa. Un'opera di altissimo valore tecnico e spirituale terminata dopo 12 lunghi anni, perché la vera arte ha bisogno di tempo, di amore e soprattutto di fiducia da parte dei committenti. Così è stato per Papa che ha avuto il supporto prima di Monsignor Angelo Spina, divenuto intanto vescovo di Sulmona (dove ha invitato il maestro a realizzare altre magnifiche opere all'interno della cattedrale)  e poi di Monsignor Giancarlo Bregantini.

La cattedrale di Bojano (CB)
Il Cardinal Bagnasco nel suo splendido discorso ha sottolineato un punto fondamentale per chi voglia accostarsi all'arte sacra autentica e attraverso essa trovare ispirazione per la propria fede: l'umiltà e la povertà di spirito sono le chiavi di accesso alla salvezza. Leggiamo insieme in particolare questo passaggio: 
Anche laddove, nella historia salutis, si manifesta la potenza e la gloria tutto accade nell'obbedienza a quel Mistero sempre presente che conduce la creazione e il tempo verso il punto omega di Cristo, quando Dio sarà tutto in tutti. Sì, per vivere dentro questa storia di salvezza qui mirabilmente raffigurata dal Maestro Rodolfo Papa, è necessario essere dei poveri che, consapevoli della propria povertà stendono le mani verso l'alto dove incontriamo la mano salvatrice di Cristo. E' sufficiente aprire le labbra all'invocazione e alla supplica per udire la voce dal cielo che ripete all'uomo pellegrino e spesso smarrito: "non temere, io sono con te!". Oggi, questa nobile cattedrale di Boiano, con quest'opera veramente insigne si completa: qui ogni credente, ogni visitatore attento, troverà questo motivo di fondo che, come un cantus firmus, ispira colori e forme, figure antiche e allusioni odierne, e si propone non solo come motivo ispiratore ma come messaggio e invito: la fede cristiana – possiamo dire – è l'intreccio di due "sì" quello di Dio all'uomo e quello dell'uomo a Dio. Un intreccio che genera una storia di salvezza e quindi sempre una storia d'amore.
Il Giudizio Universale
Peraltro, a mio avviso, il richiamo del presidente della C.E.I. è anche una profonda meditazione sulla natura del vero artista. Soltanto attraverso questa magnifica apertura agli umili e ai poveri di spirito l'artista avvalora la sua opera. Un'opera che non può dunque essere plasmata col linguaggio esclusivo degli intellettuali sterili e narcisi, che non può trasmettere la mera "visione del mondo" dell'individuo in contrapposizione con la natura e la storia, arroccato sulla sua assoluta novità e invaghito della sua stessa capacità demiurgica (ricrea la natura e le forme e in questo suo ricreare inorgoglisce e perde di vista il Creatore). Al contrario l'esempio di Rodolfo è mirabile proprio per l'umiltà che parla a tutti e la sapienza che non è intellettualismo o ermetismo, bensì capacità di fondere, nelle forme e nei colori, teologia, storia dell'arte, caratteri, virtù e valori condivisi da ogni cattolico. Insomma, un'arte comprensibile e saggia perché parla la lingua della fede e non meramente quella del mondo.

La barca della Chiesa - Cattedrale di Sulmona
Significativi poi i commenti, a margine dell'evento, di Monsignor Spina che ha ricordato come il ciclo pittorico di Papa costituisca uno strumento catechetico e pastorale:
"Bisogna comprendere l’importanza nelle chiese delle immagini, che un tempo erano la Bibbia dei poveri. Ad esse dà valenza proprio il fatto che Dio si sia incarnato facendosi uomo. Oggi c’è una povertà legata alla mancanza di un linguaggio evangelico/biblico. Pertanto diventa determinante riportare le scene del Vangelo in pittura, ovviamente con l’arte contemporanea. Concretamente prima di iniziare un nuovo dipinto c’era un “annuncio” con cui si spiegava alla comunità l’opera. Poi essa sarebbe stata benedetta, vivendo anche un momento celebrativo. Il tutto per avvicinarsi sempre più al Mistero di Dio. I dipinti non servivano a riempire degli spazi vuoti, bensì a dare spazio ad una particolare funzione dell’arte: la Fede ispira l’arte, l’arte esprime la Fede... attraverso colori, forme e simboli. Nell’epoca dell’immagine, le immagini pittoriche ritornano con prepotenza ad essere strumento di evangelizzazione e di catechesi."
Volta della Nvata Centrale
Monsignor Bregantini ha invece sottolineato come il ciclo di Papa si iscriva nella tradizione artistica molisana:
"In Molise c’è una tradizione di profonda sensibilità artistica. Molte sono le chiese che contengono importanti e bellissime opere. Poco conosciute e non adeguatamente valorizzate, ma di grande pregio artistico. Non possiamo trascurare che questa è la terra di Amedeo Trivisonno. La sua maestria ha mantenuto vivo il gusto verso le chiese affrescate. C’è quindi una continuità: arte antica-Trivisonno-Rodolfo Papa che è in continuità con esse nella contemporaneità."
Si coglie così un altro elemento a volte sottovalutato o del tutto ignorato dalla maggior parte dei committenti ecclesiastici: le opere d'arte sacra devono manifestare un legame col territorio, con la storia dell'arte che la fede ha fatto fiorire in ogni singolo luogo. Troppo spesso, infatti, vediamo nelle nostre chiese opere che non solo non hanno alcun legame stilistico con le chiese nelle quali vengono realizzate, ma che non possono neppure inserirsi in una tradizione artistica pre-esistente. Si tagliano i legami, mentre la fede vive proprio di legami!

Amedeo Trivisonno (1904-1995) - Ultima Cena - Cattedrale SS. Trinità - Campobasso
Auguri dunque a Rodolfo Papa, e un grazie al Cardinal Bagnasco, ai vescovi che hanno commissionato e seguito la realizzazione del ciclo, e al parroco della Cattedrale, don Rocco De Filippo, che ho avuto peraltro il piacere di conoscere qualche anno fa e di cui ho fortemente apprezzato l'amore per questa splendida opera d'arte e di fede.

Per ammirare altre foto del ciclo pittorico visita l'album di Rodolfo Papa.