Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, in un’immagine del 7 aprile 2011 (ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI)
Giulio ci riprova. E lancia il guanto di sfida ai due paesi che hanno portato un “clima autunnale” sul Vecchio Continente. Due giganti che si chiamano
Francia e
Germania. Lo fa dalle colonne del
Wall Street Journal nei giorni in cui il Parlamento si appresta a varare la manovra da oltre 40 miliardi in tempi da record.
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Due immagini del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti (ANSA)
Una corsa contro il tempo per far fronte ai possibili rischi per l’Italia della crisi dei mercati. Dopo l’ok di ieri del Senato con 165 sì, 135 no e 3 astenuti, la manovra economica, arrivata alla cifra “monstre” di 70 miliardi, fila verso l’approvazione finale attesa questo pomeriggio alla Camera con voto di fiducia. Per fare ancora più in fretta non saranno discussi nemmeno gli ordini del giorno. Si inizia già questa mattina. La prima chiama per il voto è prevista intorno alle 14.30. Un paio d’ore dopo inizieranno, invece, le dichiarazioni finali per il via libera definitivo senza modifiche rispetto al testo approvato ieri a tempo di record dal Senato. Continua
La copertina dell'ultimo numero dell'Economist sulla crisi dell'Euro (credits: Economist)
Da che parte soffia il vento per l’Italia? Fino a pochi giorni fa eravamo dati quasi per spacciati. Da due giorni, invece, fioccano i giudizi positivi sul nostro Paese. Soprattutto da parte degli osservatori internazionali, che stanno apprezzando i tempi di approvazione e gli importi della manovra. Tutti tranne uno, ovviamente: l’Economist. Continua
Il logo di Unicredit in un'immagine d'archivio (Ansa)
L’articolo più sfizioso, tra i tanti comparsi in questi giorni sull’attacco della speculazione finanziaria all’Italia, è quello pubblicato sul Sole 24 ore di mercoledì. Fornisce in sole quattro colonne uno spaccato del nostro paese, così come appare alla comunità finanziaria americana nei blog più seguiti e specializzati del settore. Unicredit, what? Continua
(Credits: AP/Color China Photo)
La Cina sembra essere sul punto di modificare le sue priorità. Gli investimenti in sette settori strategici potrebbero essere cancellati, o quanto meno ridotti, risparmiando fino a un massimo di 1,5 trilioni di dollari di risorse da destinare al risanamento delle finanze nazionali -ebbene sì, anche la Repubblica popolare sta accumulando debito, o a nuovi settori.
Per quale motivo Pechino avrebbe deciso di smettere di puntare su quelle industrie che avrebbero dovuto trasformarsi nei nuovi pilastri dell’economia cinese e aiutare la nazione a lasciarsi alle spalle l’etichetta di “fabbrica del mondo” specializzata in produzioni a buon mercato? Corruzione ed eccesso di capacità produttiva sembrano essere le ipotesi più sensate. Continua
Giulio Tremonti
Pensioni, taglio alle agevolazioni, ticket sanitario, imposta di bollo: ecco le novità della manovra economica approvate nella notte dalla commissione Bilancio del Senato. Il testo è passato all’esame dell’aula di Palazzo Madama. I sì sono stati 161, i no 135, 3 astenuti. Il provvedimento passa ora alla Camera che dovrebbe licenziarlo, con nuovo voto di fiducia, domani in serata. L’impatto della manovra, dopo le correzioni in Senato, sale oltre i 70 miliardi al 2014. Ecco il calcolo: nel 2013 era previsto un impatto di 17,8 miliardi che con le correzioni (più 6 miliardi) sale a 23,8. Nel 2014 invece prima erano previsti 25,3 miliardi ai quali vanno aggiunti i 22 miliardi del Senato per un totale di 47,3 miliardi. L’impatto complessivo sei due anni sale così ad oltre 70 miliardi. Continua
Il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama (Credits: AFP PHOTO / Saul LOEB)
I dati sulle finanze americane lasciano spazio a pochi equivoci: il deficit è di 1,5 trilioni di dollari, il debito a fine maggio aveva raggiunto i 14,3 trilioni, quasi quattro in più rispetto ai 10,6 segnalati al momento in cui il Presidente Obama ha preso servizio, a gennaio 2009. Per alcuni, poi, Washington avrebbe addirittura nascosto il reale valore del debito per evitare di allarmare il Paese e il mondo sul fatto che l’America stia attraversando oggi una delle più gravi crisi economiche che abbiano mai colpito la nazione. Ma, in realtà, la vera difficoltà sta nel monitorarne l’andamento visto che il debito è cresciuto in alcuni momenti di 40.000 dollari al secondo. Ed è proprio per questo che, secondo alcuni esperti, anche tagli drastici agli stipendi, alla sanità e alle spese militari, seppure essenziali, non potranno migliorare più di tanto la situazione. E più si aspetta ad intervenire, più aumenta il rischio paralisi per il paese. Continua