giovedì 28 aprile 2011

MEZZALUNA SUI BALCANI

di Marina Szikora
Il testo che segue è la trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 28 aprile a Radio Radicale, dedicato al vertice che martedì 26 a Karadjordjevo, in Serbia, ha riunito il presidente serbo Boris Tadic, il presidente turco Abdullah Gul, e i membri della presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, il croato Zeljko Komsic, il serbo Nebojsa Radmanovic e il bosgnacco Bakir Izetbegovic. La Turchia ha importanti legami storici con i Balcani e mantiene buone relazioni con le comunità musulmane locali. Negli ultimi anni, soprattutto con il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu Ankara si è mostrata particolarmente attiva nelle dinamiche regionali con lo scopo di favorire la stabilizzazione e la pacificazione, proponendo il suo ruolo mediatore anche nell'ottica dell'adesione all'Unione Europea. Un anno fa Ankara aveva organizzato un incontro simile da cui era scaturita una dichiarazione comune che confermava l'impegno delle parti di preservare l'integrità territoriale della Bosnia Erzegovina.

Un'immagine del summit di Karadjordjevo (Foto Beta)
"I turchi non rinunciano alla loro influenza nella regione" questo il titolo di un articolo del quotidiano di Belgrado 'Blic' pubblicato martedi' in vista del vertice a Karađorđevo, in Serbia tra Turchia, Serbia e BiH. I presidenti di questi paesi, Abdulah Guel, Boris Tadić e tutti e tre membri della presidenza tripartita della BiH, Nebojša Radmanović, Bakir Izetbegović e Željko Komšić si sono riuniti a Karađorđevo al secondo dei tre previsti vertici trilaterali in cui il tema di colloqui sono state le relazioni nella regione, cooperazione bilaterale dei tre paesi e sviluppo potenziale della collaborazione economica. Il primo incontro di Tadić, Guel e dell'ex presidente della Presidenza della BiH Haris Silajdžić si e' svolto il 24 aprile 2010 ad Istanbul e allora i tre leader hanno concordato che la politica regionale deve basarsi sulla garanzia della sicurezza, costante dialogo politico e salvaguardia delle particolarita' multietniche, multiculturali e multireligiose della regione balcanica.

Questo accordo e' stato messo anche su carta in forma della cosiddetta “Dichiarazione di Istanbul”. E' stato deciso allora che nei prossimi due anni si svolgeranno altri due incontri, il primo in Serbia e quello secondo in BiH. Come scrive Blic, la Dichiarazione ha provocato reazioni divergenti in BiH. La partecipazione, all'epoca, di Haris Silajdžić, allora leader bosgnacco della BiH ha provocato serie disapprovazioni nella RS e il rappresentante serbo della presidenza Nebojša Radmanović aveva allora dichiarato che firmando la Dichiarazione di Istanbul, Silajdžić aveva violato la Costituzione della BiH perche' firmata senza l'approvazione degli altri due membri della Presidenza della BiH. Il risultato di queste divergenze e' che al summit di Karađorđevo hanno partecipato i rappresentanti di tutti e tre popoli della BiH.

Ma anche oggi, un anno dopo, il vertice di Karađorđevo viene interpretato diversamente in BiH. Per aver accettato il proseguimento del cosidetto processo di Istanbul, Radmanović e' sottoposto a critiche nella RS, commenta la Deutsche Welle tedesca. Secondo le parole di Bakir Izetbegović invece, la riunione e' una occasione per discutere di questioni aperte tra cui anche quelle relative ai confini e sfruttamento illegale delle risorse energetiche. Si e' parlato anche del referendum nella RS. Il membro croato della presidenza tripartita della BiH, Željko Komšić, in vista del vertice, ha detto che aprira' la questione del comportamento di certi rappresentanti della Serbia, soprattutto del ministro degli esteri Vuk Jeremić che ha appoggiato il referendum nella RS e in tal modo, secondo Komšić, interferisce apertamente nelle questioni interne della BiH.

Molti politici e personalita' della Federazione BiH hanno criticato fortemente la scelta del luogo della riunione perche', secondo loro, ricorda l'accordo tra Franjo Tuđman e Slobodan Milošević nel 1991. Ma per il membro croato della presidenza tripartita Željko Komšić proprio la scelta di Karađorđevo significa fare i conti con il passato. Il suo consigliere per la politica estera Davor Vuletić ha affermato che si tratta di una grande svolta rispetto alle vicende di vent'anni fa quando a Karađorđevo e' stata accordata la politica il cui epilogo e' stato quello del Tribunale dell'Aja. Gli analisti in questo vertice vedono un tentativo e l'intenzione di Ancara a promuoversi in un fattore di pace e stabilita' nei Balcani per soddisfare i propri interessi come anche quelli bosgnacchi.

A conclusione della riunione di Karađorđevo, il presidente serbo Boris Tadić ha detto che la Serbia non interferira' nelle questioni interne della BiH e ha promesso che terra' fede a questo principio anche nel futuro. "La Serbia non appoggera' mai il referendum che metterebbe a rischio la questione dell'integrita' della BiH" ha dichiarato Tadić. Ha aggiunto che la Serbia vuole collaborare con tutte le istituzioni della BiH e questo verra' confermato anche con la sua visita in BiH nei prossimi mesi. Tadić ha ripetuto che la Serbia rispetta pienamente l'Accordo di pace di Dayton e l'integrita' territoriale dei suoi vicini, ma si aspetta altrettanto quando si tratta del Kosovo. Ha puntato sul significato della riconciliazione nella regione, processamento dei crimini di guerra e individualizzazione della colpevolezza. Come obiettivo politico prioritario ha individuato l'integrazione dell'intera regione al piu' presto nell'Ue a partire dalla Croazia.

"La Croazia deve diventare al piu' presto membro dell'Ue ma e' importante che dopo l'integrazione della Croazia non vi sia una grande pausa fino all'integrazione del prossimo stato" ha sottolineato Tadić. Ma mentre sono queste le prime dichiarazioni del presidente serbo dopo la riunione trilaterale, dal Parlamento popolare della RS e' stata inviata la decisione firmata sul referendum che dovrebbe svolgersi tra circa due mesi.

BOSNIA: SITUAZIONE SEMPRE PIU' COMPLICATA E DELICATA


di Marina Szikora [*]
L'Ue e gli Stati Uniti d'America devono svegliarsi e capire che la politica di innattivita' in BiH e' fallita. Se proseguira' la mancanza di impegno, la situazione continuera' a precipitare sempre di piu'. Questi i commenti dell'ex alto rappresentante internazionale per la BiH Paddy Ashdown relativi alla delicatissima situazione in BiH. Dopo che sono aumentate le tensioni politiche nella Federazione BiH, l'entita' a maggioranza musulmano-croata perche' dal nuovo governo della Federazione sono stati esclusi i due maggiori partiti croati, la recentissima mossa di Banja Luka, vale a dire dell'altra entita' a maggioranza serba (la Republika Srpska) relativa ad un referendum concepito come un passo concreto verso la secessione, rappresenta, secondo Ashdown, la piu' aperta sfida alla comunita' internazionale in BiH. L'attuale alto rappresentante per la BiH, Valentin Inzko ha valutato che l'Assemblea popolare della RS sollecita in modo irresponsabile un processo contro la parte fondamentale dell'Accordo di Dayton.

L'ex alto rappresentante internazionale per la BiH, Paddy Ashdown, commentando la estremamente provocatoria mossa del presidente della RS, Milorad Dodik e dell'Assemblea popolare della RS che hanno approvato la decisione sull'indizione del referendum, ha dichiarato che "la comunita' internazionale deve con molta precisione dire di essere pronta ad ogni costo, inclusa anche l'azione militare, al fine di proteggere l'integrita' territoriale e la sovranita' della BiH. Bruxelles e Washington devono essere in questo senso inequivoci rispetto alla posizione di quelli che bloccano il progresso della BiH ed impedire le loro intenzioni". Per precisare, la decisione dell'Assemblea popolare della RS riguarda il referendum in cui i cittadini dell'entita' a maggioranza serba dovrebbero esprimersi se appoggiano le leggi imposte dall'Alto rappresentante per la BiH, soprattutto quelle sulla Corte e sulla Procura della BiH e la loro, come si legge nella decisione, "verifica anticostituzionale nel parlamento della BiH". In altre parole, la RS si prepara di escludersi unilateralmente dal sistema giuridico della BiH, non riconoscendo le decisioni della giustizia a livello statale e negando la autorita' dell'alto rappresentante in quanto interprete supremo dell'Accordo di Dayton.

Milorad Dodik rende omaggio alla bandiera della Republika Srpska
Valentin Inzko ha ricordato che il mandato e le competenze esecutive dell'alto rappresentante sono stabilite con l'Anex 10 dell'Accordo di Dayton e sono state approvate diverse volte dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. E' quasi certo che l'alto rappresentante Inzko annullera' con un decreto la decisione dell'Assemblea popolare della RS ma Banja Luka annuncia che una tale decsione non sara' rispettata. Secondo l'ex alto rappresentante, Paddy Ashdown "Milorad Dodik, presidente della RS, l'entita' dominata dai serbi bosniaci continua ad utilizzare impunitamente ogni occasione per minacciare le istituzioni statali bosniache e si prepara per la secessione, quando ne arrivera' il momento. Adesso parla di un referendum con il quale si distanzierebbe dalla BiH, sapendo bene che anche i referenum hanno portato all'incendiamento della guerra nei Balcani" ha avvertito Ashdown in un testo d'autore pubblicato sul The Times. Per il quotidiano di Sarajevo Dnevni avaz, Paddy Ashdown ha detto che esiste la possibilita' che alla fine l'Occidente dovra' minacciare con la forza militare per impedire la secessione della BiH.

Sembra pero' che all'interno della comunita' internazionale, per il momento, non esiste una posizione unica su quello che si dovrebbe fare in BiH e secondo i commenti mediatici, ci sono disaccordi anche sull'asse Bruxelles-Washington. C'e' da dire inoltre che molti in BiH, soprattutto l'opinione politica bosgnacca di Sarajevo, temono che il trasferimento del ruolo di leadership da quello internazionale a quello europeo in BiH, con una minore presenza americana nel Paese, potrebbe portare a nuovi problemi nel funzionamento della BiH. Tradizionalmente, la politica europea a Sarajevo spesso viene vissuta come insufficientemente ferma e unita nonche' piu' tollerante verso le politiche e le idee di secessione che portano ad una possibile divisione della BiH. Dall'altra parte vi e' un approccio robusto americano e forte appoggio dell'unita' della BiH, affermano molti commentatori della situazione politica in BiH.

Nell'attuale Consiglio per l'implementazione della pace (PIC), l'organo internazionale che controlla l'attuazione dell'Accordo di pace di Dayton, gli americani hanno una parola decisiva insieme agli altri paesi membri di questo Consiglio tra cui ci sono i paesi membri dell'Ue ma anche la Federazione Russa e la Turchia a nome dell'Organizzazione della conferenza islamica. Il comitato amministrativo del PIC decide sul lavoro dell'Ufficio dell'alto rappresentante e in tal modo influisce sulle vicende nella BiH. Secondo gli attuali piani, queste le informazioni, l'Ufficio dell'alto rappresentante dovrebbe prossimamente essere chiuso completamente oppure dovrebbe essere notevolmente ridimensionato e situato fuori dalla BiH, con sede molto probabilmente a Vienna o a Bruxelles mentre a Sarajevo opererebbe una rappresentanza dell'Ue. Esistono quindi a tal proposito perplessita' che l'Ue non sia in grado di placare le aspirazioni separatiste in BiH.

Nonostante tali perplessita', l'eurodeputato sloveno, Jelko Kacin, vicepresidente della delegazione del PE per i Balcani occidentali, ha affermato che la BiH e la decisione delle autorita' della RS sul referendum ben presto si troveranno all'ordine del giorno della riunione dei capi di stato e governo dei paesi membri dell'Ue e ha aggiunto che per l'Unione sono inaccettabili tentativi del genere che servono a destabilizzare la BiH. Kacin ha valutato inaccettabile la decisione del parlamento della RS di indire il referendum e l'ha qualificata come risultato del fatto che questa entita' della BiH si trova in effetti davanti alla bancarotta e quindi si cerca di indirizzare l'attenzione sulle "finzioni quali quella che la RS sia separata dalla BiH". Per l'Ue, ha sottolineato Kacin, sono pienamente inaccettabili tentativi di destabilizzazione e frammentazione della BiH: "pace e stabilita' nell'Ue sono la maggiore importanza e per tal motivo l'Unione reagira'" ha detto l'eurodeputato sloveno che e' anche relatore per la Serbia e ha precisato che la risposta dell'Ue alle sfide di Banja Luka avra' una voce unica. Secondo le attuali valutazioni, il referendum nella RS potrebbe svolgersi a giugno. Il presidente della RS Milorad Dodik, promotore di questa iniziativa, ha dichiarato in una intervista al giornale di Belgrado 'Politica' che il referendum si svolgera' comunque, nonostante la posizione della comunita' internazionale e ha aggiunto che la possibilita' di qualche altro referendum, perfino quello sullo status della RS, dipende dalla prossima prassi della comunita' internazionale piuttosto che dalla RS.

Ma i problemi politici e le tensioni in BiH non finiscono qui. Abbiamo gia' parlato molto dell'insoddisfazione dei croati in BiH soprattutto da quando e' stato formato il nuovo governo nell'altra entita', quella a maggioranza musulmano-croata, la Federazione BiH, dove sono stati esclusi dall'esecutivo i due maggiori partiti croati che alle elezioni dello scorso ottobre avevano vinto l'80 percento delle preferenze. Adesso, dopo che nel 2001 e' cessato il lavoro del Sabor popolare croato (HNS) sotto pressione della comunita' internazionale che in tal modo aveva ostacolato la rivolta politica croata, settimana scorsa il Sabor poplare croato e' stato ristabilito con l'annuncio che i croati non accetteranno il nuovo potere nella Federazione BiH formato dal Partito socialdemocratico della BiH.

Come scrivono i media croati, la risposta alla riunione del HNS e' quasi identica come quella di dieci anni fa con l'eccezione che questa volta i croati in BiH piuttosto che ricorrere a mosse radicali e tentativi di blocco del potere, iniziano una lotta piu' sottile e a lungo termine per ottenere i loro diritti. Cio' riguarda innanzitutto le riforme costituzionali e quelle relative alla legge elettorale. E' stato eletto anche il Consiglio generale del HNS che dovrebbe, cosi' si afferma, fare lobbing a Washington e Bruxelles affinche' decidano sul destino della BiH. E' stata approvata all'unanimita' una risoluzione politica che condanna la formazione del nuovo esecutivo nella Federazione senza la volonta' politica maggioritaria dei croati in BiH. Nella risoluzione si legge che i croati chiedono l'istituzione di una unita' federale maggioritaria. Branko Vukelić, inviato del governo della Croazia e della presidente dell'HDZ Jadranka Kosor che ha partecipato alla riunione del HNS ha detto che i croati in BiH hanno un appoggio inequivocabile. "Noi appoggiamo una tale BiH in cui viene rispettata la volonta' dei croati e di tutti i tre popoli costituenti della BiH" ha detto Vukelić.

[*] Corrispondente di Radio Radicale. Il testo è la trascrizione della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 28 aprile a Radio Radicale

PASSAGGIO IN ONDA

La puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 28 aprile a Radio Radicale

Sommario della trasmissione

Bosnia Erzegovina: la situazione politica si fa sempre più complicata e delicata e mentre la Republika Srpska prepara il referendum che potrebbe aprire la porta alla secessione, l'ex Alto rappresentante internazionale, Paddy Ashdown, critica duramente l'assenza di Usa e Ue che potrebbe favorire il deteriorarsi della situazione.

Turchia e Balcani: "I turchi non rinunciano alla loro influenza nella regione", titolava significativamente il quotidiano belgradese Blic a proposito del vertice tra i presidenti di Turchia, Serbia e Bosnia svoltosi a Karadjordjevo, in Serbia.

Armenia: l'opposizione scende in piazza per chiedere elezioni anticipate, ma è divisa; il presidente Sargysian promette riforme e la liberazione dei detenuti politici e cerca di uscire dalla crisi economica che sta catalizzando il malcontento popolare. Un articolo di Ilenia Santin daYerevan per Osservatorio Balcani e Caucaso.

Albania: si avvicina il voto delle amministrative dell'8 maggio, mentre la campagna elettorale registra purtroppo violenze e attentati.

Macedonia: le elezioni anticipate del 5 giugno dovrebbero sbloccare l'impasse politica che caratterizza il paese da mesi, ma il clima politico resta teso e il voto degli emigrati all'estero provoca nuove polemiche.

La trasmissione è stata realizzata con la collaborazione di Marina Szikora e Artur Nura ed è riascoltabile direttamente qui



oppure sul sito di Radio Radicale nella sezione delle Rubriche.

domenica 24 aprile 2011

BUONA PASQUA

Per una straordinaria coincidenza del calendario, quest'anno la Pasqua viene celebrata lo stesso giorno dai cristiani di tutte le confessioni. La Pasqua cristiana coincide poi con quella ebraica. La celebrazione non riguarda i musulmani, ma nella religione islamica Gesù è riconosciuto come profeta, la sua figura è citata varie nel Corano e la sua menzione viene sempre accompagnata dalla formula "Su di lui la pace (di Allah)".
In Italia, poi, la festa quest'anno coincide anche con la festa della Liberazione dal nazifascismo e la fine della seconda guerra mondiale.
Insomma, da laico non credente, faccio a tutti voi, credenti, non credenti, miscredenti e diversamente credenti, i miei più sinceri auguri di buona Pasqua di resurrezione e liberazione.




giovedì 21 aprile 2011

CROAZIA: LA CONDANNA DEI GENERALI RESTA AL CENTRO DELL'ATTENZIONE


Di Marina Szikora
Qui di seguito il testo della corrispondenza per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 21 aprile a Radio Radicale

La sentenza del Tpi: dall'Aja a Zagabria a Bruxelles
Il tema della condanna dei generali croati Ante Gotovina e Mladen Markač continua ad essere il tema centrale della realta' politica croata e, secondo gli ultimi sondaggi, dopo la sentenza dell'Aja soltanto il 23% dei cittadini croati si pronuncia a favore dell'adesione della Croazia all'Ue. E il governo croato si dice di essere adesso in una offensiva diplomatica ma al tempo stesso avverte i cittadini che l'Ue non ha alternative. Il vicepresidente del Governo e ministro degli esteri e delle integrazioni europee, Gordan Jandroković lunedi' si e' recato a Bruxelles affermando che fine giugno e' una data raggiungibile per la conclusione dei negoziati di adesione. Jandroković si e' detto convinto che i cittadini croati sanno molto bene cosa vogliono e che sceglieranno il futuro europeo poiche' al referendum si decidera' se vogliamo che la Croazia si basi su valori europei o quelli cosidetti balcanici. La premier Kosor ha spiegato che l'interpretazione dei fatti e' il piu' forte argomento croato e gia' a partire da questa settimana saranno promosse delle iniziative a fin di far cadere nel processo d'appello le qualifiche della sentenza a Gotovina e Markač relative all'impresa criminale congiunta.
Se non fosse il presidente della Repubblica, notano i media croati, Ivo Josipović srebbe in questi giorni sicuramente uno degli esperti piu' chiamati e citati in connessione con le questioni del Tribunale dell'Aja. Va ricordato che lo stesso Josipović aveva rappresentato la Croazia e aveva vinto anche un processo contro la procura dell'Aja a favore della Croazia e dell'allora ministro della difesa Gojko Šušak. Il Presidente croato non nega che ci sono stati crimini durante l'operazione 'Tempesta', che la Croazia e' responsabile di non aver ostacolato questi crimini ancora negli anni novanta e poi perche' non li aveva processati da sola. "Sconfiggere la tesi dell'impresa criminale congiunta e' importante per la Croazia dal punto di vista storico e politico gia' per il solo fatto che se cadesse la tesi dell'impresa criminale in quanto forma di responsabilita', allora la difesa sarebbe qui in una posizione molto migliore rispetto all'attuale momento" afferma Josipović.
Tuttavia la questione delle questioni resta quella di far luce sulla sorte di 1013 prigionieri e persone scomparse del 1991 e 1992 ha sottolineato la premier croata Jadranka Kosor rivolgendosi alle famiglie delle vittime scomparse durante la guerra. Ha ricordato che questo e' stato anche il tema principale dei suoi recenti colloqui con il presidente serbo Tadić e il premier Cvetković e ha aggiunto che "i colloqui devono iniziare e finire con la soluzione relativa al destino dei prigionieri e dei scomparsi".

Josipovic: la sentenza non contribuisce al buon clima, ma la riconciliazione non si ferma
Nella trasmissione mensile della radio statale croata "Il caffe' con il Presidente" il capo dello stato croato, Ivo Josipović ha detto di credere che l'evidente calo del sostegno dei cittadini croati all'ingresso della Croazia nell'Ue, dopo le sentenze di condanna di primo grado ai generali croati, sono "una vicenda temporanea poiche' l'Ue non aveva nessun legame diretto con il verdetto, perche' il Tribunale dell'Aja e' un tribunale delle Nazioni Unite e non dell'Ue". Josipović ha commentato cosi' i sondaggi secondo i quali, dopo le sentenze dell'Aja, soltanto il 23 percento dei cittadini croati si pronuncia a favore dell'adesione della Croazia all'Ue. Josipović ha aggiunto che ogni analisi ragionevole dimostrera' che non e' l'Ue quella che ha inflitto le sentenze e si e' detto convinto che i cittadini croati, nel momento in cui ci sara' il referendum sull'adesione, riconosceranno tutti i pregi che implica l'ingresso nell'Ue. Alla domanda se vi e' la possibilita' che la Croazia adesso decida a rivalutare la collaborazione con il Tpi dell'Aja, Josipović ha sottolineato che una tale decisione avrebbe come conseguenza l'esclusione della Croazia dalla comunita' internazionale e che lui stesso non appoggierebbe una tale azione. Il presidente croato ha rilevato che secondo le sue conoscenze, il governo croato aveva consegnato alla difesa dei generali tutti i documenti richiesti. Ha indicato inoltre che la sentenza conferma il coinvolgimento della Serbia nell'agressione contro la Croazia. La qualifica di un conflitto internazionale che si trova nell'atto di accusa implica che le forze serbe in "krajina" furono controllate dalla Serbia. Josipović ha ripetuto che e' inaccettabile la qualifica della difesa croata in quanto un'impresa criminale congiunta e ha sottolineato che "la Croazia in quanto stato di diritto accettera' gli aspetti giuridici della sentenza, ma quelli politici e storici saranno difficilmente accettati se questa interpretazione significa una criminalizzazione dell'intera guerra per la Patria".
Per quanto riguarda la domanda se la sentenza in qualche modo e' anche una sentenza al defunto ex presidente croato Franjo Tuđman e al ministro della difesa Gojko Šušak, Josipović ha osservato che si tratta di una constatazione scomoda che colpisce non soltanto queste due persone della storia croata bensi' anche altri, ma ha sottolineato che la sentenza e' sempre individuale. "La sentenza parla soltanto della colpa individuale delle persone nel processo, le persone fuori dal processo non sono state giustiziate" ha detto Josipović. In conessione alla questione se e' stata legale la consegna al Tribunale del verbale della riunione di Briuni, uno degli elementi chiave della sentenza, il presidente croato ha detto che la Croazia ha una legge costituzionale del 1996 che obbliga alla piena collaborazione con il Tribunale. Questo che accade adesso, ha ricordato il Presidente, di indossare la colpa a questo o quell'altro, a questo o quel governo perche' aveva collaborato con il Tribunale dell'Aja, non va bene. Josipović ha commentato anche la valutazione del presidente serbo Boris Tadić secondo il quale le sentenze di questo tipo contribuiranno alla riconciliazione nella regione. A tal proposito, Josipović ha detto di non essere sicuro che questa sentenza contribuisce a cose giuste, ma sicuramente non sono sentenze ne' dell'Ue ne' della Serbia e quindi non dovrebbero influenzare su quello che va bene per entrambi i paesi, Croazia e Serbia. Josipović si e' detto convinto che il processo di riconciliazione continuera'.

Prigionieri serbi catturati durante l'Operazione Tempesta
Peter Galbraith: L'Operazione Tempesta non fu pulizia etnica
A pronunciarsi sulla vicenda piu' attuale in Croazia e' anche l'ex ambasciatore americano in Croazia Peter Galbraith il quale e' stato uno dei testimoni all'Aja, sia della difesa che della procura. Secondo la sua opinione qui non si e' trattato di pulizia etnica perche' in tal caso l'esercito caccia via la popolazione da un territorio. "In questo caso e' la popolazione che e' fuggita, forse avendo ragioni giustificate, ma e' certo che abbandonarono il territorio prima dell'arrivo delle forze militari croate" spiega l'ambasciatore Galbraith domandato se e' valida l'affermazione che durante la Tempesta e' stata compiuta una pulizia etnica.
Ospite del notiziario notturno della televisione statale croata HTV lunedi', l'ex ambaciatore americano in Croazia ha confermato la sua tesi che nella Tempesta non e' stata compiuta una pulizia entica ma ha indicato che l'allora presidente croato Franjo Tuđman permise il crimine. Ha valutato che la sentenza dell'Aja aveva un significato un po' diverso e che si e' basata sulle riunione, in particolar modo su quella svoltasi a Brijuni per dimostrare che l'intenzione e' stata quella di cacciare via la popolazione serba. "Ritengo che Tuđman non l'aveva fatto ma vedendo quello che era accaduto, che la gente se ne era andata, permise che furono commessi crimini" ha detto Galbraith aggiungendo che furono incendiate case e uccisi quelli che rimasero affinche' altri non potessero piu' ritornare'. L'ex ambasciatore americano in Croazia ha ricordato che il primo agosto 1995 aveva trasmesso al presidente Tuđman il messaggio dell'amministrazione statunitense in cui esprimeva comprensione perche' la Croazia iniziava operazioni militari per salvare la citta' bosniaca Bihać.
"E' importante ricordare che durante l'operazione Tempesta Bihać si trovava sotto l'assedio dei serbi della krajina, Ratko Mladić e serbi bosniaci che proprio prima di questa operazione avevano commesso i crimini a Srebrenica" ha rilevato Galbraith. "Abbiamo detto che in tali circostanze non ci opponiamo alle vostre operazioni militari. Ma ho avvertito chiaramente Tuđman che deve proteggere i civili serbi e lui non ha dato ascolto a questi avvertimenti" ha spiegato l'ambasciatore americano e ha aggiunto che gli Stati Uniti non hanno in nessun modo approvato nessuna operazione il cui obiettivo sarebbe il cacciamento della popolazione serba. Secondo Galbraith i croati avevano compiuto un atto senza precedenti nelle relazioni internazionali nel momento in cui avevano consegnato all'Aja i generali anche se vincitori della guerra. Tutto cio' dimostra quanto la Croazia sia cambiata dai tempi di Tuđman e che si e sviluppata in uno stato democratico moderno in cui esiste lo stato di diritto che probabilmente non sarebbe esistito negli Stati Uniti in simili circostanze, ha concluso Peter Galbraith.

SERBIA: SI RIPARLA DI ELEZIONI

Sale la tensione politica in Serbia e si torna a parlare di elezioni anticipate: le chiede il Partito serbo del progresso di Tomislav Nikolic, pronto a cavalcare il malcontento popolare provocato dalla pesante crisi economica. E i sondaggi sembrano dargli ragione, mentre Nikolic, abbandonati i trascorsi "turboserbi" al fianco di Vojslav Seselj, sotto processo all'Aja per crimini di guerra, per dare maggior forza alla richiesta di tornare alle urne si scopre gandhiano e fa lo sciopero della fame e della sete.
Qui di seguito il testo della corrispondenza di Marina Szikora per la puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda oggi a Radio Radicale.

Tomislav Nikolic
In Serbia stanno bollendo tensioni dovute alla sempre piu' forte richiesta dell'opposizione politica serba ad indire elezioni anticipate. Alla guida di questa richiesta si trova il leader del Partito serbo del progresso, Tomislav Nikolić, presidente del partito che si e' formato distaccandosi dall'ultranazionalista Partito radicale serbo dell'imputato dell'Aja Vojislav Šešelj. Dopo che sabato scorso si sono svolte masiccie manifestazioni nel centro di Belgrado, Nikolić ha intrapreso uno sciopero della fame e della sete. L'esito di questa decisione e' stato il suo ricovero in ospedale domenica scorsa. Ma Nikolić non rinuncia e afferma che non puo' cambiare la decisione sul digiuno solo perche' attualmente si sente male.
Il capo dello stato serbo Boris Tadić si e' recato domenica scorsa in ospedale a trovare Nikolić per convincerlo di sospendere il digiuno ma nessun accordo e' stato raggiunto. "Se il Partito democratico continua a pensare quello che aveva dichiarato negli ultimi giorni, allora non c'e' spazio per proseguire con i colloqui" ha detto Nikolić dall'ospedale.
La Commissione europea ritiene che le divergenze politiche in Serbia devono essere risolte per via di processi politici normali, ha dichiarato Maja Kocijančić, portavoce dell'alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Catherine Ashton. Nel suo commento si afferma che la Commissione europea segue con preoccupazione lo sviluppo della situazione in Serbia: "Le divergenze politiche devono essere risolte nell'ambito del processo politico stabilito e l'Ue seguira' con attenzione lo sviluppo della situazione" ha detto Maja Kocijančić.

Il presidente del Partito liberaldemocratico Čedomir Jovanović, sull'attuale situazione politica in Serbia ha dichiarato che Tomislav Nikolić "ha vinto perche' e' riuscito a far tornare il Paese, in senso politico, nell'era della pietra". Jovanović ritiene che la situazione in Serbia si puo' risolvere o indicendo momentaneametne le elezioni anticipate oppure per mezzo di un accordo. Ha aggiunto anche che l'attuale situazione e' frutto del governo che ha rinunciato ad un piano chiaro. Il leader liberal-democratico ha spiegato che "questa e' una agonia della gente" che aveva votato per Nikolić e che e' catastrofico che invece di un sistema di valori civilizzato stabilisce un sistema di valori in cui si pone la domanda "chi e' che puo' resistere di piu'". Secondo la sua valutazione, lo stanno facendo i due partiti che non riescono a fare nulla ne' per se stessi ne' per il paese che e' loro ostaggio, alludendo al partito governativo e quello dell'opposizione.

Secondo gli ultimi sondaggi, scrive il quotidiano di Belgrado 'Blic', Nikolić e il suo partito non sono mai stati cosi' vicini a vincere le elezioni come adesso. La crisi economica nel paese e' cosi' grande che gli elettori del Partito democratico e della coalizione intorno a questo partito governativo, prosegue il giornale serbo, hanno iniziato a riflettere se appoggiarli alle prossime elezioni e in tal modo, sempre piu' spesso, passano dalla parte degli indecisi cosicche' in questo momento ci sono persino due milioni di elettori indecisi ovvero quasi la meta' di quelli che si recano alle urne. Secondo i sondaggi, negli ultimi sei mesi il reiting del Partito serbo del progresso di Tomislav Nikolić e' in uno stato di stagnazione mentre il reiting del Partito democratico del presidente Boris Tadić e' in costante calo. Ma il fatto politico importante e' il numero degli elettori indecisi. E' per questo che il Partito serbo del progresso insiste sulle elezioni entro la fine dell'anno. Secondo alcuni analisti politici, vi e' perfino il fatto che Vojislav Šešelj potrebbe ben presto essere rilasciato dal carcere dell'Aja e per questo Nikolić insiste sulle elezioni al piu' presto per avvalersi del successo elettorale. Secondo le ultime notizie, le sue condizioni di salute starebbero peggiorando ed e' stato messo sotto infusione poiche' di volta in volta perde coscienza ed alcuni organi avrebbero difficolta' di funzionamento. I medici non rilasciano bellettini precisi.

Aggiornamento delle ore 14.00 (da un lancio dell'agenzia TMNews con fonte AFP)
Tomislav Nikolic ha annunciato d'aver interrotto lo sciopero della sete ma continua lo sciopero della fame. Nikolic ha preso questa decisione in seguito a un appello del Patriarca ortodosso serbo, Irenej, che l'ha invitato a fermarsi. Il suo partito ha convocato per sabato 23 al pomeriggio una nuova manifestazione di fronte al Parlamento per chiedere elezioni anticipate.

Sulla parabola politica di Tomislav Nikolić, leader dell'attuale maggior partito serbo di opposizione, passato in poco tempo dal nazionalismo estremo di Vojislav Šešelj ai metodi gandhiani di protesta, segnalo l'articolo di Petra Tadic pubblicato ieri su Osservatorio Balcani e Caucaso.

Nazionalisti serbi in piazza a Belgrado per chiedere elezioni anticipate
(Foto Marjola Rukaj / Osservatorio Balcani e Caucaso)

PASSAGGIO IN ONDA

La puntata di Passaggio a Sud Est andata in onda il 21 aprile a Radio Radicale

Sommario della trasmissione

Croazia: le reazioni e i commenti dopo la sentenza del Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia che ha condannato gli ex generali Ante Gotovina e Mladen Markac per i crimini di guerra commessi in Krajina durante l'Operazione Tempesta nell'agosto del 1995.

Serbia: il leader dell'opposizione conservatrice Tomislav Nikolic fa lo sciopero della fame e della sete per ottenere le elezioni anticipate che, secondo i sondaggi, il suo partito, nato da una scissione del partito ultranazionalista di Vojslav Seselj, potrebbe vincere sull'onda del malcontento popolare provocato dalla crisi economica.

Albania: si avvicinano le elezioni amministrative del 8 maggio, la campagna elettorale è in piena attività mentre i preparativi sono seguiti con attenzione dell'Osce.

Kosovo: superata la crisi politica e scongiurate nuove elezioni anticipate, con l'elezioni di Atifete Jahjaga alla presidenza della repubblica, Pristina rilancia la sua politica estera alla ricerca di nuovi riconoscimenti internazionali.

In conclusione si parla di Turchia con un'ampia sintesi dell'intervento di Emma Bonino alla presentazione del libro di Carlo Marsili, ex ambasciatore italiano ad Ankara, intitolato "La Turchia bussa alla porta. Viaggio nel paese sospeso tra Europa e Asia" (Università Bocconi, 2011).

La trasmissione è stata realizzata con la collaborazione di Marina Szikora e Artur Nura ed è ascoltabile direttamente qui



oppure sul sito di Radio Radicale, nella sezione delle Rubriche, dove è possibile anche scaricare il file in podcasting.

mercoledì 20 aprile 2011

CONDANNA DI GOTOVINA E MARKAC: LA DICHIARAZIONE DEL PRESIDENTE CROATO

Qui di seguito riporto la dichiarazione del presidente croato Ivo Josipović a seguito della condanna dei generali Ante Gotovina e Mladen Markač emessa dal Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia, come pubblicata sul sito ufficiale dell'ufficio del presidente.


STATEMENT FOR THE MEDIA BY THE PRESIDENT OF THE REPUBLIC OF CROATIA, PROF. DR. IVO JOSIPOVIĆ, FOLLOWING THE CONVICTION (SUBJECT TO APPEAL) OF GENERALS GOTOVINA AND MARKAČ
 
The conviction of Generals Gotovina and Markač including the reasons for judgment and sentence, in particular the thesis on the existence of a joint criminal enterprise involving Croatia’s highest political and military leadership, is a serious legal and political act which has shocked me also.
 
These generals who gave a great contribution to Croatia’s defence during the war have been convicted by the International Criminal Tribunal for grave crimes. Many citizens find it difficult to accept the judgement and are disappointed with the decision of the Tribunal.
 
The judgement, however grave it may be, does not call into question the legitimacy and legality of the Croatian War of Independence nor the legitimacy and legality of its liberating operations, including Operation Storm. Something of the sort is neither possible, nor would we in Croatia accept it. I am convinced that there was no joint criminal enterprise during Croatia’s defence. To be specific, the thesis on the joint criminal enterprise does not imply that all members of the Croatian Army and police were participants of this criminal enterprise or that all are criminals. Croatia respects and will respect all the heroes who preserved our independence and freedom. In Croatia we are aware that during the Croatian War of Independence crimes were committed by all sides, including our own. Today, the Croatian justice system equally treats and convicts all crimes and shows respect for all victims, regardless of who the perpetrator or victim is. This is part of our legal order and our citizens and our general public sympathize with all innocent victims and their families.
 
Croatia is a state that respects the international legal order and the rule of law. I am confident that both the defenders of this country and all our citizens support such a Croatia. This is a European Croatia. We expect many of the theses underlying this judgement to be thoroughly reviewed and challenged during the appeal procedure. In particular, the respect for the legal aspects of the Tribunal’s work does not mean acceptance of the political and historical aspects of the judgement. For us, the Croatian War of Independence will, independently of this judgement, remain a just and defensive war in which we preserved our freedom and democracy from the aggression and the criminal policy of Slobodan Milošević's regime.
 
Zagreb, 15 April 2011

RADICALI: I CRIMINI DI GUERRA NON SONO MAI GIUSTIFICATI

Le condanne di Gotovina e di Markac riaffermano che i crimini di guerra non possono mai essere giustificati dalla condotta della fazione opposta

15/04/2011

Il Tribunale Penale Internazionale per la ex-Jugoslavia ha depositato oggi la sua sentenza sul caso contro Ante Godovina, Ivan Čermak and Mladen Markač. Il generale Gotovina e Mladen Markač sono stati entrambi riconosciuti colpevoli di 8 capi di imputazione relativi a crimini commessi contro la popolazione serba della regione della Krajina in Croazia nel 1995, mentre Čermak è stato prosciolto da tutte le accuse. Il generale Gotovina è stato condannato a 24 anni di prigione e Mr Markač a 18 anni di prigione.

Dichiarazione di Alison Smith, Consigliere Legale di Non c’è Pace Senza Giustizia:

“L’associazione radicale Non c’è pace Senza Giustizia e il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito (PRNTT) si rallegrano dell’odierna decisione che rappresenta un monito del fatto che le norme del diritto bellico si applicano in egual modo a chiunque durante un conflitto armato, senza considerazione per la fazione alla quale gli individui appartengono. I crimini di guerra, in particolar modo se coinvolgono i civili, non possono mai essere giustificati facendo riferimento alla condotta di una qualsiasi fazione coinvolta in un conflitto armato, né facendo riferimento al fatto che la guerra sia considerata giusta o ingiusta. La condanna di oggi sottolinea anche le responsabilità individuali dei comandanti per le azioni intraprese dai loro subordinati.

La Camera del TPI per la ex-Jugoslavia ha affermato che i crimini compiuti contro i civili serbi hanno avuto luogo nel quadro di molti anni di tensioni tra i Serbi e i Croati nella regione della Krajina, dove già in precedenza erano stati commessi crimini con i Croati. La decisione di oggi evidenzia come questo non possa rappresentare una giustificazione per le azioni intraprese dalle forze croate in violazione del diritto bellico.

I crimini commessi dalle forze croate nella regione della Krajina, inclusa l’Operazione Tempesta, rappresentano una macchia nella cornice degli sforzi della Croazia volti al raggiungimento dell’indipendenza, che può essere cancellata solo attraverso l’accertamento della verità e il ristabilimento della giustizia. Le vittime di simili crimini meritano almeno questo.

NPSG e il PRNTT fanno appello allo Stato croato e ai suoi cittadini affinchè questi colgano questa opportunità di affermare il loro impegno in favore dello stato di diritto e della giustizia e riconoscano una volta per tutte che non c’è posto per l’impunità per i crimini di guerra nella strada verso il futuro. Noi rinnoviamo il nostro incitamento alla Croazia a chiudere i suoi conti con il passato e ad aiutare per questa via a rimuovere i rimanenti ostacoli all’inizio dei negoziati sull’ingresso della Croazia nell’unione Europea portando così a conclusione la fase finale del cammino che porterà la Croazia ad essere il 28esimo membro dell’Unione Europea nel 2012.”

lunedì 18 aprile 2011

CROAZIA: LA CONDANNA DI GOTOVINA UN REGALO AGLI ANTIEUROPEISTI

Se gli antieuropeisti in Croazia avevano bisogno di un altro argomento contro l'adesione all'UE, il Tribunale internazionale per l'ex Jugoslavia, con il verdetto di condanna per gli ex generali Ante Gotovina e Mladen Markac, glie ne ha servito uno fortissimo su un piatto d'argento. Lo shock e l’incredulità per la sentenza, la pesantezza della pena comminata, il fatto che l’Operazione Tempesta sia stata giudicata un’impresa criminale, hanno influito sulla crescita del sentimento anti-europeo: il sostegno all’ingresso nell’UE, già non elevato, è infatti calato in queste ore al 23 percento. E questo proprio mentre la chiusura del negoziato con Bruxelles in tempi brevi appare tutt'altro che scontata. In realtà, è l'opinione di molti analisti, la Croazia paga la politica del suo primo presidente, Franjo Tuđman. A questo proposito riporto qui di seguito l'interessante articolo di Drago Hedl pubblicato oggi su Osservatorio Balcani e Caucaso.

Condannato Gotovina? La Croazia non vuole più l'Europa
di Drago Hedl

Il giorno dopo la sentenza del Tribunale dell’Aja con la quale due generali croati, Ante Gotovina e Mladen Markač, sono stati condannati a 42 anni di carcere (Gotovina 24 e Markač 18), il sostegno dei cittadini croati all’ingresso del Paese nell’Unione europea è calato drasticamente al 23 percento. Lo shock e l’incredulità per la sentenza, in particolare per la pesantezza della pena comminata, e forse più di tutto il fatto che l’operazione militare Oluja (Tempesta) sia stata ritenuta un’impresa criminale, hanno radicalmente influito sulla crescita del sentimento anti-europeo.

Le proteste di piazza
Subito dopo che il giudice Alphonse Orie all’Aja ha letto la sentenza di condanna, il sentimento dominante dei cittadini croati riuniti nella piazza centrale di Zagabria è stato quello della rabbia, che si è espressa con il gesto di strappare e sputare su bandiere dell’Unione europea.
La maggior parte dei cittadini in piazza a Zagabria, così come la maggior parte di quelli che si sono riuniti nelle piazze delle altre città croate per esprimere tutta la loro insoddisfazione, considera la sentenza come una grande ingiustizia. Le pene comminate a Gotovina e Markač, vengono in questi giorni comparate con quelle assegnate a Veselin Šljivančanin, Mile Mrkšić e Miroslav Radić, gli ufficiali della JNA [Armata popolare jugoslava] responsabili del crimine commesso a Ovčara nei pressi di Vukovar. A Ovčara nel novembre 1991 furono uccisi oltre 200 croati (prigionieri e feriti). Nella sentenza di primo grado Šljivančanin è stato condannato a cinque anni di reclusione, Mrkšić a 20, mentre Radić è stato assolto.
L’operazione Oluja, con la quale all’inizio dell’agosto 1995 fu liberata la regione occupata dall’auto-proclamata Repubblica serba di Krajina, in Croazia è sempre stata considerata una legittima operazione militare. Il 5 agosto, giorno in cui iniziò l’operazione, è stato dichiarato Giorno del ringraziamento della patria ed è celebrato come festività nazionale.
Il verdetto contro Ante Gotovina, l’uomo che ha guidato tale operazione e il fatto di aver tacciato l’intera operazione quale un’impresa criminale, è considerato inaccettabile e incomprensibile dalla maggior parte dei croati. La loro rabbia si è canalizzata immediatamente contro l’Unione europea, ritenendo che quest'ultima non riconosca che la Croazia nel sanguinoso disfacimento della Jugoslavia abbia esclusivamente condotto una guerra di difesa.

Le colpe di Tuđman
Le prime reazioni concitate (che non hanno causato disordini o incidenti degni di nota) hanno lasciato però presto il posto ad un comportamento razionale. E molti analisti politici, pur scrivendo che ora gli sforzi devono concentrarsi nell’affrontare la sentenza in appello davanti al consiglio dei giudici dell’Aja, hanno sottolineato che la drastica condanna a Gotovina e Markač, così come la qualificazione dell’operazione Oluja come impresa criminale, è il prezzo che la Croazia paga per l’incomprensibile politica del suo primo presidente, Franjo Tuđman.
Il fatto che due dei tre generali condannati all’Aja per l’operazione Oluja, Ante Gotovina e Mladen Markač, a differenza del generale assolto Ivan Čermak, fossero presenti alla riunione con Franjo Tuđman e i vertici politici e militari croati durante la quale, nel luglio 1995, fu accordata l’operazione Oluja, testimonia che il consiglio dei giudici dell’Aja sia convinto che fu pianificata un’impresa criminale. Purtroppo le dichiarazioni di Tuđman durante quell’incontro (denominato incontro di Brioni, secondo il nome dell’isola su cui si tenne la riunione), e in particolare quelle che seguirono l’operazione Oluja, furono effettivamente tali da convincere il Tribunale dell’Aja che si sia trattato di un’impresa criminale il cui obiettivo era la totale cacciata dei serbi da quella parte di Croazia.
Il secondo errore di Tuđman che ora paga la Croazia è la sua posizione secondo la quale i croati, dato che hanno condotto una guerra di difesa, non possono aver commesso crimini di guerra. A dire il vero, questo lo aveva dichiarato il presidente dell’Alta corte, Milan Vuković, ma Tuđman fece immediatamente propria l’opinione della più alta carica giudiziaria. Non permise quindi che venissero processati quelli che al tempo dell’operazione Oluja, e in particolare al suo termine, uccisero i civili serbi, bruciarono le loro case e rubarono le loro proprietà. Per di più, dei crimini non si poteva nemmeno parlare, e quelle rare voci che lo fecero, furono dichiarate nemici di Stato e traditori.
Senza la folle idea di Tuđman secondo la quale dovevano essere cacciati tutti i serbi di quella zona e se quell’inutile esodo non fosse accaduto; se si fosse proceduto alla condanna di quei soldati sfuggiti al controllo dei superiori o dei loro comandanti se davvero avevano ordinato, coperto o tollerato quei crimini, non solo non ci sarebbe stata la condanna di Gotovina e Markač, ma non sarebbero nemmeno finiti all’Aja. Semplicemente non ci sarebbe stata nemmeno una sentenza che definisce l’operazione Oluja come un’impresa criminale.
La gente comune, ovviamente, con difficoltà riesce a mettere sullo stesso piano queste complesse questioni del passato con le conseguenze odierne. Per loro è molto più facile indirizzare la propria rabbia contro l’Unione europea. Ma gli analisti avvertono che - ed è difficile dare loro torto - la condanna di Ante Gotovina e Mladen Markač, in realtà è una sentenza contro l’ex presidente croato Franjo Tuđman e il suo ministro della Difesa Gojko Šušak. Ora che entrambi sono morti, la responsabilità e il prezzo di quanto hanno compiuto sono stati pagati dai vivi.

Manifestazione antieuropeista a Zagabria dopo la condanna
di Gotovina e Markac (Foto David Ozkoidi/Flickr)