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UMANITA’ NOVA HA BISOGNO DI VOI!
Dopo tanto tempo ci troviamo di nuovo costretti a fare un appello straordinario per le casse del giornale.
L’aumento spropositato delle tariffe postali (vero e proprio colpo di mano del governo) in vigore dal 1 aprile 2010 sta producendo un buco pesante nei nostri conti. Di sicuro queste tariffe resteranno in vigore almeno fino alla fine dell’anno. Dal prossimo le cose potrebbero parzialmente migliorare, ma in ogni caso il deficit di questi mesi rimarrebbe.
A questo si aggiunge il fatto che l’inizio di autunno è da sempre il periodo più difficile per il giornale e quest’anno potrebbe essere drammatico.
Senza un aiuto concreto e straordinario nelle prossime settimane Umanità Nova sarà in difficoltà. Per cui chiediamo con forza e con urgenza a tutti i lettori/trici, sostenitori/trici, e diffusori uno sforzo in più sottoscrivendo per il settimanale anarchico.
Versamenti sul ccp n. 89947345 intestato a:
Federico Denitto Casella Postale 812 34132 Trieste centro
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intestato sempre a Federico Denitto
Specificando la causale: “Sottoscrizione straordinaria”.

I ribelli di Elmas

Devastato il Centro di Prima Accoglienza e occupato l’aeroporto

Il ministro dell’Interno, il leghista Maroni, si vanta di aver “fermato l’invasione”. In realtà non ci sono barriere, filo spinato, uomini in armi che possano fermare chi si mette in viaggio per fuggire guerre, miseria, oppressione. Gli accordi italo-libici per i respingimenti in mare hanno spinto gli immigrati su altre rotte. Algerini e tunisini scelgono sempre più spesso la via della Sardegna.
A fine settembre ci stati sono numerosi sbarchi sulle coste sarde. Gli immigrati, approdati sulle coste sudoccidentali dell’isola, sono stati intercettati dai carabinieri e condotti al Centro di prima accoglienza di Elmas. Il Centro di Elmas è una prigione, sistemata in una ex caserma all’interno dell’aeroporto di Cagliari.
La situazione è divenuta presto esplosiva: l’affollamento e la consapevolezza che gli accordi bilaterali di luglio consentivano al governo italiano espulsioni rapide verso la Tunisia e l’Algeria sono stati il detonatore di tre rivolte in soli 10 giorni.

In Afghanistan è sempre guerra aperta

Le bombe di La Russa e l’ipocrisia della sinistra interventista

Ci volevano le bombe di La Russa. Dopo nove anni di combattimenti, stragi, orrori in Afghanistan c’è voluta la proposta del gracchiante ministro della guerra di dotare gli aerei italiani anche di bombe, per far prendere improvvisamente coscienza a certa “sinistra” che l’intervento militare tricolore è parte integrante di una guerra d’aggressione finalizzata dal dominio neo-coloniale di un intero paese ricco di oppio e di uranio, ma anche situato in una posizione strategica per l’espansionismo economico e i corridoi energetici.

Trent’anni dopo

La marcia dei quarantamila dell’ottobre 1980

Il 14 ottobre 1980 a Torino si celebra una dura sconfitta per il movimento operaio: la famosa marcia dei colletti bianchi della Fiat, la marcia dei quarantamila. Impiegati di basso e medio livello e quadri scendono in piazza per la prima volta per manifestare, non per miglioramenti salariali o normativi, ma contro la grande lotta degli operai torinesi che blocca da 35 giorni l’azienda automobilistica.
Fine anni ’70: la FIAT licenzia 61 operai, in odore di simpatia per le BR addebitando loro indisciplina e comportamenti scorretti. I sindacati si schierano con i licenziati; la tensione sale. Nell’estate del 1980, Umberto Agnelli annuncia altri tagli. Subito arriva la reazione dei metalmeccanici, che annunciano lo sciopero generale. Il 31 luglio del 1980, la Fiat passa al contrattacco: Umberto Agnelli si dimette da amministratore delegato e al suo posto subentra Cesare Romiti, un duro, l’uomo adatto allo scontro. L’11 settembre 1980 vengono annunciati 14.469 licenziamenti. Da quell’annuncio prendono il via i giorni più duri della lotta operaia alla Fiat di Mirafiori, i famosi 35 giorni.

Agitazioni sociali e mosse sindacali

Torino 15 ottobre: lavoratori della scuola in piazza

Verso le 11, in Via Cernaia, il corteo dei lavoratori della scuola, dell’università, delle cooperative che lavorano per il settore della formazione, degli studenti medi ed universitari si è ormai disteso rivelandosi per una manifestazione di dimensioni notevoli.
Un mio conoscente, iscritto alla CISL Scuola e, almeno così sospetto, abbastanza attivo, mi si avvicina e mi regala una fascia nera che vuole simboleggiare il lutto per la crisi della scuola pubblica.
Da uomo del sud non apprezzo troppo il simbolo un po’ iettatorio che, peraltro, contrasta con quanto sento e vedo: la scuola pubblica c’è, è viva e ricca di iniziative, è quell’assieme di uomini e donne, sovente giovani insegnanti precari senza dimenticare gli studenti, che sfila con gli striscioni di scuole, con cartelli autoprodotti, con le bandiere e gli striscioni dei sindacati di base.

Dal mondo

Dopo lo sciopero generale contro la riforma delle pensioni lo scorso 7 settembre (vedi UN n. 30) la situazione in Francia è in piena ebollizione. Scioperi nelle raffinerie e al terminale petrolifero di Marsiglia, nei trasporti e in molti altri settori (metallurgici, auto, funzione pubblica e insegnamento), e anche gli studenti sono in lotta.
Nei loro ultimi comunicati gli anarcosindacalisti francesi salutano questa “boccata d’ossigeno” e invitano tutti, salariati, disoccupati, precari, studenti a generalizzare sempre più gli scioperi e la mobilitazione al di là delle barriere di settore. Solo così il governo farà marcia indietro.
Malgrado i discorsi imbonitori dei politici, la violenza poliziesca e i burocrati sindacali che tergiversano, bisogna rompere ogni senso di impotenza e le azioni di questi giorni devono essere le premesse per un movimento profondo e generale contro la società capitalista, la sua ingiustizia e l’ineguaglianza su cui si basa.

Fonte: cnt.ait.caen.free.fr
Il 16 ottobre le forze d’occupazione israeliane hanno invaso il quartiere al-Bustan, a al-Quds/Gerusalemme, dove sorge una tenda che funge come punto di ritrovo e sede dei sit-in per i residenti palestinesi che protestano contro la confisca delle loro abitazioni da parte di coloni israeliani. Proprio ad al-Bustan sono 28 le abitazioni palestinesi abbattute per lasciare spazio ad un parco israeliano. Si tratta di una zona adiacente al quartiere di Silwan, a sud della moschea di al-Aqsa.
Giunti sul posto, i militari israeliani hanno attaccato i presenti, tra cui numerosi fedeli. Circa 15 cittadini palestinesi sono rimasti feriti e soffocati dai gas lacrimogeni. Tra questi anche Fakhri Abu Diab, membro del Comitato di difesa di quartiere che ha fornito la cronaca degli scontri in diretta, l’Imam e presidente del Consiglio supremo islamico, lo Shaykh ‘Ekrema Sabri e l’ex ministro palestinese, ‘Abdel Khader.
Mercoledì 13 ottobre nella Striscia di Gaza si è consumata l’ennesima uccisione da parte delle forze armate israeliane di un ragazzo palestinese di 17 anni, reo di trasportare materiale edile in prossimità della cosiddetta “zona cuscinetto”. Quest’area è considerata dall’esercito israeliano una zona militare non percorribile e si estende per l’intero perimetro settentrionale ed orientale confinante con Israele. Secondo quanto riportato dal Centro Palestinese dei Diritti Umani (PCHR) di Gaza, l’area designata da Israele come “zona cuscinetto” non è in realtà definita e definibile, dipendendo dagli umori della politica israeliana: le forze israeliane, infatti, hanno spesso sparato contro palestinesi fuori da tale settore. Da gennaio fino a settembre 2010, come richiamato dal PCHR, vi sono state 47 uccisioni e 114 feriti. I lavoratori dell’industria di Gaza sono costretti a raccogliere materiale grezzo e macerie attorno a tale fascia per poter avviare costruzioni e progetti di riparazione, cercando così di ovviare all’embargo che da tre anni viene imposto da Israele e che impossibilita le importazioni.
In Islanda lo scorso inverno si svolsero enormi proteste contro la crisi e contro il governo che l’aveva provocata e nascosta ai cittadini. Il parlamento venne posto sotto assedio per diverse settimane e in migliaia manifestarono a Reykjavík. Il 20 gennaio 2009 centinaia di persone entrarono all’interno del parlamento per chiedere le dimissioni del governo. Il governo effettivamente si dimise pochi giorni dopo. Ora nove di coloro che parteciparono alla protesta sono sotto processo. L’accusa è quella di aver attaccato il parlamento l’8 dicembre 2008, e la pena, in caso di condanna, va da un anno di reclusione fino all’ergastolo (vedi UN n. 31). Un’accusa abnorme, dalla quale traspare la volontà di seminare il panico e impedire ulteriori proteste. Ma gli islandesi non sembrano spaventati: il primo ottobre in migliaia hanno accolto i parlamentari al rientro dalle ferie con slogan di proteste e uova marce.

fonte: http://www.rvk9.org/in-english
Il Centro per i Diritti Umani “Fray Bartolomé de Las Casas” (Frayba), situato a San Cristóbal de las Casas, è attivo dal 1989 come osservatorio sui diritti umani in Chiapas, che quotidianamente vengono calpestati dall’esercito messicano e dai gruppi paramilitari pagati dal governo. Con il passare del tempo è divenuto uno dei punti di riferimento per le comunità zapatiste e per i tanti osservatori internazionali. In queste settimane è oggetto di un attacco da parte dell’“Ejército de Dios”, un’organizzazione evangelica di stampo paramilitare, che mira a difendere con le armi la costruzione di una nuova superstrada all’interno del territorio della comunità di Mitzitón. Poiché il Frayba ha documentato pubblicamente diverse aggressioni armate contro i membri della comunità (che fa parte dell’Altra Campagna), è stata accusata di essere responsabile delle mobilitazioni di protesta in Chiapas. L’Ejército de Dios dalla sua parte ha la polizia, il governo e i grandi gruppi industriali pronti a trarre lauti profitti dalla costruzione della superstrada

Fonti:
www.jornada.unam.mx
www.frayba.org.mx
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